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Attualità: come va il mondo

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(al)la ricerca della felicità

“A proposito di felicità…cercatela tutti i giorni continuamente, anzi chiunque mi ascolti ora si metta in cerca della felicità, ora, in questo momento, perché è lì! Ce l’avete, ce l’abbiamo! Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima, buttate tutto all’aria, i cassetti, i comodini che avete dentro, vedrete che esce fuori”. Queste sono le parole di Benigni, che ci ricorda che, anche in un momento difficile come questo, la felicità non è assenza di problemi, non è solo ricchezza e fortuna, non si identifica nei beni materiali ma in quelli interiori e, come diceva Socrate, “la felicità è da cercare dentro di noi”. E dunque, dove si trova la felicità? Perché a volte è difficile da scovare? La felicità si trova in un sorriso, in un abbraccio, in un viaggio, in una giornata passata in compagnia della tua migliore amica, nella famiglia, in un amore, in un cielo stellato, nel ricevere un complimento, nei piccoli gesti quotidiani.

Ma soprattutto io credo di aver capito una cosa importante: si è felici quando si dona, quando ci si dona. Quando me lo dicevano non ci credevo, ho dovuto sperimentarlo su di me. Ed è tutto vero! Donare è più bello che ricevere, perché dai felicità a qualcuno e quindi, come in uno specchio, quella felicità ti torna indietro di riflesso, ma più grande, più intensa, più profonda. E si è felici quando si ama, si comprendono le ragioni di qualcun altro, quando si impara a tollerare e si agisce coscientemente. Oggi, purtroppo, sembra che molti hanno dimenticato i valori che dovrebbero invece aiutare a vivere. Si agisce spinti dai bisogni materiali. Chissà come si può invertire questa rotta, sarebbe così bello. Gli Illuministi hanno fatto del diritto degli uomini a essere felici uno dei punti chiave del loro movimento. E le loro idee sono servite per Rivoluzioni incredibili, come quella americana e quella francese. Perché non ne siamo più capaci?

La felicità, poi, è anche un qualcosa che è dobbiamo essere capaci di cogliere nel presente, e insieme nel passato e nel futuro: è un concetto che si scopre e riscopre col tempo e che non si limita semplicemente al sorriso o al buon umore, dato che secondo me, anche le esperienze negative fanno parte in qualche modo di questo concetto di felicità: pur essendo cose tristi sul momento, col passare del tempo si trasformeranno in eventi da ricordare e da raccontare. E da cui imparare. E migliorare. E crescere.

Ma la cosa importante è saper godere della felicità ogni giorno, riconoscerla in mezzo alle mille cose delle nostre giornate, perché c’è il rischio che qualcuno la scambi per la mitica pentola d’oro degli gnomi alla fine dell’ arcobaleno: ci sono persone che passano la vita a cercare di trovarla per poi accorgersi, ormai troppo tardi, che la vita è passata.

Arianna Gasbarro, classe IIC

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Diari dalla Quarantena

Caro diario,

Oggi ti scrivo dal silenzio della mia camera, un silenzio ancora più inquietante perché è lo stesso che risuona anche nelle strade del mio paesello, dove ora a farmi compagnia ci sono solo il chicchirichì stridente del gallo e il mio cane che abbaia annoiato quanto me. Cosa sta succedendo? Questa è la domanda che mi faccio più di frequente durante le giornate che trascorrono lente e sempre uguali ormai. Non si va a scuola, non si esce con gli amici, non si va più tutti assieme al supermercato, come facevo di solito con la mia famiglia; i miei genitori non stanno andando più al lavoro, non si va dalla nonna, non si prende la bici e i pochi che vanno in giro usano mascherine. Cosa sta succedendo? Tutto o quasi si è fermato, abbiamo dovuto cambiare, anzi stravolgere le nostre abitudini ed uniformarci a comportamenti che non ci appartengono. Un nemico invisibile quanto forte ci sta attaccando. Questo nemico ha un nome, che sembra quello di un essere alieno venuto direttamente da Marte, lo chiamano Covid 19.

