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Revolutionary road – la strada della gentilezza

Si chiama “Revolutionary road – la strada della gentilezza” l’opera finita, così come l’intero progetto da cui nasce, cominciato lo scorso anno e proseguito in questo, avente come tema il contrasto e la prevenzione ai fenomeni di bullismo e cyberbullismo. La classe 3^B, in rappresentanza di tutto l’Istituto Tecnico Economico per il Turismo “A. Argoli” di Tagliacozzo, ha realizzato un murale insieme allo Street Artist Andrea Parente, in arte Alleg, per concludere nel modo migliore e più originale possibile il percorso sopracitato, portato avanti dalla nostra Referente d’Istituto per il bullismo e cyberbullismo, la professoressa Antonella Finucci. Una splendida opera di street art, dunque, che ha lo scopo di comunicare messaggi la cui importanza, talvolta, viene minimizzata.

Sentirsi soli, incompresi, aver paura, non capire il valore dell’autostima: tutto questo è quel che noi ragazzi abbiamo voluto racchiudere nei nostri bozzetti, realizzati in classe durante alcune ore di brainstorming con l’artista e la prof, diventati poi un capolavoro artistico tutto da ammirare. Grazie al talento di Alleg, che ha saputo dare la sua cifra distintiva al murale e un’organicità complessiva, all’idea e all’energia della prof, nonché alla sua immensa fiducia in noi studenti, grazie all’appoggio e al supporto gentile e sorridente della Dirigente Scolastica Clementina Cervale e alla straordinaria forza di volontà ed energia di noi alunni che abbiamo davvero messo mente, intelligenza, cuore e braccia in questa iniziativa, ancora una volta il nostro istituto lancia un messaggio toccante, uno di quelli che certamente non lascia indifferenti: impariamo a stare bene con noi stessi e scomparirà ogni tipo di violenza.

Questo è il nostro messaggio e ve lo lasciamo in immagini: l’arte di strada è impattante, colorata, libera e di tutti. Ci piacerebbe che ogni passante si chiedesse il significato di quei disegni, e ne comprendesse il senso più profondo. Ci piacerebbe che ognuno di voi possa percorrere la nostra “strada della gentilezza”.

Le facce che esprimono la nostra interiorità: il sorriso indica la serenità di quando si impara a voler bene a se stessi.
Le facce della collettività contrapposte ai tentacoli di Medusa (non si vede in foto) della massa: collettività VS massa, per riflettere su quanto la comunità possa insegnare il modo giusto e bello di stare insieme, condividendo. Senza essere massa.
La rosa che nasce da una spada che a sua volta riesce a bucare lo scudo delle nostre corazze. Solo allora sbocceranno fiori dalle nostre anime.
Imbiancare il muro prima di creare.
L’autostima allo specchio. Non va bene se è troppa, non va bene se è poca. Ma se si raggiunge l’equilibrio, beh, quella è la chiave di tutto.

Due facciate si contrappongono, il sole e la luna si guardano: da un lato la notte, e le parole difficili, da un lato il giorno e le parole belle, da perseguire. I disegni emergono colorati e brillanti dal nero del fondo. Ve ne raccontiamo qualcuno.
➢ SOLITUDINE: chi è vittima di bullismo molte volte può ritrovarsi da solo, senza un appoggio. Chi è bullo spesso molte volte può ritrovarsi da solo, senza un appoggio. Dunque, imparare a stare bene con se stessi, anche da soli, è il primo passo per non cadere nelle trappole del bullismo;
➢ PAURA: una luce che illumina un viso genera un riflesso gigante e sta a significare che la paura ingigantisce le situazioni, quindi bisogna cercare di essere razionali;
➢ APPARENZA: non sempre ci si mostra per come si sta realmente;
➢ CAMPANILISMO: a causa di un attaccamento esagerato alla propria città o al proprio paese, o Paese, a volte si finisce per compiere atti di bullismo escludendo chi ha diversa provenienza;
➢ INCLUSIONE: due mani che si stringono raccontano che insieme è tutto più bello:
➢ INTERIORITÀ: un viso che sorride circondato da altri volti che non hanno la bocca sta a significare la bellezza di sapersi ascoltare, di dare voce alla propria interiorità, perché è che ciò che davvero ci farà sorridere nella vita;
➢ AUTOSTIMA: uno specchio e un viso che si guarda in maniera oggettiva, senza abbattersi ma senza nemmeno darsi arie;
➢ COLLETTIVITÀ VS MASSA: la collettività è il modo corretto di stare insieme, la massa fa solo uniformare e rende tutti uguali.

