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L’Irlanda in musica

Visitare l’Islanda e Dublino non significa solo girare bellissime città e una splendida capitale, o vedere musei che raccontano la storia di questo territorio. Significa soprattutto vivere tutto questo facendosi travolgere dalla sua allegra musica. Il repertorio folkloristico irlandese è stato scritto e composto soprattutto tra il Seicento e il Settecento, prima la musica irlandese si tramandava oralmente, a braccio, veniva suonata solo a memoria. Vi si rintracciano chiaramente le caratteristiche tipiche della musica celtica e poi, solo in seguito, l’irish music ha subito influenze di altra musica europea. I poeti e i cantori, già nel medioevo, intrattenevano le corti narrando le gesta delle casate più nobili e lo facevano accompagnandosi con l’arpa celtica, simbolo ufficiale dell’Irlanda.

La musica tradizionale quindi è veramente importante nella cultura irlandese tanto che in molti pub i musicisti si esibiscono direttamente tra i tavoli e spesso anche in contemporanea, per generare un’atmosfera di festa e allegria. Di solito si utilizzano soprattutto strumenti come il violino e la chitarra acustica insieme a bouzouki irlandesi, pipe di Uilleann, il Bodhran, che è un tamburo e, ovviamente, l’arpa.

Vediamone qualcuno da vicino:
ARPA: l’arpa è lo strumento più utilizzato e amato. Gli irlandesi l’hanno resa un simbolo
nazionale, infatti la sua immagine compare sulle monete ed è diventata il logo di molte aziende. L’arpa più famosa è conservata in una teca nell’ Old Library del Trinity College, a Dublino, e non c’è canzone della tradizione che non abbia note magiche suonate dall’arpa.

LA UILLEANN PIPE: questo strumento si compone di una sacca, di un mantice e di un chanter ed è lo strumento tradizionale irlandese che risale all’inizio del 1700 ma differisce dalle classiche cornamuse in quanto è composto da nove fori in chiave di Re.

IL VIOLINO: viene utilizzato da sempre nella tradizionale musica irlandese e i musicisti irlandesi hanno uno stile unico, usano l’archetto in modo più deciso. Per questo la musica d’Irlanda è diversa dalla musica classica, è più vigorosa.

IL FLAUTO TRAVERSO: i flauti utilizzati nelle musiche irlandesi sono in legno e generano un suono molto diverso da quelli in metallo. Appartenenti ai flauti, il whistle è un altro strumento tipico di questa terra: è un flauto di latta che ha un suono secco, ben riconoscibile nelle melodie irlandesi.

WHISTLE: si tratta di strumenti a fiato appartenenti alla famiglia del flauti. I più famosi
sono i tin whistle, ovvero i flauti di latta. Il suonatore soffia l’aria attraverso
un’imboccatura a becco e crea le melodie tappando i sei fori che compongono lo
strumento. Il presenta un suono secco e brillante che lo distingue dalle
altre tipologie di flauti e lo rende perfetto nel destreggiarsi all’interno delle melodie irlandesi.

La musica celtica irlandese si diffonde rapidamente in Irlanda, Scozia e Galles.
Varia molto e passa da brani ritmati e allegri a melodie dolci e romantiche. Inoltre, si riteneva che la musica celtica richiamasse le creature magiche col suo suono: elfi, fate, streghe, troll e altre creature del bosco potevano proteggere o maledire gli uomini. La musica serviva proprio ad ingraziarsi queste creature e ad avere il loro favore. Spero di poter presto andare a Dublino o in Irlanda per poter ballare a ritmo di questa musica bellissima!

Articolo di Alessia Piacente, 2C

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I luoghi dei Beatles

I Beatles nascono come band nel 1957 a Liverpool, cittadina situata nel nord-ovest dell’Inghilterra, nella contea metropolitana del Merseyside, piena di musei, teatri e locali per ascoltare buona musica dal vivo. Insomma un posto in cui il fermento culturale è stato l’humus perfetto per la nascita di una band come quella dei Beatles ed è poi stata dichiarata dall’Unesco “Città della musica” per i Beatles e per il suo prestigio musicale.

John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr erano ragazzi giovanissimi che hanno cavalcato le classifiche di tutto il mondo e scalzato altri artisti importanti per consquistare il primato mondiale. Le note e la parole di “All you Need Is love”(1967), “Love me do”(1963), “She loves you”(1964), “Get back”(1970), “Yesterday”(1965), “Yellow Submarine”(1966) e tante altre, risuonano nella mente di grandi e piccini.