E, se è vero che i genitori sono in grado di riconoscere le paure dei figli, anche noi figli sappiamo leggere negli occhi dei nostri genitori. Mamma e papà continuano a rassicurare me e mia sorella dicendo che bisogna avere pazienza e che tutto andrà bene ma, caro diario, leggo nei loro occhi molta preoccupazione. All’inizio mi sembrava tutto così distante; ora, invece tutto è troppo vicino. Le mie emozioni sono un misto tra paura, noia, preoccupazione, ansia e la domanda principale è: quando tornerà la normalità dei giorni passati? A volte poi mi ritrovo a pensare che forse tutto questo lo abbiamo generato noi. L’umanità con la sua sete insaziabile di potere, di progresso, ha creato questo mostro, forse è un messaggio che la terra ci sta mandando; questo pianeta che abbiamo sfruttato senza pensare alle conseguenze forse ci sta parlando! Da questo “brutto” periodo di quarantena però voglio cogliere anche qualche aspetto positivo….finalmente abbiamo più tempo per parlare tra di noi in famiglia, abbiamo quel tempo che, nella frenesia della quotidianità “normale”, quella prima del virus, insomma, non riuscivamo a trovare: abbiamo tempo per una partita a carte tutti assieme attorno al tavolo della sala, per rispolverare quei vecchi giochi di società che da anni erano chiusi in soffitta, abbiamo tempo per sfogliare gli album delle foto e commentarli. Insomma, abbiamo tempo per riscoprire le cose semplici, ma che trasmettono il calore della famiglia.    

Però la verità è che vorrei solo addormentarmi ed aprire gli occhi domani mattina, sentendo la voce di mamma che mi urla che devo fare in fretta, altrimenti perderò il pullman, uscire di casa con il mio zaino in spalla per entrare nella mia classe e rivedere i miei compagni e i miei professori. Vorrei tanto tornare a quella normalità che mi manca molto! Davvero moltissimo. Spero che tutto questo finisca presto e che possa tramutarsi solo in un brutto ricordo da poter raccontare magari, un giorno, ai miei figli o ai miei nipoti, proprio come il mio bisnonno ha fatto con me con i suoi ricordi di guerra.

Buonanotte, caro diario,

Jacopo

Articolo di Di Franco Jacopo, classe 3A

                                                                                          

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La robotica, la pandemia e l’intelligenza emotiva

La robotica può essere immaginata soltanto come un settore industriale e lavorativo, cosa vera senza dubbio. Ma la verità è che nasce come una vera e propria passione o anche come un modo per liberare la testa dai propri pensieri. La robotica – in piccolo ovviamente – è studiata e praticata, infatti, anche in alcune scuole, ad esempio nell’ istituto di Manutenzione Assistenza Tecnica (MAT), ex scuola “professionale”; o anche in scuole medie ed elementari per svago, proprio per questo suo aspetto accattivante e appassionante.

Quando si parla di robotica non si parla solo del “robot” simile all’uomo che si vede spesso nei film, ma esistono svariati prototipi molto più semplici o molto più complessi, come ad esempio quelli usati a Wuhan per fronteggiare quest’ultima pandemia: infatti i prototipi usati nella grande città cinese facevano sì che i pazienti in quarantena usufruissero di beni primari senza entrare in contatto con altre persone e correre il rischio di contagiarle. E ancora, oltre a questi ultimi, molti prototipi vengono usati in grandi aziende come Amazon, o nelle grandi catene di montaggio come quelle della Ford, Fiat, etc.

Ma dobbiamo fare una differenziazione:

° Machine Planning: ossia robot a cui viene assegnato un compito da svolgere e che deve portare a termine senza pensare o reagire minimamente a quello che ha intorno; come quelli usati nelle catene di montaggio.

° Machine Learning: ossia robot capaci di ascoltare ed imparare, o imparare man mano che “vivono” ; come ad esempio quelli della Amazon ai quali arriva un ordine, loro lo ricevono, si avvicinano allo scaffale desiderato per l’ordine, prendono il prodotto e lo portano direttamente all’ operatore che ha solo il compito di prendere l’ oggetto e imballarlo per poi spedirlo.