Vi lasciamo giusto qualche foto della realizzazione, l’opera finita aspetta di essere vista di persona, a Tagliacozzo, lungo il sottopassaggio che collega la città da una parte all’altra, dalla scuola fino alla stazione degli autobus. Le vernici utilizzate sono ecocompatibili, a base d’acqua, perché vogliamo salvaguardare il nostro territorio. Buona passeggiata attraverso la strada della gentilezza, credeteci, è la più rivoluzionaria di tutte.

Davide, Sara, Sofia A., Isabella, Giada, Francesca C., Simone, Vincenzo, Giulia, Sofia M., Kevin, Alessandra, Alessio, Savana, Lorenzo, Renis, Francesca T..

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Considero Valore – Scambi di sorrisi

Considero valore

Considero valore i sorrisi scambiati con gli sconosciuti.
Considero valore il tempo trascorso con il mio nome,
le passeggiate all’aria aperta, l’amore tra due persone.
Considero valore un abbraccio che giunge inaspettato.
Considero valore confrontarmi con una persona che può e sa capirmi,
ma anche il confronto con chi è diverso da me.
Considero di valore la persona che non ti volta le spalle,
che si preoccupa di come stai e pur di farti sfogare nasconde i propri dolori.
Considero valore il passato che, pur essendo stato doloroso, mi ha fatto grande. Considero valore guardare le stelle e vagare con la mente.
Considero valore la musica, perché mi fa stare bene e mi fa stare male.
Considero valore gli attimi fuggenti, che poi non fuggono mai.
Considero valore vedere mio nonno soddisfatto per aver cucinato un piatto alle sue nipotine, il suo sorriso, le sue mani.
Considero valore la bellezza interiore, la luce e il suo bagliore,
la bellezza di un fiore.


Savana Perrotta, Esercizio di Ricalco linguistico su Considero Valore di Erri De Luca

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Considero Valore – L’Amore

Lettera d’amore

Considero amore tutte le parole che non ti ho detto,
tutte le poesie che non ti ho non scritto, se non dentro al mio cuore.
Considero amore anche i piccoli gesti, anche se rari.
Considero amore litigare con qualcuno sapendo che tornerà la pace.
Considero amore scrivere una lettera a qualcuno anche se non ricambiato. 
Considero amore passare la giornata insieme al mio cane,
l’aiuto di un professore quando si è in difficoltà.
Considero amore l’amore nascosto tra queste righe,
vedere il sole che sorge dal mare per me è considerato amore.

Francesca Cimini, Savana Perrotta, Sara Amicucci – Esercizio di Ricalco linguistico su Considero Valore di Erri De Luca

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La vera domanda.

E buon 2023.

La guerra esiste da un bel po’ di millenni, è senz’altro vero, ma la nostra generazione continuerà davvero a portarla avanti? Questa è la vera domanda.
Forse l’unica da farci davvero.

Il 2022 è cominciato con una guerra a due passi da casa nostra, e ci ha sconvolti tutti. Ma davvero, dopo tutti i secoli di storia, dopo tutte le battaglie e le conquiste di diritti e di saperi, ancora vogliamo risolvere le controversie con la guerra? Ancora c’è chi ammazzerebbe un altro uomo?
La Costituzione Italiana, bellissima e nata proprio dopo le sofferenze di una guerra, ci dice nell’art 11 che l’Italia ripudia la guerra. E secondo me la nostra generazione terrà fede a questo principio. La generazione Z, tanto infamata, sempre definita senza un cuore e attirata solamente dai cellulari…è triste tutto ciò.
Vorrei far notare che noi siamo grandi sostenitori della piena pace, senza mezzi termini e mezze paci (trucchetto furbo della mezza pace, col quale altre generazioni poi usano la guerra), e che il cellulare spesso lo usiamo per informarci: questa guerra, così come le altre sul suolo mondiale oggi, è del secolo scorso, non ci appartiene, noi siamo diversi.

Noi pensiamo che la diplomazia e il dialogo siano le armi della politica e della geopolitica, non le bombe.

