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Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Geoletteratura, La geografia nei passi letterari

Può esistere un autore preferito?

Ce lo siamo chiesti in 3C, visto che abbiamo quasi terminato il programma di letteratura, e… non sappiamo dare una risposta.
Probabilmente no, perché ogni autore o autrice ha qualcosa di interessante da dire, da condividere, un messaggio a cui tiene da lasciare ai suoi lettori. Però sicuramente qualcosa ci colpisce più di altro e lo abbiamo messo per iscritto.

Abbiamo riflettuto su quanto gli autori siano specchio della loro epoca, perché scrivono giustamente quel che sentono vicino al loro animo, eppure riescono a parlarci dopo anni, secoli, millenni. Dante per esempio, che era sicuramente un uomo del suo tempo, nella sua Commedia che Boccaccio definisce Divina, tratta appunto argomenti divini, legati alla religione, al Medioevo, che nessun autore contemporaneo tratterebbe, ma che ancora oggi ci appassiona ed è amatissimo, perché il suo è un linguaggio universale.

Abbiamo riflettuto su quanto la letteratura si cibi di storia e geografia e di quanto sia interconnessa con le altre discipline: Manzoni, ad esempio, sa indagare e raccontare benissimo la Storia, quella la S maiuscola, scrivendo uno dei romanzi storici più famosi della letteratura italiana, ma non ci dimentichiamo della geografia. “Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno” è l’incipit de I Promessi Sposi. Lago, alberi, punti cardinali. Tutte elementi scientifico-geografici.

Abbiamo riflettuto su quanto la letteratura sia stimolo a comprendere il mondo e noi stessi, ma anche di fosse importante per gli autori e le autrici, del passato e del presente, regalarci la percezione che “una vita non basta”, come dice Pessoa, che scriveva: “la letteratura, come tutta l’arte, è la percezione che la vita non basta”.

Qui di seguito alcune delle nostre riflessioni e preferenze.

“Devo dire che scegliere un solo autore che ho preferito durante questo anno scolastico è difficile. Proprio per questo cito più autori: Giacomo Leopardi, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello e Primo Levi.
Di tutti questi quattro autori ho amato veramente molto la loro poetica, i loro pensieri, insomma le tematiche a cui hanno scelto di dedicare le loro opere. In Pirandello ho amato la questione delle maschere, che accompagna da sempre l’uomo durante il lungo percorso della vita, che ci piaccia o no; in Leopardi ho amato la sua lunga riflessione sulla condizione dell’uomo e una delle sue bellissime liriche, ovvero L’Infinito; in D’Annunzio invece ho amato il fatto che del bello fa la sua ragione di vita, anche se a volte esagera un po’, e soprattutto La pioggia nel pineto, che quasi ti fa sentire la pioggia che cade. Infine in Levi ho amato il suo rapporto con la chimica e la scienza intrecciato con la letteratura e di come il suo lavoro da chimico – e quindi la sua passione – lo abbia salvato dal campo di stermino ad Auschwitz”.
Angelica Ianiro

Mi piace la letteratura con tutti i suoi autori. Ognuno di loro ha mostrato l’evoluzione e il cambiamento a partire dal ‘300 fino ad oggi. Ognuno di loro tratta temi differenti e in modo diverso.
Uno che mi ha particolarmente colpito, però, è Luigi Pirandello, perché parla di tematiche super contemporanee in qualche modo precedendo un po’ i tempi. Lui coglie che è tutto relativo è che nessuno ha pienamente torto quanto ragione.
È colui che ha detto che indossiamo delle maschere e che ne abbiamo una per diverse occasioni, come dargli torto.
È stato anche il primo letterato italiano a vincere il Premio Nobel.
Arianna Gasbarro.