La robotica può dunque essere un grande aiuto, come si può intuire, al progresso e alla tecnologia, ma i robot possono essere anche pericolosi: durante uno studio fatto su un prototipo di macchina futura, per esempio, si è venuta a creare una situazione scomoda, ma plausibile nelle molteplici sfaccettature della realtà, per il robot al quale avevano ordinato di portare a termine il suo compito, ossia trasportare 6 persone a casa. Improvvisamente, 10 persone circa hanno attraversato la strada che lui stava percorrendo. Senza fare calcoli o pensare, il robot avrebbe investito le persone che attraversavano e pur di riportare le 6 persone a casa e terminare il compito assegnato. O ancora, durante un altro episodio è successo questo: c’è stato un incontro di scacchi tra il campione mondiale Garry Kasparov e la più grande macchina mai progettata per giocare a scacchi. Nell incontro Kasparov perse perché la macchina formulava centinaia di possibilità al secondo, cosa che all’uomo non potrà mai riuscire. Kasparov, però, volle la rivincita battendo questa volta la macchina che anche se formulava centinaia di possibilità al secondo, perché l’uomo ha, e avrà sempre, per fortuna, quel lampo di genio improvviso, quel guizzo di intelligenza che può portarlo alla vittoria.

Vi ho raccontato questi due episodi per farvi riflettere sul fatto che l’uomo ha un cuore ed un intelligenza di tipo emotivo, quella che conta poi veramente, che un robot non potrà mai avere. Del resto i robot, anche essendo geniali, sono pur sempre opera umana.

Esempio di Machine Learningb
https://youtu.be/JXkMevbjga4

Esempio di Machine Planning
https://youtu.be/VreG1iC65Lc

Articolo di Mattia Di Stadio

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Il 25 aprile è primavera

Il 25 aprile è una festa, il 25 aprile è una primavera: ci ricorda quello che è successo 75 anni fa e che mai dovremmo (e dovremo) dimenticare, ci ricorda i valori fondanti della Repubblica Italiana, che è democratica e antifascista. Ci ricorda che i Partigiani e gli Alleati hanno liberato la nostra penisola dalle stragi e dai soprusi fascisti, dalla guerra e dalla dittatura, dalle macerie fisiche e morali che queste portano.

L’Italia nasce dalla Resistenza, è quello che è oggi grazie a quel momento storico. Come si può non aprire un libro di storia e andare a vedere che cosa è successo, per capire? E come si può, una volta studiato, non festeggiare questa giornata? La Resistenza è patrimonio del popolo italiano, di chi ama la libertà e di chi ama la verità. Non è destra e sinistra, è la differenza tra giusto e sbagliato.

La liberazione del Paese ebbe un costo elevato di vittime militari e civili, quantificabili in oltre 200.000 morti italiani. Morti per la libertà. Su questo dovremmo veramente riflettere, sulla libertà, sui valori che oggi diamo per scontati e che invece sono stati guadagnati con la lotta e con il sacrificio.

E per riflettere possiamo usare una testimonianza che mi ha molto colpito, dice così:


“siamo i vostri fratelli,
figli di queste colline.
Ci fu chiesta la vita,
avevamo poco di più ma la demmo lo stesso
perché voi poteste continuare a sperare
in un mondo più umano.
Non offriteci solo preghiere, ma la rabbia.
Una rabbia feroce
contro chiunque voglia mettere
di nuovo
l’uomo contro l’uomo!”

L’uomo contro l’uomo non ha mai portato a nulla di buono, la Storia lo dimostra. E allora buona festa, buona primavera di rinascita, oggi più che mai, con questo virus che non ci lascia in pace. Io vorrei davvero imparare dal passato, per un futuro più bello.

Articolo di Michele Altieri, IIA

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Imparare la lezione

Cara Prof., come sta?

Io sono molto triste… Nel momento in cui si è chiusa la scuola ero contento e pensavo che mi sarei divertito a giocare con tutti i miei amici. Non pensavo troppo al Coronavirus, anche se i telegiornali cominciavano a parlarne. Si è preso tutto, questo virus: mi ha tolto la libertà, mi ha tolto gli amici, mi ha tolto la scuola, mi ha tolto la tranquillità. Sta ammazzando tante persone e nessuno riesce a fermarlo.

