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La robotica, la pandemia e l’intelligenza emotiva

La robotica può essere immaginata soltanto come un settore industriale e lavorativo, cosa vera senza dubbio. Ma la verità è che nasce come una vera e propria passione o anche come un modo per liberare la testa dai propri pensieri. La robotica – in piccolo ovviamente – è studiata e praticata, infatti, anche in alcune scuole, ad esempio nell’ istituto di Manutenzione Assistenza Tecnica (MAT), ex scuola “professionale”; o anche in scuole medie ed elementari per svago, proprio per questo suo aspetto accattivante e appassionante.

Quando si parla di robotica non si parla solo del “robot” simile all’uomo che si vede spesso nei film, ma esistono svariati prototipi molto più semplici o molto più complessi, come ad esempio quelli usati a Wuhan per fronteggiare quest’ultima pandemia: infatti i prototipi usati nella grande città cinese facevano sì che i pazienti in quarantena usufruissero di beni primari senza entrare in contatto con altre persone e correre il rischio di contagiarle. E ancora, oltre a questi ultimi, molti prototipi vengono usati in grandi aziende come Amazon, o nelle grandi catene di montaggio come quelle della Ford, Fiat, etc.

Ma dobbiamo fare una differenziazione:

° Machine Planning: ossia robot a cui viene assegnato un compito da svolgere e che deve portare a termine senza pensare o reagire minimamente a quello che ha intorno; come quelli usati nelle catene di montaggio.

° Machine Learning: ossia robot capaci di ascoltare ed imparare, o imparare man mano che “vivono” ; come ad esempio quelli della Amazon ai quali arriva un ordine, loro lo ricevono, si avvicinano allo scaffale desiderato per l’ordine, prendono il prodotto e lo portano direttamente all’ operatore che ha solo il compito di prendere l’ oggetto e imballarlo per poi spedirlo.

La robotica può dunque essere un grande aiuto, come si può intuire, al progresso e alla tecnologia, ma i robot possono essere anche pericolosi: durante uno studio fatto su un prototipo di macchina futura, per esempio, si è venuta a creare una situazione scomoda, ma plausibile nelle molteplici sfaccettature della realtà, per il robot al quale avevano ordinato di portare a termine il suo compito, ossia trasportare 6 persone a casa. Improvvisamente, 10 persone circa hanno attraversato la strada che lui stava percorrendo. Senza fare calcoli o pensare, il robot avrebbe investito le persone che attraversavano e pur di riportare le 6 persone a casa e terminare il compito assegnato. O ancora, durante un altro episodio è successo questo: c’è stato un incontro di scacchi tra il campione mondiale Garry Kasparov e la più grande macchina mai progettata per giocare a scacchi. Nell incontro Kasparov perse perché la macchina formulava centinaia di possibilità al secondo, cosa che all’uomo non potrà mai riuscire. Kasparov, però, volle la rivincita battendo questa volta la macchina che anche se formulava centinaia di possibilità al secondo, perché l’uomo ha, e avrà sempre, per fortuna, quel lampo di genio improvviso, quel guizzo di intelligenza che può portarlo alla vittoria.

Vi ho raccontato questi due episodi per farvi riflettere sul fatto che l’uomo ha un cuore ed un intelligenza di tipo emotivo, quella che conta poi veramente, che un robot non potrà mai avere. Del resto i robot, anche essendo geniali, sono pur sempre opera umana.

Esempio di Machine Learningb
https://youtu.be/JXkMevbjga4

Esempio di Machine Planning
https://youtu.be/VreG1iC65Lc

Articolo di Mattia Di Stadio

Frontiere e confini, Recensioni libri e film, Rubriche, Tecnologia

THE IMITATION GAME

Anno: 2014

Protagonista: Benedict Cumberbatch

Genere: biografico, drammatico

Durante la seconda guerra mondiale, a Manchester, Alan Turing, geniale matematico inglese e grande esperto di crittografia, viene incaricato di decriptare il codice Enigma, ideato dai nazisti per comunicare segretamente le loro operazioni militari. Decifrare i codici della macchina Enigma è una specie di mission impossible perché il meccanismo è estremamente complesso, ma soprattutto perché i tedeschi cambiano la chiave di codificazione ogni 24 ore. I sistemi finora utilizzati non avevano portato frutti, allora il matematico decide di cambiare metodo e chiede a Churchill un enorme finanziamento per realizzare il suo progetto. Iniziano i lavori: nel frattempo il matematico viene ostacolato da molti nemici, invidiosi di lui per motivi diversi, ma il suo piano va a buon fine. Però, alla fine della missione Enigma e a conclusione del conflitto mondiale, si comincia ad indagare su Turing e sulla sua omosessualità e, poiché in quel momento storico essere omosessuali era considerato un grave reato, lo studioso doveva essere punito o con il carcere o con la castrazione chimica. Il protagonista sceglie la seconda e si suicida alla fine del film. O meglio, nei titoli di coda è scritto del suicidio, così come ci sono altre informazioni importanti su Enigma, sul lavoro immenso svolto dallo scienziato (che è oggi considerato un pre-inventore del computer) e sulle tante vite in questo modo salvate da lui.