Negli Stati Uniti i Beatles divennero quasi subito famosi: erano ovviamente amatissimi da tutta la popolazione inglese, tanto che si iniziò a parlare di British Invasion, cioè proprio l’invasione (e in un certo senso la monopolizzazione) della musica americana da parte di band inglesi. Negli anni 60-70 la musica cambia completamente grazie a loro e ai loro “soli” dieci anni di attività, visto che nel 1070 il gruppo si sciolse definitivamente.

Se capitate a Liverpool fate un salto al Jacaranda o al Cavern, i club famosi in cui i Fab Four suonarono moltissime volte, ma tutta la città è piena zeppa di luoghi della loro vita e della loro arte.

Anche Londra fu fondamentale per la loro formazione e crescita e infatti, benché i quattro componenti del gruppo fossero originari di Liverpool, è da Londra che partì la loro fortuna e anche qui infatti potrete trovare moltissimi posti dedicati ai Beatles: a cominciare dalle celebri strisce pedonali di Abbey Road, per arrivare agli studi della Emi o alla Royal Albert Hall. L’Inghilterra di quel periodo fu piena di stimoli musicali interessanti: Swinging London è un termine che infatti è stato usato proprio per definire le tendenze e le avanguardie che si svilupparono in Inghilterra, ma a Londra in particolare, alla fine degli anni ’60. Una vera e propria rivoluzione culturale che vedeva il panorama musicale in prima linea.

Non vedo l’ora di poter partire ed esplorare questi luoghi. Ovviamente con la musica dei Beatles nelle orecchie!

Articolo di Azzurra Pinori, 2C

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Mozart tra Vienna e Salisburgo

Mozart, nato a Salisburgo nel 1756, è un bambino prodigio che inizia a scrivere musica prima ancora di saper leggere e scrivere, tanto che a 13 anni è già un compositore professionista. Il padre riconosce il suo talento e lo accompagna in numerosi viaggi in tutta l’Europa. In questi viaggi viene a contatto con tutte le esperienze musicali dell’epoca. Nel 1773 ritorna definitivamente a Salisburgo e ottiene l’incarico di capo dell’orchestra del Principe di Colloredo.

Salisburgo è una città molto interessante, l’abbiamo visto studiando l’Austria in geografia: la ricchezza del suo passato l’ha resa preziosa al punto da farla diventare Patrimonio Unesco. Oggi è la città di un festival importante, Festival di Musica, che si tiene in estate da 100 anni, ma è famosa anche per i suoi mercatini di Natale e per essere stata la “città del sale” come ci dice il nome, Salzburg. Al numero 9 della Getreidegasse c’è la casa natale Mozart, che oggi, con la sua facciata gialla, è diventata una meta turistica: all’interno c’è persino il violino di quando era bambino. Mentre al numero 8 di Makartplatz si può visitare la casa dove visse dal 1773 al 1780,.

Fino ai 25 anni Mozart resta in città e scrive musica sacra e anche di intrattenimento per orchestra In questo periodo però diventa insofferente ed ha la necessità di allontanarsi da Salisburgo. Tra l’altro per il suo comportamento provocatorio, viene licenziato dal Principe Colloredo e inizia a lavorare a Vienna dove inizia anche a vivere: qui si mantiene insegnando e suonando e componendo come pianista.

A Vienna l’ambiente è diverso, c’è una vita culturale e musicale di grande ricchezza e molto più frizzante che a Salisburgo. La città è situata nel nord-est dell’Austria ed è attraversata dal fiume Danubio, che tanto la caratterizza e che è un fiume importante per l’Europa intera. Vienna è una città legata a filo doppio con la musica: qui hanno vissuto e lavorato, oltre a Mozart, anche Beethoven, Strauss e  Schönberg.
Vienna è la Capitale dell’Austria e oltre che essere un centro industriale ed economico di grande importanza, è sempre stata anche un centro culturale importantissimo, soprattutto all’epoca di Mozart, noto soprattutto in ambito di fermento musicale.
L’evento più popolare che ha luogo ogni anno a Vienna, anche oggi, è il tradizionale concerto di Capodanno, l’avvenimento musicale più seguito al mondo: il tradizionale concerto della Filarmonica di Vienna si tiene dal 1939 nella sala dorata del Musikverein e viene trasmesso in tantissimi Paesi del mondo in contemporanea.
Inoltre di Vienna ricordiamo il Valzer Viennese introdotto per la prima volta da Maria Antonietta, sposa Austriaca di Luigi XVI e che nacque in Germania e in Austria, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento: la parola viene dal tedesco walzen, cioè “girare”. Il valzer caratterizzò talmente tanto che gli fu affibbiato l’aggettivo viennese.