Ho paura di lui perché adesso lo sento troppo vicino a me, non so se già sa che ha colpito anche un mio parente! Qui a casa non si capisce più niente, siamo tutti nervosi, i telefoni squillano di continuo. Questo mostro mi ha fatto piangere un’altra volta. Mi ha fatto rivivere il dolore di tutte le perdite che ho avuto qualche anno fa, mio nonno, i miei zii… Mamma e papà cercano di tranquillizzarmi ma, osservandoli bene, ho capito che la situazione non va bene per niente. Li ascolto di nascosto quando parlano al telefono e ho capito che il Coronavirus ha infettato tutti e due i suoi polmoni.

Mi sento piccolo e tanto solo, prof., e vorrei un suo abbraccio. Non voglio soffrire un’altra volta perché perdere una persona cara fa troppo male. Non voglio sentirmi un’altra volta vuoto, perché poi ci vuole troppo tempo per tornare a sorridere.

In questi giorni guardo molti video sul telefono ed uno mi ha colpito davvero molto. C’è il virus che parla con noi e ci dice che questa è una punizione per tutto il male che l’uomo ha fatto alla terra. È vero perché noi l’abbiamo distrutta. Con il prof. di scienze ho studiato gli ecosistemi e mentre ascoltavo la voce del virus mi sono venuti i brividi perché ha detto la verità. L’uomo ha distrutto i boschi, ha inquinato l’aria, le acque e non si è mai fermato a pensare al male che stavamo facendo alla natura. In questo video il virus ci dice che la terra si sta ribellando e ci sta togliendo tutto per farci riflettere su quanto l’uomo è egoista. Ha ragione. Speriamo di imparare la lezione, speriamo che torni tutto presto come prima, perché a me ha tolto tutto, questo maledetto. Mi mancano tutti i prof: è così brutto studiare a casa, senza vedere i miei amici, è brutto lavorare con un telefono e immaginare le vostre facce. Spero che questo incubo finisca presto e che tutti possano tornare alla normalità. Sarà difficile lo so, molte persone sono morte e questo non si può cambiare. Ma possiamo sicuramente fare qualcosa, quando una situazione non ci piace, come lei dice sempre: anche se non possiamo cambiare gli altri, possiamo migliorare noi stessi. Il momento giusto per farlo è arrivato.

Quanto mi manca, Prof. Le mando un abbraccio grandissimo mentre penso ai suoi sorrisi affettuosi.

Nicolas Cordisco

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“È tempo di”, parte II: spunti di riflessione

Che strana cosa il tempo, a volte sembra scorrere lento, altre vola via in un lampo. Quand’è che per te il tempo vola? Ti sei mai chiesto perché? Parlane.

Per me il tempo passa velocemente quando faccio le cose che mi piacciono, infatti quando vado con papà e Rex all’orto e gioco con lui, o mi godo la bellezza della natura, o vado un po’ in bici o aiuto il mio papà arriva subito il momento di tornare a casa. Invece, ora che siamo costretti a rimanere a casa, il tempo sembra non passare mai. Le giornate sembrano non finire ed ogni giorno sembra uguale al giorno precedente. Quello che ci aiuta un po’ sono le videolezioni che stiamo facendo con i professori e le consegne dei compiti. A scuola, tutto era diverso e molto più bello, potevamo guardare negli occhi i prof, capire meglio le cose e divertirci di più, ma almeno comunque li possiamo vedere. È tutto un po’ strano: è strano non poter stare con i miei amici e chiacchierare con loro, anche di cose stupide e sciocche ma che ora sembrano così importanti; è strano non poter vedere i miei nonni; è strano non avere la “scusa” di andare a fare la spesa con la mia mamma. È strano e anche un po’ triste. Anche il tempo fuori sembra essersi fermato: sembra il periodo natalizio; mi affaccio e c’è la neve sulle montagne e fuori piove tanto, è scuro, ma è primavera! Il tempo forse passa più lentamente ora perché abbiamo corse affannate da fare: il tempo scorre velocemente proprio perché tra gli impegni vari si ha meno tempo per pensare. Ma non va bene evitare di pensare. Forse è questo il segreto: imparare a pensare. Pensiamoci, pensateci.