Questo film mi è piaciuto moltissimo, innanzitutto per come è raccontato, perché è appassionante, e poi perché ho ritrovato argomenti storici studiati in classe. Inoltre mi ha trasmesso due messaggi molto importanti: per prima cosa mi ha fatto capire che è fondamentale rispettare i diritti di tutti e, soprattutto, mi ha fatto riflettere su quanto è importante poter fare qualcosa per gli altri, ognuno secondo le proprie possibilità. Possiamo essere in qualche modo tutti dei piccoli e grandi Alan Turing del futuro.

Recensione di Emanuele Gentile.

Confini Immaginari, Frontiere e confini, Razzismo, Tecnologia

La violenza nei Videogiochi

Spesso si dice che i “giovani d’oggi” sono svegli perché sanno usare i mezzi che la tecnologia mette a loro disposizione. La tecnologia è moderna, veloce, dinamica e aiuta le persone a svolgere in modo efficiente le loro attività. Vero. Ma rappresenta solo cose positive per noi? Spesso mi trovo ad interrogarmi sugli aspetti negativi della tecnologia e ne trovo diversi, sebbene moltissimi siano gli aspetti positivi.

Qualche tempo fa, ad esempio, ho visto una trasmissione in tv che parlava dell’aumento delle ore che i ragazzi della mia età passano a casa senza uscire e confrontarsi con i loro coetanei per immergersi in una realtà virtuale fatta spesso di giochi violenti. È proprio della violenza che voglio parlare, violenza legata alla tecnologia e ai videogiochi. Alcuni simulano la guerra (Apex, Fortnite), altri atti terroristici (GTA, Watch Dog) e altri ancora scene di ordinaria violenza, come per esempio quelli che riproducono furti o rapine, o fanno ironia su atti di bullismo e di torture. Insomma, la violenza si insinua sottile e subdola nel mondo dei videogiochi. E i ragazzi, provando divertimento in questo modo, è come se si estraniassero dalla realtà, non riuscendo più a provare empatia verso i loro simili nella vita reale.

Secondo me tutto ciò è preoccupante. A tutto questo si aggiunge spesso quello che vediamo e sentiamo al telegiornale, mi fa arrabbiare l’espressione giornalistica che rimanda a situazioni così terrificanti che “assomigliano ad un videogioco di pessima qualità”. Peccato che sia la realtà. Alla fine per molti ragazzi tutto questo finisce per sembrare normale e non si riesce più a distinguere la realtà dalla fantasia.

Un’altra cosa importante che ho scoperto è che oltre ai videogiochi violenti ci sono anche quelli estremi: ho fatto una piccola ricerca a riguardo e ho trovato un articolo che narrava la storia di un ragazzo che, pur di completare un gioco estremo, si è tolto la vita. Un quattordicenne. La prima ipotesi è stata quella del suicidio ma dopo che gli inquirenti hanno setacciato lo smartphone e il computer del ragazzo, si è scoperta la verità. Tutto questo è da brivido. A quanto pare è semplice spingersi troppo oltre con questi giochi violenti online. E poi tornare indietro è impossibile. Di esempi ce ne sono molto, ma parlarne mi rende triste, quindi basta un esempio per tutti. Io credo che la tecnologia sia qualcosa di molto utile, ormai anche indispensabile per certi versi, ma le persone non devono farsi dominare, sono gli uomini che devono governarla saggiamente. E poi, anche di non farsi trascinare nel vortice della violenza online, che è pur sempre violenza, anzi è violenza a tutti gli effetti. Ai ragazzi della mia età vorrei ricordare che è bello uscire e divertirsi con gli amici, o anche leggere un libro, ma soprattutto di non dimenticare che prima di tutto siamo esseri umani e non avatar senza sentimenti ed emozioni.

Ivana Gargano

Confini Immaginari, Contaminazioni, Fantascienza, Frontiere e confini, Tecnologia

Overdose tecnologica?