Noi abbiamo capito la bellezza della condivisione e la ricchezza della diversità: abbiamo amici che vengono da ogni parte del mondo e il razzismo non sappiamo più nemmeno cosa sia.

Noi davvero non lo capiamo come si possa ancora pensare di fare la guerra. Mi chiedo e vi chiedo, ma alla fine non sono tutti dei perdenti? E non sono tutti più poveri dopo una guerra? E soprattutto, non è più povero il pensiero di tutti dopo una guerra??? Vi prego pensateci e siate onesti nel rispondere, pensate ai passi indietro che si fanno con una guerra.

E ancora, perché si deve pensare di essere autorizzati in qualche modo a sottrarre la vita a qualcuno, magari anche a bambini innocenti? In nome di cosa? Di un confine? E il confine non può definirsi intorno a un tavolo? O ancora dobbiamo avere una mentalità ottocentesca di risolvere le questioni? “Imagine there’s no countries,it isn’t hard to do, nothing to kill or die for” , belle queste parole, le conoscete perché sono della vostra generazione. Perché le rendete vuote allora? Facciamole nostre davvero!

Cari signori della guerra, mi spiace per voi, il mondo è un altro, alla domanda iniziale noi rispondiamo così. La prof di storia una volta ci ha detto che il libro di storia potrebbe anche chiamarsi libro di “Storia dell’evoluzione del pensiero e della civiltà”. E pensandoci è una cosa vera: le cose vanno molto meglio del passato, ma saremo davvero evoluti quando elimineremo le guerre, quando leggendo un libro di storia diremo: ma come è stato possibile che gli umani abbiano fatto questo?

E allora, siccome mi piace pensare che ogni anno che passa sia un gradino in più da salire nella scala della civiltà, spero vivamente che tutto questo finisca un giorno, un giorno molto vicino, e spero che il 2023 ci porti la pace piena.

Giulia Laurini, classe II A (Istituto Argoli, primo grado)

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La propria vita, tutta quanta, sulla prima riga della prima pagina di un libro

Allan David Bloom disse “La mancanza di lettura di buoni libri indebolisce la visione e rafforza la nostra tendenza più fatale: il convincimento che il qui ed ora sia tutto quello che c’è”.

Riflessioni a partire dall’articolo di Tim Parks, Sì. viaggiare (con libri e scrittori).

Nel corso della nostra vita ci capita spesso di voler evadere dalla realtà e dai nostri
problemi e sicuramente l’opzione più piacevole è quella di viaggiare, non sempre con amici, bisogna saper anche stare bene da soli per staccare un po’ la presa da tutto ciò che ci circonda.
Ma non sempre è possibile e non è questo l’unico modo per essere spensierati, tra i più comuni abbiamo: ascoltare la musica o leggere un libro, allora perché non unire le due cose? Perché non viaggiare mentre si legge o magari mentre si scrive un libro? O perché non scrivere un libro di viaggio? Leggere un buon libro può aiutare a non pensare alle cose brutte? Sicuramente sì, proprio perché può liberare la mente e può far schiarire le idee.

Come dice l’articolo di Tim Parks, “Sì. viaggiare (con libri e scrittori)”, mescolandosi con gli stranieri, con gli sconosciuti, il viaggiatore acquisirà una maggiore consapevolezza di sé; ed è vero perché viaggiando andiamo a conoscere nuove
culture, nuove tradizioni, nuovi pensieri e nuovi modi di vedere la vita; il viaggio è in fondo un incontro con una realtà diversa dalla nostra.

E allora se esiste un’affinità tra libri e mezzi di trasporto, tra viaggio e lettertura, ci sono musicisti, scrittori o poeti che hanno trattato questa tematica? Uno scrittore lo conosciamo tutti, sì, esatto, proprio lui, Dante Alighieri. Dante durante gli anni del suo esilio, dopo essere stato accusato di baratteria, scrive le sue opere più famose, tra le quali troviamo naturalmente la Divina Commedia. Quest’ultima tratta appunto del viaggio che compie Dante nell’oltretomba attraversando Inferno, Purgatorio e Paradiso. In ognuna è accompagnato da qualcuno: prima da Virgilio, poi per un breve tratto da Beatrice, la donna amata che per lui rappresentava una donna angelo, salvifica, e infine da San Bernardo, che intercederà per lui presso Maria e lo porterà a contemplare Dio. Dante viaggia quindi in un mondo ultraterreno dove incontra personaggi importanti, anche le anime dei dannati oltre alle sue guide, e da ognuno impara qualcosa e trae un insegnamento.