Ho amato Giovanni Verga in particolare, perché nei Malavoglia si parla di pescatori e io sono un appassionato di pesca, mi è piaciuto riconoscermi e ritrovarmi in quel mondo.
Bruno Melone

Articolo di redazione classe 3C

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Abbiamo anche dei doveri

È vero che la nostra Terra è in affanno. Lo è per i tanti problemi che la affliggono, la distruggono, la modificano negativamente e che la fanno piangere. L’inquinamento è uno di questi. Sono molto sensibile a questo argomento perché trovo profondamente ingiusto che l’uomo sia stato capace di rovinare un bene cosi prezioso che non è un bene assoluto di qualcuno, ma di tutti. Ognuno ha il diritto di godere della bellezza della natura, dei suoi fiumi che alimentano terre e dissetano animali e che sono l’habitat di molte specie di pesci; chiunque ha il diritto di usufruire della maestosità degli alberi, dei loro frutti, della loro ombra, delle loro rigogliose chiome che sono il rifugio di molti uccelli; ognuno ha anche il diritto di godere delle montagne per lo sport, per attraversare i propri paesi, godere dei colori che assumono nelle varie stagioni oppure solo di rimanere incantati per via della loro bellezza.

Ma abbiamo anche dei doveri. Non solo diritti. Anche nei confronti della Natura e non solo degli altri esseri umani.

L’uomo non ha utilizzato la natura solo per vivere, così come abbiamo studiato che ha fatto nei primi secoli della formazione della Terra, ma è arrivato a sfruttarla, cioè ottenere da essa sempre di più senza rispettarla; senza curarsi delle conseguenze, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui l’inquinamento è ovunque ed è causa di morte di molte specie viventi, compreso l’uomo. L’uomo, di questo passo, morirà per la sua stessa mano. Ma che follia è mai questa? Vogliamo rendercene conto prima che sia tardi?

Ognuno di noi è chiamato allora a curare e a rispettare ciò che lo circonda. E un concetto che bisogna avere chiaro è che tutti (ma davvero tutti) possiamo fare qualcosa, iniziando dai piccoli gesti quotidiani perché uniti a quelli degli altri, daranno alla natura un grande aiuto e un sospiro di sollievo; per esempio, chiudere il rubinetto mentre ci spazzoliamo i denti, così da risparmia acqua; o spegnere la macchina quando si è fermi, evitando
così inutili emissioni di gas; impegnarsi nella raccolta differenziata, che tra l’altro diventa un’attività divertente per certi aspetti. Molti pensano che sia troppo tardi per porre rimedio ai danni fatti in passato, invece, secondo me, tutti possiamo contribuire a salvare il Pianeta. L’unione, infatti, fa la forza.

Articolo di Irene Buzzelli

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Pirandello e il sole

Ogni giorno è un po’ come se interrogassimo lo specchio sul nostro stato emotivo e sulle nostre fattezze, mettendo a nudo la nostra vera persona. Riflettendoci emergono le nostre insicurezze e i nostri difetti e se vogliamo correggerli dobbiamo prima imparare ad accettare noi stessi.
Lo specchio rivela a ognuno di noi segreti, pensieri e parti di noi stessi che fino ad all’ora non conoscevamo o che non volevamo conoscere per paura di non essere accettati dagli altri. Ebbene si, ecco il potere di questa superficie riflettente che indaga a fondo su di noi con un solo e sfuggente riflesso; ma adesso parliamo di me. Come si sa molte volte è difficile guardarsi allo specchio e riuscire a riconoscere se stessi e anche ad accettare i difetti e le insicurezze che vengono messe completamente a nudo: se non si riescono ad accettare vengono camuffate da un prototipo di “maschera”, concetto espresso molto bene da Pirandello, per apparire agli occhi degli altri e della società in modo diverso. Fortunatamente non ho mai avuto il problema di auto-vedermi in un specchio e mi sono sempre accetta per quello che sono, ma tante volte guardandomi mi è capitato di domandarmi: chi sono? Può sembrare una domanda banale, ma in realtà è una domanda molto profonda e oserei dire anche complessa.

Sapere chi essere alla mia età non è poi cosi semplice e sicuramente la mia personalità si definirà con il tempo, crescendo. Vedendomi ad uno specchio la mia immagine si colora in base ai miei stati d’animo, ma in generale vedo una ragazza che sta crescendo, che sogna in grande e che vuole scoprire tante cose fuori e dentro di sé. Il mio riflesso nello specchio mi fa capire alcune volte che forse non mi conosco fino in fondo e che vedrò tutto ciò che non conosco di me stessa crescendo, costruendo la vita. Sono orgogliosa della persona che sto diventando perché giorno per giorno mi accorgo di maturare cresce. Il mio rapporto con lo specchio è un po’ come quello del sole che si riflette, perché alcune volte mi sembra di spendere, altre volte invece è come il riflesso del sole che però rimbalza dal lato opposto, vedendo un’immagine di me sfuggente e non del tutto completa.
Trovo ciò completamente normale, perché si cresce e si cambia. Concludo dicendo che sapere chi essere alla mia età, come ho detto prima, è davvero complicato maggiormente quando domande del genere ce le poniamo in un momento difficile, come quello che
stiamo vivendo, in cui le certezze che hai sempre avuto iniziano a mancare e fanno un leggero spazio alle altre mille domande che ti poni.