Mirko Colangelo, IIC

  • Quando penso al tempo mi vengono in mente queste espressioni: oggi, domani, ieri, l’anno scorso, l’anno prossimo, presto o tardi. Da qui capisco che il tempo è legato al passato, al presente e al futuro. Ma il tempo è soprattutto presente, è il momento attuale, è adesso. E mi piace che sia così, perché almeno posso in qualche modo agire su di esso, visto che tanto non lo posso fermare. Quello che so per certo, infatti, è che il tempo non si ferma, nessuno può bloccarlo. Se rifletto, però, io ci credo davvero che può essere un po’ controllato! Oggi, infatti, la tecnologia ha permesso ad ognuno di noi di risparmiarne un po’. Mia mamma, per esempio, lavora da casa senza andare in ufficio: non “spreca” più quei minuti che servono per arrivare sul posto di lavoro. Questo dimostra che un semplice collegamento tra computer le ha fatto guadagnare due ore da poter trascorrere a chiacchierare con me. Questo mi piace, mi fa pensare al tempo libero che è quello che mi attrae di più. Lo ritengo il più importante e forse il più utile perché ci permette di scoprire i nostri veri interessi. E capisco anche perché il tempo a volte scorre veramente lento e altre vola. Non passa mai quando mi annoio oppure quando sono triste o agitato o in attesa di una buona notizia. Nei momenti in cui sono felice, in cui sono preso da qualcosa d’interessante, invece, passa velocissimo. Eppure le ore hanno sempre gli stessi minuti, i minuti hanno sempre gli stessi secondi! Questa cosa mi ha sempre incuriosito e non ho mai trovato delle risposte. Ho 12 anni, forse le troverò più avanti. Forse non passa mai nei momenti in cui vivo quello che non voglio. A scuola, per esempio, le ore di alcune materie volano, altre meno, perché alcune le preferisco. In questo momento il mio tempo è stato fermato da un virus assassino che mi sta costringendo a restare chiuso in casa. Devo imparare ad apprezzare anche questo tempo, a controllarlo un po’ di più, come dicevo prima, provando a fare cose nuove, così da trasformare un tempo “fermo” in un tempo che crea e che regala. Perché il tempo non si può sprecare.

Nicolas Cordisco, IIC

Se aprissimo una qualsiasi enciclopedia e cercassimo la parola “tempo”, troveremo una delle solite e banali definizioni: “concetto di grandezza fondamentale che viene utilizzato per stabilire l’ordine di una serie di eventi”. Questo è ciò che direbbe un qualsiasi scienziato, ma in realtà stiamo parlando di qualcosa che è molto di più di una semplice nozione scientifica. Grande sfida è capire ciò che noi usiamo definire con il termine “tempo”. Per la nostra realtà nulla è più misterioso e sfuggente: il tempo ci appare come la forza più grande dell’universo, che ci accompagna dalla culla alla tomba. Sant’ Agostino nelle sue confessioni diceva: “se nessuno me lo chiede, so cos’è il tempo, ma se mi si chiede di spiegarlo non so cosa dire”. Il tempo si muove in una sola direzione e questa è una delle poche risposte che noi uomini siamo riusciti ad ottenere in questo campo. A volte il tempo scorre molto velocemente, proprio quando ne vorremmo di più; altre volte sembra che non passi mai, quando invece vorremmo che scorra velocemente. Ogni secondo è prezioso e dobbiamo imparare ad utilizzarlo al meglio per evitare di sprecare attimi irrecuperabili della nostra vita.

Arianna Gasbarro, II C

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È tempo (di quarantena)

Che strana cosa il tempo, a volte sembra scorrere lento, altre vola via in un lampo. Quand’è che per te il tempo vola? Ti sei mai chiesto perché? Parlane.

Il tempo è un flusso continuo di secondi, minuti e ore, esso non si può fermare. Il mio parere è che il tempo non c’è solo sul nostro pianeta, ma anche nello spazio e in altri universi cosmici. Noi nasciamo e moriamo in un tempo determinato ma il tempo forse non finisce mai. È un flusso, una fonte di infinito perfetto ed è così unico che, se lo osservi dal punto fisico è sempre uguale, ma dal punto di vista dei sentimenti è ben diverso.

Provo a spiegarmi meglio. Il tempo scorre lentamente quando nella mente ci si annoia o si ha paura: analizzando sono tutte esperienze negative. Il tempo passa in fretta, invece, quando non ci pensi, esempio: se stai ascoltando qualcuno che racconta una cosa interessante o se stai giocando con un amico e subito diventano le otto e te ne devi andare, come mai? Il tempo ti fa scherzi o sei tu che non dai attenzione ad esso?