O ancora, possiamo far riferimento a Marco Polo, in quanto la sua opera “Il Milione” è il primo reportage di viaggio, contenente anche descrizioni di popoli e le loro, relative, diverse usanze. Lo stupore del mercante di fronte all’Oriente è uno dei racconti più entusiasmanti di quello che è il “diverso”. E ancora, come disse Henry David Thoreau: “Quanti uomini hanno datato l’inizio della loro vita dalla
lettura di un libro”; o ancora come dice Baricco: “Chi può capire qualcosa della dolcezza se non ha mai chinato la propria vita, tutta quanta, sulla prima riga della prima pagina di un libro?”

E tornando all’articolo, fu proprio leggendo in treno che Anna Karenina capì di voler cambiare vita. Perché il viaggio stimola riflessione. Questo perché non sempre tutto quello che ci accade va come vorremmo, perciò leggere è anche un modo di immedesimazione; un libro riesce a conquistare il tuo interesse solo se leggendolo riuscirai ad immedesimarti in esso, identificandoti con i personaggi ed immaginandoti lo scenario rappresentato nella storia. Non tutti i racconti possono piacere, ma penso che quelli di viaggio siano tra i migliori in quanto ti portano alla consapevolezza di ciò che c’è nel mondo al di fuori di noi e ti invogliano a vivere nuove esperienze o ad incontrare nuove persone con usanze diverse dalle nostre.
Allan David Bloom disse “La mancanza di lettura di buoni libri indebolisce la visione e rafforza la nostra tendenza più fatale: il convincimento che il qui ed ora sia tutto quello che c’è”. Ed è vero, dovremmo imparare ad andare oltre, guardare più in là del nostro essere. Come disse Francis de Croisset “La lettura è il viaggio di chi non può prendere un treno”.

Sofia Marini, IIIB

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Non è vivere, ma vivere bene

E allora è nostro dovere non tralasciare i piccoli particolari che ci permettono di guardare le cose con una prospettiva differente.

Riflessioni a partire dall’articolo di Tim Parks, Sì. viaggiare (con libri e scrittori).

“Il tempo per leggere, così come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere”.
Questa citazione, tratta da un’opera di Daniel Pennac, riassume in poche parole
quello che dovrebbe essere il nostro modus vivendi quotidiano. Amare e leggere dilatano il tempo della nostra vita e la vita, infatti rappresenta una splendida occasione, la nostra splendida occasione, per vivere nuove esperienze, facendo della scoperta e della curiosità i motori per menti e animi coraggiosi.

Molto spesso, si tende a considerare il libro come qualcosa di noioso od opprimente, inutile in una società in cui sempre più spesso dominano la velocità e la frenesia. Molti di noi non sono consapevoli di ciò che un’opera letteraria può regalarci, un po’ per ignoranza e, a volte, anche per indifferenza. Un buon libro, considerati i gusti ed i generi prediletti da ognuno, può rappresentare un’esperienza di crescita unica, dal punto di vista non soltanto culturale, ma anche pedagogico e sociale. Leggendo, infatti, entriamo in contatto con mondi paralleli, talvolta anche fantastici, dai quali certamente possiamo ricavare insegnamenti morali di estrema importanza. Si compiono dei veri e propri viaggi grazie alla lettura; potremmo dire che è
proprio grazie a quest’ultima se viviamo emozioni che, in alternativa, solo i veri
spostamenti potrebbero offrire, facendo un’analisi pragmatica e oculata.

E allora oggigiorno, in un mondo che mira sempre più al progresso, allo sviluppo e alla risoluzione di problematiche ritenute di vitale importanza dai grandi magnati
della Terra, è nostro dovere non tralasciare i piccoli particolari che ci appaiono come futili o superficiali, ma che in realtà ci permettono di guardare le cose con una prospettiva differente, più positiva, facendo la differenza. Tramite “strumenti” quali il viaggio (reale ma anche immaginario, grazie ai libri) abbiamo l’opportunità di evadere da una realtà che sentiamo troppo spesso non nostra, essendo essa povera di ideali e principi.