La relazione uomo-macchina, uomo-tecnologia è oggetto di studi e ricerche sempre più frequenti. La tecnologia e il progresso finora non hanno soppiantato la cultura tradizionale del libro, per esempio, o della parola in contrapposizione con la chat, o di un abbraccio reale contro quello virtuale… in futuro chissà? Noi pensiamo che le due facce della moneta dovrebbero continuare a coesistere e che il vero discorso sensato da fare sia qualcosa legato al concetto di Aristotele di “giusto mezzo”. Dovremmo imparare a farne un discorso di buon senso e di “buon uso”, senza arrivare a dipendenze tecnologiche, come nel caso dei videogiochi, per esempio, o sostituire completamente l’uomo con la fredda macchina, come nel caso del mondo del lavoro.

Ci domandiamo se davvero, ed entro quanto tempo, computer e robot sostituiranno le persone nel mondo del lavoro. Succerà sul serio? È un’ipotesi visionaria? Leggiamo molti articoli che annunciano un impatto fortissimo della tecnologia sul mercato del lavoro. Pare che, con tutta probabilità, entro la metà del 2020 i computer scriveranno saggi scientifici ed entro il 2040 produrranno dei bestseller. Addirittura, il giornale inglese The Economist ha creato un programma di intelligenza artificiale al fine di fargli scrivere articoli di giornale e dopo questo esperimento ha dichiarato al mondo: “The machines are coming”, le macchine stanno arrivando. Come porci di fronte a tutto ciò? Torniamo a parlare di limiti e confini, che sembra essere un tema chiave dei nostri anni, di questo secolo, della nostra quotidianità.  Ben venga una facilitazione del lavoro, ben venga il progresso che migliora la qualità della vita, ma a discapito di cosa? Le macchine faranno diminuire i già precari posti di lavoro?

Ci ha colpito una frase: “L’unico limite al progresso tecnologico è la nostra fantasia” di Andrea Benedetti. Ed effettivamente sembra che sia così. E a noi piace moltissimo questa sfida, questo modo dinamico e insieme “sognatore” di vedere il mondo, ma se tutto ciò avviene a discapito del senso di umanità forse non è del tutto corretto e ci piace un po’ meno. Abbiamo letto di recente che in California, in un ospedale, un robot ha annunciato la morte prossima a un paziente. Abbiamo riflettuto su questo ed altri episodi e la nostra conclusione è: prima di tutto l’uomo. Perché non vogliamo arrivare all’overdose tecnologica, di cui un altro aspetto è senz’altro l’abuso dei videogiochi, tema molto caro a noi ragazzi. Purtroppo non riuscendo a limitare il contatto con gli apparecchi elettronici abbiamo abusato di questi ultimi in maniera eccessiva, cosa che in futuro potrebbe portare a conseguenze nocive. Per evitare rischi di sindrome da dipendenza o da assuefazione è necessario un intervento informativo: fare informazione anche in questo caso diventa fondamentale, per far conoscere i rischi reali.

In questo modo ognuno di noi, consapevole dei vantaggi e degli svantaggi della tecnologia, avrà piena libertà di scelta e di pensiero, libertà che si troverà a fare conti con la capacità di controllo degli impulsi.

Articolo di Mattia Di Stadio, Alessandro Chiappini, Emanuele Gentile, Giovanni Fantone e Igor Catalli.

Confini Immaginari, Contaminazioni, Frontiere e confini, Tecnologia

Tra realtà aumentata e realtà virtuale: limiti e confini

AR (augmented reality) e VR (virtual reality) sono due tipologie di realtà parallele che, tramite tecnologia, sono in grado di alterare la nostra percezione del reale. Differiscono però nel senso di immersione che ci riescono a dare nella realtà parallela: nella AR è più superficiale, nella VR più profondo.

Approfondiamo un po’:
la realtà aumentata presenta delle variazioni realizzate al computer che immettono nel nostro mondo reale persone, animali o cose in grafica 3D. Un esempio vicino a noi è l’applicazione Pokemon Go: qui la realtà aumentata viene utilizzata per far apparire tramite telefono i pokemon nella vita reale. La realtà aumentata però non serve solo per giochi, ma viene usata anche in ambito lavorativo da molte industrie: ad esempio Lego utilizza questo tipo di realtà per evitare che i clienti più “curiosi” aprano le confezioni per scoprire cosa ci sia dentro, facendo comparire sullo schermo del telefono il suo contenuto. Un deterrente per i furti, dunque. Dunque, la realtà aumentata arricchisce la realtà con delle informazioni da sovrapporre a quelle reali. Le app di questo tipo utilizzano di solito la fotocamera del telefono per mostrare un’immagine di partenza di fronte all’utente, sulla quale vengono aggiunti dei livelli di informazioni, come testi e immagini. Oggi è usatissima nel settore ludico o militare, ma sono nell’aria anche novità nel settore medico e automobilistico.