Al giorno d’oggi, con la quarantena che questo assurdo virus ci impone, stiamo ripensando il tempo, stiamo riscoprendo il tempo lento, che non è sempre male: forse prima andavamo troppo di corsa? Dovremmo riflettere, io ancora non lo so. Mi viene in mente che ci sono state persone nella storia che hanno saputo sfruttare il tempo creando, scrivendo, suonando, progettando nuove architetture o nuove invenzioni, come Newton che, durante la sua quarantena volontaria nella Londa del ‘600, elaborò la teoria della relatività , come abbiamo letto a scuola.

Sarebbe bello se anche noi riuscissimo a sfruttare al meglio questo periodo difficile, riscoprendo non solo il dono di ogni giorno che ci è concesso, ma anche la bellezza di sentirsi vicini anche stando lontani.

Federico Curti, IIC

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Hoppeditz e le rose

Il termine “cultura” deriva dal latino “colere”, cioè “coltivare”. Rappresenta quindi anche un insieme di conoscenze e tradizioni di un popolo che vengono tramandate di generazione in generazione. Nella nostra rubrica andremo ad indagare proprio la cultura di Paesi a noi vicini o di Paesi più lontani, scegliendo punti di vista diversi. Perché crediamo che conoscere le diverse culture sia la chiave per capire il mondo di oggi. Le parole oltre le barriere, appunto, come ci ricorda il titolo della nostra rubrica: parliamo di cultura e di parole.

E oggi, non a caso, vi vorremmo parlare di una delle tradizioni che caratterizza profondamente le cultura di moltissimi paesi, il carnevale. Vi aspettavate il Brasile o Venezia? No, dovreste saperlo, non siamo così banali. E dunque andiamo a farci un giro in terra tedesca.

 Prima però ricordiamo che la Germania si trova nel Centro della nostra bella Europa e che la sua capitale è Berlino. Il nome Germania ha origine dai Romani e significa “Paese dei Germani”, mentre il nome Deutschland compare per la prima volta nella forma Dütiskland nella Kaiserkronik (componimento poetico) e vuol dire “Paese tedesco”. La Germania è la nazione più popolosa dell’Europa ed è tra le più ricche. Qui si parla il tedesco, una lingua indoeuropea ma che appartiene al ramo occidentale delle lingue germaniche. Questo vuol dire che è nata grazie all’influenza della tradizione di testi latini in volgare utilizzati per scopo religioso. Pensate un po’! Il latino infatti fu la lingua veicolare dei dotti europei del passato, un po’ come oggi l’inglese è la lingua base per tutti. Ancora oggi si possono facilmente rintracciare prestiti del latino nella lingua tedesca: Pflanze viene da plantam, pianta; oppure Fenster, da fenestra, finestra.  

Ricordiamo infatti che i Germani vennero in conttato con i Romani e da questo incontro-scontro nacquero i regni romano germanici. Vorremmo dirvi altro sulla parte storica, ma dobbiamo approfondire lingua e cultura in questa sede, quindi torniamo al nostro carnevale, il cui nome, secondo l’interpretazione più diffusa e accreditata viene proprio da latino, carnem levare, “eliminare la carne”, in riferimento al banchetto che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale prima della Quaresima, periodo di digiuno e ritiro spirituale. In alternativa la parola carnualia, “giochi campagnoli”, ha anch’essa un certo seguito. Di sicuro queste feste hanno origini molto antiche, ci fanno fare un salto indietro fino alle dionisiache greche o ai saturnali romani: in entrambi casi, durante queste feste, ci si lasciava andare alla dissolutezza e allo scherzo, bandendo ogni obbligo sociale spesso facilitati dall’uso di indossare una maschera.

Sulla maschera, reale e simbolica, potremmo dire moltissimo ma in questa sede ricordiamo soltanto che, grazie ai banchetti e alle feste del carnevale, il caos sostituiva momentaneamente l’ordine prestabilito, diventando così un momento di rinnovamento simbolico ma molto potente per tantissime culture, su tutto il pianeta.