Ma torniamo a Mozart: il nostro compositore visse qui per diversi anni e nella Domgasse n. 5 si può visitare la sua casa viennese. La Mozarthaus rispecchia lo stile raffinato e signorile di chi la abitata e della città, regale e maestosa. Tra le opere più importanti di Mozart ricordiamo: Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Il flauto
magico
, Così fan tutte e, sempre a Vienna, scrive l’Ave Verum e il leggendario Requiem.

Mozart ha un linguaggio musicale sicuramente legato all’epoca e alle città in cui è vissuto e che mi piace molto perché è in grado di esprimere l’intensità dei sentimenti dell’essere umano.

Per leggere qualche curiosità cliccate sul file:

Articolo di Andrea Gagliardi, 2A.
Curiosità di Angelica Di Bartolomeo, 2C

Confini Immaginari, Contaminazioni, Frontiere e confini, Music Maps

Il Blues tra speranze e contaminazioni

La musica Blues è stata molto importante per la vita dei neri nella seconda meta del 1900. La popolazione di colore con la musica si sfogava, si esprimeva, si divertiva, comunicava insomma. La musica è una forma altissima di comunicazione per tutti e da sempre, ma per loro il blues era davvero fondamentale: riusciva a farli stare bene, a distrarli, anche se solo momentaneamente, dalla tristezza del lavoro nelle piantagioni degli stati del sud degli USA. Le radici del Blues sono da ricercare proprio qui infatti, in queste comunità di schiavi afroamericani che sapevano trasformare la tristezza e la fatica in note preziose. Nel momento in cui cominciavano a suonare il loro strumento, come per magia, ogni brutto pensiero spariva, la fatica spariva.

L’origine del Blues non è facile da definire con esattezza, ma sappiamo che fu importantissimo l’anno 1865, anno dell’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti d’America. Infatti, una volta ottenuta la libertà, tantissimi ex schiavi, che erano anche musicisti, iniziarono a portare la loro musica fuori dalle piantagioni e questa si diffuse a macchia d’olio, perché sapeva emozionare. Il nome Blues deriva da un modo di dire: “to have the blue devils“, che si può tradurre con “avere i diavoli blu“. Vi spieghiamo meglio: originariamente nella lingua americana espressioni come “to be blue” o “to have the blues” volevano indicare uno stato di ubriachezza. Però, dopo la guerra di secessione in America, questi modi di dire iniziarono ad essere associati ad uno stato di sofferenza, di malinconia. Da origini umili e quasi segrete, quindi, il blues diventò la forma di musica popolare più registrata al mondo. E da qui iniziò a contaminare e influenzare (in alcuni casi contribuì alla vera e propria nascita) molti generi e stili della musica popolare moderna. Tra i (tanti) generi che furono più direttamente influenzati dal blues, non possiamo non menzionare il rhythm and blues, il rock and roll e poi l’hip pop.

Insomma, noi siamo rimasti molto colpiti dal discorso che riguarda, ancora una volta, i confini varcati, le frontiere sfondate, la contaminazione. Soprattutto perché vediamo come sia un tema ricorrente in tutte le materie studiate. La contaminazione infatti, come per la geografia, è anche per la musica un processo spontaneo in tutte le culture che fanno uso di forme musicali. 

Un processo che porta alla nascita di qualcosa di nuovo, qualcosa di più ricco, poi, alla fine. Ed è questo il bello.

Abbiamo visto in classe un film, Mississippi Adventure, che ci mostra come il Blues, una volta radicato nell’animo di un suonatore o di un ascoltatore, non va più via. Cattura l’anima. Nel film si racconta l’amicizia nata tra due persone molto diverse, iniziata e cementata grazie alla musica blues: da una parte il giovane Talent Boy, e dall’altra Willie Brown, un vecchio mito del Blues che deve fare i conti con la sua vita e con quelle decisioni che un giorno, in piedi fermo ad un crocicchio, stabilirono il suo destino. Un film in cui la vera protagonista è sicuramente la musica della chitarra e dell’armonica, che accompagna le vicende dei protagonisti per tutta la durata della pellicola. 

Per leggere la nostra recensione del film, cliccate qui.

Lavoro di: Luigi Di Domenico, Giulia Romano, Elia Buzzelli, Diego Antonelli, Matteo Montaquila, Ivana Gargano, Lucrezia Magni, Vittoria Tragni, Alessandro Chiappini.