Ma la vita, come disse Jim Morrison, è come uno specchio: ti sorride se la guardi sorridendo.

Articolo di Angelica Ianiro, 3C

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Il nocciolo della pesca

Chi sono? Scoprirlo è uno degli scopi più importanti della vita.
Riuscire a descrivere se stessi esattamente per come si è. E il miglior modo per iniziare a farlo è specchiarsi e guardare oltre l’apparenza, oltre l’aspetto fisico, oltre la conoscenza, oltre il carattere, ma cercare l’io.
Cos’è realmente l’io? Direi la parte più importante di noi, quella che molte volte nascondiamo, la parte piena di insicurezze, in cui riponiamo le nostre paure, le nostre vittorie, un po’ come una pesca: mangiandola si arriva piano piano al nocciolo da dove tutto è iniziato, ed è come imparare a conoscersi davvero, sempre piano piano, senza troppa fretta. 
Arrivare al nocciolo vuol dire spogliarsi da tutto lo strato che c’è prima, della polpa, per arrivare a quel punto in cui ti sembra di essere vulnerabile a qualsiasi cosa, eppure tutti noi sappiamo bene che quel nocciolo non si mangia e non si rompe.

Bene, quel nocciolo siamo noi, i veri noi senza alcuna maschera o strato di zucchero, acqua e tutto ciò che compone un frutto, solo NOI. Lo scopo della vita è riuscire ad arrivare lì, al nocciolo, al punto da conoscere ogni cosa di se stessi, ogni piccolo segreto, ogni piccola e singola parte di sé, e ciò non va dimostrato a nessuno se non a noi stessi.
Inoltre conoscersi, arrivare al centro, vuol dire scoprire anche le nostre predisposizioni che possono essere nell’ambito del lavoro come in quello dello sport. Sapere anche quello che vogliamo fare nella vita, iniziare a pensare alle possibili opzioni da scegliere più avanti, ma, prima di questo, dobbiamo essere sicuri di ciò che stiamo facendo e domandarci: “Sto seguendo la giusta strada?”

Sono orgogliosa di ciò che sto diventando? Saper rispondere a queste domande significa tanto perciò impariamo a conoscerci senza paura di sbagliare e senza arrenderci mai di fronte alle prime difficoltà, ma arrivare fino alla fine per tagliare il traguardo e conquistare il nostro podio.

Articolo di Arianna Gasbarro, 3C

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La mia rimonta

Chi sono io? Un ragazzo di 13 anni, ovvio, o più specificamente un essere umano. Quando mi guardo allo specchio vedo un ragazzo con occhi verdi, capelli castani, 42 di taglia di piedi e di aspetto fisico direi che sono non troppo magro ma nemmeno troppo grosso. Ma vedi, amico specchio, è molto più complesso di così.

Tutti nella nostra vita ci siamo almeno una volta guardati attraverso di te e abbiamo visto chi siamo veramente, perché ci siamo fermati a riflettere. Nel mondo di oggi tutti danno importanza all’aspetto fisico, pre-giudicando una persona qualsiasi non dal suo carattere e dalle sue qualità, ma dal suo aspetto. Questo è un tratto che ha sempre descritto le cattive abitudini della razza umana, pre-giudicare una persona. Giudicarla prima, quindi, senza nemmeno conoscerla. Eppure quando ci guardiamo allo specchio siamo già pregiudicati, beh si da noi stessi: non è lo specchio ma noi siamo gli antagonisti di noi stessi, noi siamo il nostro più grande giudice.