Simile alla realtà aumentata è la realtà virtuale che però, attraverso l’uso di tecnologie informatiche, può creare un vero e proprio ambiente simulato. La realtà virtuale quindi pone l’utente all’interno di un’esperienza “totale” e “totalizzante”, nella quale invece di visualizzare uno schermo, il soggetto è completamente immerso in mondi virtuali in 3D ed è anche in grado di interagire con essi. Indossando degli appositi visori, potrete addirittura fare una passeggiata in montagna o esplorare grazie a dei tour virtuali aziende e hotel, case da comprare o città da visitare. Questa realtà solitamente viene accomunata ai videogiochi ma non è così, poiché viene usata anche in altri campi come ad esempio in campo medico per simulare degli interventi o anche in campo sportivo per allenare i riflessi.

Dunque la realtà aumentata arricchisce il nostro mondo reale con immagini 3D, mentre la realtà virtuale è un mondo completamente virtuale.

In alcuni utenti sono stati però riscontrati sintomi quali nausea e mal di testa, legati all’impiego -probabilmente eccessivo- di questo tipo di tecnologia. D’altra parte è stata anche evidenziata l’efficacia di queste tecnologie per la riabilitazione motoria, qualcuno dice anche per quella cognitiva. Purtroppo però, vista la novità di queste tecnologie, non esiste ancora uno studio scientifico approfondito che possa confermare o smentire. Noi siamo sicuramente attratti da tutto ciò, ma torniamo a parlare di limiti e confine, in quanto secondo noi un abuso di queste tecnologie ci potrebbe davvero far perdere il senso del reale, l’aderenza alla vita vera.

Articolo di Diego Antonelli, Andrea D’Achille, Igor Catalli, Giovanni Fantone e Gianluigi Liberatore

La linea sottile tra presente e futuro, Tecnologia

LE AUTO DEL FUTURO

Negli ultimi anni le maggiori case automobilistiche hanno progettato “l’auto del futuro” per far fronte al grande inquinamento che il diesel e la benzina stanno causando. Si presume che dal 2020 in poi la maggior parte delle automobili diventeranno elettriche, sostenibili, e saranno dotate di molte tecnologie utili per chi guida, ad esempio l’assistenza alla guida, il mantenimento corsia, il rilevamento pedoni con frenata d’emergenza ecc. Grandi miglioramenti in vista, dunque.

Come sarà?
L’auto del futuro sarà elettrica: quindi si andrà sempre più a restringere l’ottica dei combustibili fossili. Ma oggi siamo arrivati a un compromesso: l’ibrido è un equilibrio tra benzina e corrente ma in un tempo non lontano si andranno ad avvicinare alle elettriche; quindi saranno sempre più intelligenti, innovative e con nuovi sistemi tecnologici, che arriveranno ad avere un auto con guida autonoma.

L’auto del futuro sarà connessa: quindi si apre e si chiude dallo smartphone, ti avvisa di un veicolo contro mano, individua un parcheggio appena si libera e tante altre cose di questo genere. Ma c’è un grande ostacolo: la memoria di un’auto. Infatti è stato stimato che, per compiere tutte quelle azioni elencate in precedenza, ci vogliono circa 4 terabyte al giorno per ogni auto e quindi una enorme quantità di memoria per l’arco della sua vita e non si sa dove conservarla.

L’auto del futuro sarà elettrica digitale: si calcola che nel 2025 sulle strade di tutto il mondo ci saranno oltre 470 milioni di veicoli connessi. Ma in che modo si interpreta la trasformazione dell’auto? Si fa allargando la risorsa di servizi. Assistenza alla guida, ok, ma ci saranno sempre più sistemi di sicurezza che saranno comunicanti l’uno con l’altro oltre che con l’ambiente circostante. Quindi in un futuro non molto lontano le auto elettriche potranno arrivare all’ “autosostenibilità”.

Quali novità ci saranno rispetto al passato?
Rispetto al passato le auto saranno connesse, digitali, elettriche ma arriveranno ad avere una mente artificiale super complessa. Ma quali sbocchi ci saranno? Tanto positivi, quanto negativi. Beh, di certo l’auto del futuro potrebbe togliere lavoro ai tassisti o agli NCC che si potranno trasformare in NCGA, “noleggio con guida autonoma”, ma siccome da parte del consumatore ci sono sempre più domande da soddisfare, si potrà sviluppare un nuovo lavoro che potrà sicuramente occupare altre persone, così da conciliare la tecnologia e il progresso con la bellezza e l’umanità di un essere vivente in carne e ossa.


Emanuele Gentile e Matteo Montaquila