Varie indagini condotte su larga scala, oltretutto, dimostrano come sia migliore la “prospettiva di vita” di chi viaggia e legge molto. Tutti noi, nondimeno, dobbiamo cercare di avere una mentalità che sia il più aperta possibile. Solo quando la maggioranza acquisirà tale mentalità, sarà legittimo dire di aver raggiunto un progresso vero, interiore ma evidente, visibile a tutti, quando essa saprà dire con fermezza che “l’importante non è vivere ma vivere bene”, come diceva Socrate nei propri apologhi. È passato molto tempo, ne passerà molto altro ancora probabilmente, eppure continuo ad essere sempre più convinto della veridicità di tale affermazione, la quale resta e resterà indubbia e indiscussa, almeno per me.

Simone D’Ascenzi IIIB

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L’Irlanda in musica

Visitare l’Islanda e Dublino non significa solo girare bellissime città e una splendida capitale, o vedere musei che raccontano la storia di questo territorio. Significa soprattutto vivere tutto questo facendosi travolgere dalla sua allegra musica. Il repertorio folkloristico irlandese è stato scritto e composto soprattutto tra il Seicento e il Settecento, prima la musica irlandese si tramandava oralmente, a braccio, veniva suonata solo a memoria. Vi si rintracciano chiaramente le caratteristiche tipiche della musica celtica e poi, solo in seguito, l’irish music ha subito influenze di altra musica europea. I poeti e i cantori, già nel medioevo, intrattenevano le corti narrando le gesta delle casate più nobili e lo facevano accompagnandosi con l’arpa celtica, simbolo ufficiale dell’Irlanda.

La musica tradizionale quindi è veramente importante nella cultura irlandese tanto che in molti pub i musicisti si esibiscono direttamente tra i tavoli e spesso anche in contemporanea, per generare un’atmosfera di festa e allegria. Di solito si utilizzano soprattutto strumenti come il violino e la chitarra acustica insieme a bouzouki irlandesi, pipe di Uilleann, il Bodhran, che è un tamburo e, ovviamente, l’arpa.

Vediamone qualcuno da vicino:
ARPA: l’arpa è lo strumento più utilizzato e amato. Gli irlandesi l’hanno resa un simbolo
nazionale, infatti la sua immagine compare sulle monete ed è diventata il logo di molte aziende. L’arpa più famosa è conservata in una teca nell’ Old Library del Trinity College, a Dublino, e non c’è canzone della tradizione che non abbia note magiche suonate dall’arpa.

LA UILLEANN PIPE: questo strumento si compone di una sacca, di un mantice e di un chanter ed è lo strumento tradizionale irlandese che risale all’inizio del 1700 ma differisce dalle classiche cornamuse in quanto è composto da nove fori in chiave di Re.

IL VIOLINO: viene utilizzato da sempre nella tradizionale musica irlandese e i musicisti irlandesi hanno uno stile unico, usano l’archetto in modo più deciso. Per questo la musica d’Irlanda è diversa dalla musica classica, è più vigorosa.

IL FLAUTO TRAVERSO: i flauti utilizzati nelle musiche irlandesi sono in legno e generano un suono molto diverso da quelli in metallo. Appartenenti ai flauti, il whistle è un altro strumento tipico di questa terra: è un flauto di latta che ha un suono secco, ben riconoscibile nelle melodie irlandesi.

WHISTLE: si tratta di strumenti a fiato appartenenti alla famiglia del flauti. I più famosi
sono i tin whistle, ovvero i flauti di latta. Il suonatore soffia l’aria attraverso
un’imboccatura a becco e crea le melodie tappando i sei fori che compongono lo
strumento. Il presenta un suono secco e brillante che lo distingue dalle
altre tipologie di flauti e lo rende perfetto nel destreggiarsi all’interno delle melodie irlandesi.

La musica celtica irlandese si diffonde rapidamente in Irlanda, Scozia e Galles.
Varia molto e passa da brani ritmati e allegri a melodie dolci e romantiche. Inoltre, si riteneva che la musica celtica richiamasse le creature magiche col suo suono: elfi, fate, streghe, troll e altre creature del bosco potevano proteggere o maledire gli uomini. La musica serviva proprio ad ingraziarsi queste creature e ad avere il loro favore. Spero di poter presto andare a Dublino o in Irlanda per poter ballare a ritmo di questa musica bellissima!

Articolo di Alessia Piacente, 2C