Personalmente quando io mi guardo allo specchio non mi giudico né in modo negativo ma neanche in modo positivo, io sono quello che sono e mi piace così. Mi piace così perché sono felice della mia crescita, interiore ed esteriore. Vedo tutti e due questi cambiamenti. Da piccolo, ad esempio, molte persone erano più alte di me (non significa che io ero basso, anzi ero nella media). Quando arrivò il covid, qualche tempo fa, nel mio paese, io e i miei amici, aimé, ci siamo contagiati. Durò un mese e quattro giorni e furono giorni di inferno, chiuso dentro la mia cameretta senza televisione né vita, ma poi tutto è passato e da lì ho iniziato ad avvertire che in me era avvenuta una grande crescita anzi una grande rimonta come nelle partite: sono cresciuto in altezza, ma anche in altezza interiore, se così si può dire. Questa è stata una delle battaglie più belle della mia crescita anzi della mia evoluzione, che è appena iniziata e chissà quante belle sorprese mi riserva ancora.

Articolo di Federico Curti, 3C

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Ad occhi chiusi

E se essere liberi fosse semplicemente essere felici?

Per parlare di quel che chiamiamo libertà e delle costrizioni che ci sono state nella storia e che ci sono tutt’ora ci metterò un po’, mettetevi comodi.

Nel corso della Storia ci sono state parecchie situazioni riguardanti costrizioni dittatoriali, religiose e sociali. Abbiamo potuto osservare come in alcuni Paesi esisteva la schiavitù, lo sfruttamento minorile, un re o un capo assoluto, e questo ha fatto sì che fin dall’inizio ci siano state evidenti differenze che hanno portato squilibri sociali permanenti tutt’ora.

Prima, ad esempio, anche in Europa, abbiamo avuto casi di monarchia assoluta, ciò significa che c’era una sola persona che regnava su un intero territorio. O delle dominazioni straniere che hanno stremato alcuni territori. Per fortuna ora invece è diverso: in gran parte del mondo le cose vanno molto meglio, anche se -purtroppo- non ovunque. In Italia oggi abbiamo una repubblica parlamentare dove abbiamo sì, un gruppo di persone a rappresentarci, però esso fondamentalmente è scelto dal popolo e poi chi viene eletto prende decisioni per conto dell’intera popolazione. Esistono anche i referendum, per prendere in considerazione il parere della popolazione. In Inghilterra c’è una monarchia costituzionale, invece, in cui c’è una famiglia reale che interagisce con altri organi governativi e si dividono i compiti. In Francia c’è una repubblica semipresidenziale e così via. Con questi dati possiamo renderci conto del fatto che, sebbene le forme di governo siano diverse l’una dell’altra. non abbiamo più sfruttamenti e schiavitù. Facendo ancora un salto nel passato, ma nemmeno troppo lontano, e parlando di duro lavoro degli operai nelle fabbriche, che lavoravano in condizioni assurde e non venivano pagati abbastanza, possiamo tranquillamente osservare che quella non è vita ne tantomeno libertà.

Ecco questa parola così tanto incomprensibile per alcuni, quanto speciale ed importante per altri. Discutiamo quindi di quest’altro lato della medaglia, il più bello, il più emotivo e il più speciale ma a volte anche il più pericoloso.

Detto sinceramente non so dare una vera definizione tecnica alla libertà, può essere interpretata in migliaia di modi diversi e ognuno sicuramente diverso dal primo, infatti, per ognuno di noi essa può essere descritta in modi differenti e personali.

Per me la libertà è essere felici, quindi averla per esserlo.
Secondo me servirebbe solo questo per essere davvero liberi.

In amore, ad esempio, ognuno dovrebbe essere libero di amare la persona con cui è felice, chiunque essa sia. La libertà di essere felici amando qualcuno per me si troverà sempre al primo posto.
Ma non parliamo solo di questo.
Per esempio possiamo dire che nel 1946 la donna ha guadagnato la libertà e il diritto di voto in Italia per la prima volta dopo lunghissime lotte per la parità fra i sessi, che tutt’ora non è ancora completamente uguale.
Poi ci sono la libertà d’espressione, d’istruzione, di salute. Questi sono anche diritti. Forse libertà e diritti sono concetti veramente vicini, affini, quasi gemelli.
Parliamo poi di tutte le libertà portate via a chi viene considerato diverso dalla normalità, per il modo di vestire, per l’orientamento sessuale, per il colore dei capelli, della pelle, per il fisico. Ma  secondo voi esiste davvero una vita in cui le persone vengono considerate “normali”? Oggi, con la situazione che stiamo vivendo, possiamo vedere con i nostri occhi e vivere sulla nostra pelle un esempio di costrizione e di limitazione di libertà, che sfortunatamente dureranno ancora per un po’. Siamo fortunati però se pensiamo che anni fa gli uomini erano costretti a combattere in guerra mentre a noi ci chiedono soltanto di stare in casa per cercare di evitare una malattia e proteggere i più fragili. 