Questa festa così affascinante, dunque, e piena di significati, è identificata, all’interno della regione tedesca, per tornare a noi, con nomi diversi e si festeggia anche in modi diversi a seconda della città in cui ci troviamo, infatti a Ovest si chiama “Karneval”, al Centro e al Sud “Fastnacht”, mentre in Baviera e in Austria prende il nome di “Fasching”. Ma in ogni caso le “città del carnevale” rimangono Düsseldrof, Kölin e Mains. Ad esempio, a Düsseldrof succede questo: la città rimane in stand by per tre giorni e poi l’apice della festa viene raggiunto il lunedì (rosenmontag, lunedì delle rose) quando chiudono tutti i negozi, uffici e fabbriche e arrivano tantissimi turisti, di solito un milione. L’atmosfera è bellissima! Verso mezzogiorno inizia un gran corteo con carri e maschere che dura per circa quattro ore. In questo lasso di tempo le persone bevono e si divertono, infatti in questi giorni si consuma molta birra, come succede spesso nelle feste tedesche e nordiche in generale. Il motto di questa festa è “Wo früher meine Leber war, ist heute eine Mini-Bar”, cioè “Dove una volta c’era il mio fegato, oggi c’è un mini-bar”. Il Carnevale di Düsseldorf ogni anno anima e colora la città, in particolare l’Altstadt – la “città vecchia”, ed è una festa imperdibile per i cittadini e per i turisti. Ovunque c’è musica, ovunque fiumi di gente ma i balli in costume sono la parte più bella e la maschera tipica è Hoppeditz, figura che simboleggia la pazzia: l’11 novembre (e cioè l’undicesimo giorno dell’undicesimo mese dell’anno, alle 11,11) la città viene consegnata a Hoppeditz e ai suoi amici mezzi matti, che rendono tutto bellissimo e magico.

Che dirvi, allora? Ovunque voi siate, buon carnevale!

Articolo di Ludovica Bruno e Maria Claudia Pio

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Fake News

Cominciamo in maniera diretta: le fake news sono delle false notizie. O notizie esagerate, distorte. Comunque non attendibili.

Quindi è importante essere consapevoli del fatto che oggi esistono articoli che contengono informazioni del tutto o parzialmente inventate e ingannevoli, nate
proprio con lo scopo di disinformare – paradossalmente – attraverso i mezzi di informazione. La fake news dunque è una notizia volontariamente manipolata. In passato la falsa notizia era qualcosa che restava tra chi l’aveva raccontata e la cerchia di chi l’aveva ascoltata. Oggi invece è fin troppo facile diffondere fake news, soprattutto attraverso i social network. E questo vuol dire che in un attimo la notizia potrebbe fare il giro del mondo.

Ci chiediamo allora:
per quale motivo nascono le notizie false? Soprattutto per questioni di business e pubblicità: i siti che condividono le fake news attirano gli utenti che, visualizzando i contenuti, fanno guadagnare i creatori.

Come attirano gli utenti? Con i titoli clik-baiting, in italiano acchiappaclick, che sono quei titoli ben studiati che impressionano gli utenti, che li incuriosiscono anche se non sono veritieri. Ma soprattutto che, dopo aver catturato l’attenzione del lettore, non svelano il contenuto dell’articolo o del video, quindi l’utente è costretto a cliccare se vuole saperne di più.

Come riconoscere le fake news?
La prima cosa da fare è verificare la fonte. Se, per esempio, la notizia viene da un sito non attendibile, mai sentito prima o anche col nome molto simile a un sito vero ma con qualche lettera diversa (anche una sola a volte), è bene insospettirsi.
Si dovrebbe poi leggere con attenzione il pezzo, interamente, e farsi delle domande sull’argomento, ma soprattutto cercare altre informazioni, comparare e confrontare con altre fonti, con altri siti, altri quotidiani etc.
Non ci si deve fidare dei titoli, come dicevamo, ma nemmeno di foto visibilmente ritoccate o di fotomontaggi. E poi, altro piccolo ,a grande accorgimento è quello di non condividere o diffondere una notizia se non si è certi della sua veridicità.

Qui, su questo sito interessantissimo, Fact Checkers, troverete una guida molto accattivante e semplice allo stesso tempo, realizzata in collaborazione con Sky, che insegna come distinguere una fake news e anche un quiz per verificare se hai imparato a farlo. Vi invitiamo a consultarla.