E se essere liberi fosse semplicemente essere felici? Chiudiamo gli occhi, prendiamo un respiro e sorridiamo.

Articolo di Arianna Gasbarro

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Libertà e lockdown: riflessioni da dietro una finestra

Nessuno conosce il senso della libertà fino a quando non gli viene tolta! Questo è ciò
che ci dice Pessoa e credo che abbia perfettamente ragione.

Non avevo mai riflettuto sul significato di questa parola, e nemmeno sulla sua importanza. Oggi, però, posso dire di averne capito tutto il valore e senza che nessuno me l’abbia spiegato. Marzo 2020: dichiarato il lockdown totale in tutta Italia per una pandemia mondiale.

Si diffonde il Covid-19, un virus che colpisce le vie respiratorie e che, se preso in forma grave, può causare la morte. Tutto si ferma: fabbriche, negozi, parrucchieri, uffici, mercati, scuole. Mi sono ritrovato chiuso in casa, come un prigioniero, non potevo uscire nemmeno per una passeggiata. Ogni mio diritto, compreso quello di andare a scuola, è scomparso in un attimo. Ho trascorso quasi tre mesi lontano da tutto e tutti, solo con i miei pensieri e con la paura di questa vita nuova, diversa, strana, piena di solitudine. Mi è mancata l’aria, mi sono sentito svuotato di tutto.

I giorni sono diventati lunghissimi e tutti uguali, potevo guardare il mondo solo da dietro la finestra e, giuro, di aver provato emozioni bruttissime, che non dimenticherò mai.

Le corse all’aria aperta, le partite a calcio, le passeggiate, le risate con i miei amici, erano diventati un sogno. Ho passato ore ed ore sdraiato sul letto, a ricordare questi momenti ed ho pianto tantissimo perché mi accorgevo di non averli più.

Come facevo a non riflettere, a non aver mai riflettuto finora su cosa fosse la libertà e su quanto fosse importante? Mi mancava troppo la mia vita, il virus me l’aveva tolta all’improvviso e non è stato difficile fermarsi a pensare. La libertà è un diritto e sicuramente il più importante. Racchiude l’anima e l’esistenza e l’essenza di ogni essere umano: libertà di pensiero, libertà di azione, libertà di fare scelte, libertà di essere felici. L’ho studiato anche a storia e in letteratura, ma non mi ero mai fermato a leggere e capire con attenzione questa piccola parola.
Popoli interi hanno combattuto per avere l’indipendenza e quindi la libertà. Come dimenticare la Francia, l’Inghilterra, l’Europa e le loro rivoluzioni? L’ Illuminismo è
quel periodo che, secondo me, ha portato davvero grandi cambiamenti nella storia
dell’uomo europeo.
E’ il secolo dei lumi, della ragione, quello che ha svegliato l’essere umano, quello che sosteneva l’uguaglianza, quello che diceva che ognuno deve scegliere la propria felicità, che ognuno deve scegliere la propria religione.
Non è libertà questa? 

Articolo di Nicolas Cordisco

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Tra farfalle e costrizioni: l’importanza di essere liberi

Libertà: una parola di sette lettere che racchiude in sé un mondo, guerre e sacrifici umani di persone che hanno perso la loro vita per conquistarla. Mio padre afferma spesso che la libertà di ognuno finisce quando inizia quella di un altro; ciò significa che non vuol dire “poter fare tutto quello che vogliamo” ma agire nel rispetto delle altre persone.

La libertà è un diritto che è regolato anche nella Costituzione. Abbiamo studiato, tra le molte cose, che l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) è un garante di questo diritto: nessuno potrà essere tenuto in schiavitù né in servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi sono proibiti in tutte le loro forme. O ancora, passando alla letteratura, Ferdinando Pessoa afferma che chi non apprezza la libertà non ha mai conosciuto la costrizione. Condivido pienamente questo pensiero perché solamente quando si subisce o si vive una mancata libertà -che sia di pensiero, di parola, di espressione, di movimento- quindi quando ci viene tolto o soppresso questo diritto, possiamo apprezzarne davvero il valore.
Sempre mio padre, ricordando le parole di Don Luigi Sturzo, mi fa notare che la libertà è come l’aria, se è viziata, si soffre, se è insufficiente, si soffoca e se manca, si muore.
Altro esempio che sento spesso citare è dato dal paragonare la libertà che un genitore può dare ai propri figli a una farfalla: se si mantiene la farfalla chiusa senza farla volare, anche se guidati da uno spirito di protezione, non imparerà mai nulla; se la si libera completamente, la si espone a dei pericoli. Ma non si può non farlo e forse la via di mezzo, dell’equilibrio, è sempre la più giusta.

La storia ci insegna come questo diritto sia stato conquistato con le guerre, con il sangue, ma ci racconta anche di come, in un attimo, a molti uomini è stato negato, totalmente o parzialmente. Possiamo anche dire che sicuramente questi uomini avranno desiderato la
libertà più di ogni altra cosa, invece la generazione di oggi si sofferma poco a riflettere
sull’importanza di questa conquista e sulla sua grandezza. Un tema attuale della limitazione della libertà è rappresentato dalla pandemia: essa ci vede costretti a ridurre i nostri movimenti, le passeggiate, gli abbracci, gli affetti e il nostro stare insieme, anche se per fortuna tutto ciò è solo transitorio e per un fine comune di salvaguardia di un diritto altrettanto importante e fondamentale, il diritto alla salute.

Questa pandemia inoltre ci ha consentito di valutare ancora meglio la differenza tra i sistemi democratici e quelli dittatoriali; quindi anche la libertà che questi sistemi
concedono al popolo. Molti ritengono che il coronavirus abbia limitato la libertà delle persone; per questo ci sono state anche manifestazioni contro il governo che -se pur comprensibili da un lato, perché dettate dall’esasperazione- non credo siano condivisibili, o almeno non per me, perché senza queste misure restrittive ci sarebbero stati molti più contagi e più vittime. Quindi la limitazione della libertà che ognuno di noi ha subito e più o meno ha rispettato, ha contribuito a salvare molte vite umane.
Questi eventi attuali, così come quelli che studiamo sui libri di storia, ci devono far riflettere sull’importanza della libertà: essa va conquistata, poi mantenuta nel tempo e meritata, sempre nel rispetto di quella altrui.

Articolo di Irene Buzzelli


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Un delicatissimo fiore per dirvi BUON ANNO

Violenza: una parola che non riesco nemmeno ad ascoltare, per quanto fa male. Sento in televisione parlare di violenza subita da donne che vengono spesso uccise dai loro mariti, fidanzati o compagni, cioè da persone che dovrebbero amarle, proteggerle e difenderle, o forse, ancora più giustamente, semplicemente rispettarle, in quanto esseri umani. Ho letto che molte di queste violenze si consumano tra le mura di casa, il luogo in cui ognuno di noi si dovrebbe sentire protetto. Questi atti hanno delle ripercussioni anche a livello mentale, poiché spesso le donne che le subiscono arrivano addirittura a giustificare gli autori, pensando che questi gesti non si verificheranno più e invece no, si ripeteranno eccome. Queste donne diventano tristemente deboli, accettando uno schiaffo al posto di una carezza, un pugno invece di un abbraccio, un calcio anziché un bacio.

Attenzione però, perché anche le carezze, l’abbraccio o il bacio non desiderato sono una forma di violenza. Spesso infatti un amore non corrisposto porta l’uomo a vendicarsi verso una donna. A volte penso più per ignoranza: l’amore non può andare a comando. O, ancora, ho sentito giustificare violenze fatte a ragazze perché l’abbigliamento era provocante e quindi invogliava l’uomo a essere l’artefice di questi atti. Sono ovviamente contraria a questo pensiero! Una minigonna o una camicia scollata non potranno mai essere il pretesto di questi vergognosi atti di violenza.

Esiste poi un’altra forma di violenza, quella psicologica, forse la più subdola, tanto che molti la ritengono erroneamente meno aggressiva, meno grave perché forse non lascia lividi ma, essendo provocata delle parole, va a colpire, in modo nascosto, l’autostima. E fa male quanto un pugno, forse anche di più. Esse vanno aiutate; non possiamo rimanere in silenzio davanti a questi orrori! Spesso si subisce perché non si ha la forza di reagire, quindi ognuno di noi ha il dovere morale di stare accanto a queste persone sofferenti e convincerle a denunciare questi abusi. Ed abbiamo il dovere di educare le persone al rispetto, al cambiamento: maschi o femmine che siano!

Il 25 novembre si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ma questo è un fenomeno da combattere tutti i giorni, a scuola ad esempio, oppure sensibilizzando l’opinione pubblica, o attraverso l’operato di centri antiviolenza che possono collaborare con le istituzioni. L’informazione può passare anche attraverso la televisione o canali social più utilizzati dalle nuove generazioni.

Penso che l’unione faccia la forza anche in questi casi, tutti insieme possiamo aiutare le donne vittime di questi atroci soprusi a uscire dal tunnel in cui si trovano e
regalare loro una nuova vita. Ogni vita umana è un delicatissimo fiore che merita un’altra primavera dopo l’inverno.

Vogliamo cominciare così il nuovo anno, con questo articolo contro la violenza sulle donne, ma contro ogni violenza in generale. La cultura è la base da cui partire per sconfiggere ogni violenza. Educare alla conoscenza e all’empatia, quindi, perché le cose cambino davvero. Con lo studio per conoscere e indagare i fatti, e con l’empatia, perché se non ci mettiamo nei panni dell’altro il nostro valore di essere umani non è molto alto.
Noi ci crediamo, e lo mettiamo in pratica giorno dopo giorno nel nostro piccolo.

Buon anno.

Articolo di Irene Buzzelli

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No. Non è un omicidio passionale

Ancora oggi i femminicidi vengono codificati dalla cronaca come “omicidio passionale”, “d’amore”, “momento di gelosia”, quasi si sentisse il bisogno di dare una giustificazione a qualcosa che è in realtà mostruoso. Assurdo, tutto questo è assurdo, perché la morte e la violenza con l’amore non c’entrano niente.
Ai femminicidi, poi, si aggiungono violenze quotidiane e varie forme di abuso che, per secoli, sono stati giustificati o nascosti. Basta tornare indietro al Medioevo, quando una donna non poteva litigare con il marito che subito veniva maltrattata e condannata all’immersione in acqua con lo sgabello. Non dimentichiamo poi la sottomissione e la violenza subita da migliaia di mogli e figlie, nel tempo, costrette a vivere nel silenzio per mantenere il buon nome della famiglia. Si tratta di un bagaglio e di un argomento pesante, che solo ora viene aperto e reso pubblico risvegliando la sensibilità di molti che che semplicemente non volevano né vedere né sentire.

Tutto ciò secondo me può avvenire per diverse ragioni, ma due sono forse più lampanti. La prima è il fatto che per millenni la donna è sempre stata considerata inferiore all’uomo, basti pensare al diritto di voto che è arrivato dopo, per dirne una. In secondo luogo la donna viene spesso considerata più debole rispetto al compagno, dunque è molto facile incutere timore, sottomettere e alzare le mani. Tornando allora ai giorni nostri, ad emancipazione femminile realizzata quasi in pieno, almeno nella nostra parte di mondo, sembra surreale che ci siano donne sottomesse e maltrattate dai proprio compagni, le quali ogni giorno subiscono violenze non solo fisiche ma anche psicologiche e verbali. Eppure ci sono, e sono loro stesse a non denunciare, a sopportare, a sperare che un giorno la situazione possa cambiare in meglio e che l’uomo di cui sono innamorate cambi e si penta. Difficile che qualcuno cambi, uomo o donna che sia.
Nella maggior parte dei casi questo infatti non accade e l’attesa di un miglioramento si trasforma purtroppo nell’attesa della morte. Nessuna di queste donne forse pensa che il proprio fidanzato o marito possa arrivare a tanto però purtroppo succede. Per questo credo che sia fondamentale avere il coraggio di parlare, di farsi aiutare e denunciare: confidarsi con qualcuno potrebbe davvero essere il primo passo verso la libertà, la riconquista della propria dignità e soprattutto è il primo passo verso la salvezza.


La vita è troppo preziosa per trascorrerla accanto a qualcuno che non apprezza, che calpesta la dignità e schiaccia la personalità sfaccettata e bellissima di una donna.

Articolo di Angelica Ianiro