E poi, qui sotto, un utile strumento del MIUR in collaborazione con altri enti che serve per capire la situazione e affrontarla al meglio, ma anche e soprattutto fronteggiarla, visto che ormai è un fenomeno diffuso. Anche se c’è scritto decalogo quando i punti sono solo 8 ci sembra ben fatto. Eccolo qui:

Il 2 aprile, inoltre, è l’International Fact-checking Day, giornata dedicata alla sensibilizzazione contro le notizie false e manipolate.
Concludiamo con una nostra riflessione.
Pensiamo che al giorno d’oggi il business e il denaro influiscano troppo su vari argomenti e vari settori del lavoro e della vita quotidiana; ma soprattutto che la gente deve studiare e informarsi, altrimenti cadranno sempre nella rete delle fake news.

Articolo di Arianna Brescia, Marta Canale e Lucia Lauriente

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Voce del Verbo ODIARE

Gli haters sono utenti che spesso si nascondono dietro falsi profili il cui scopo è solo ed esclusivamente quello di offendere qualcuno, senza motivo. Sono dei bulli del web, denominati anche cyberbulli e diffondono odio online, forti di stare dietro il confine immaginario di una tastiera. L’odio online può avere forme e obiettivi diversi. Si può parlar male di singole persone, di partiti politici o anche di intere classi sociali. Non importa il ruolo o l’età, gli haters prendono di mira tutti, anzi, più si è noti e più aumenta la possibilità di essere vittime di insulti e prese in giro. Naturalmente gli haters non offrono mai argomentazioni logiche e ponderate, non hanno un pensiero ben definito e strutturato, forse non hanno nemmeno un pensiero “loro”, ma solo pensieri “contro”, come se fossero incapaci di ragionamenti costruttivi o come se il loro atteggiamento critico fosse a priori un semplice meccanismo per sfogare la rabbia e la frustrazione.

Impossibile ragionarci, puoi solo dar loro ragione o lasciarli perdere. Questi odiatori sono sempre esistiti, ma sono emersi in tutta la loro evidenza a causa dei social media: prima non erano numerosissimi, potevi scegliere di evitarli o ignorarli, la loro presenza era meno ingombrante e meno fastidiosa. Invece con l’avvento di internet e, in particolare, dei social network, questi haters non puoi più né ignorarli né evitarli. Ci devi fare i conti. Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, ha ribadito di voler costruire un mondo libero dall’odio, lo stesso mondo a cui aspira il 70% dei navigatori del web, che si dichiara stanco dell’ostilità che avvelena i social media, stanco del cosiddetto “hate speech”. Oggi, trovare delle persone che sappiano valorizzare ogni vita, ogni essere umano, sembra davvero difficile e proprio per questo bisogna cercare di eliminare i pensieri negativi che si hanno sulle differenze tra le persone, cercando di vivere tutto in modo più sereno senza offendere o far sentire inadeguato il prossimo, poiché siamo tutti uguali e meritiamo tutti di essere felici.

Gli episodi di violenza e di discriminazione sul web, purtroppo, sono ormai all’ordine del giorno ed inoltre c’è un’enorme diffusione di notizie false che dobbiamo imparare a riconoscere. Su questo scriveremo presto un nuovo articolo, perché il confine tra falsa notizia e verità ci sembra degno di nota e di maggiore riflessione ed esplorazione. Tornando agli haters, nell’ultimo periodo ci sono stati vari insulti e prese in giro su personaggi pubblici come Liliana Segre, attivista politica superstite dell’olocausto e testimone della shoah italiana che il 19 gennaio 2018 è stata nominata senatrice a vita. La Segre ha ricevuto circa 200 insulti e minacce al giorno sui social media e durante un convegno ha così commentato, con un sorriso e una battuta, quell’ondata di aggressività che si è scatenata contro di lei sul web: “Non ne ho letto neanche uno. Sono vecchio stile faccio già fatica con il mio telefonino“.

Ad essere presi di mira sono stati, tra gli altri, anche i Ferragnez, la famosissima coppia formata da Chiara Ferragni (imprenditrice, blogger, designer e influencer italiana) e Federico Leonardo Lucia (in arte Fedez, noto rapper italiano). I due sono stai colpiti fortemente dal fenomeno degli haters, che li hanno insultati soprattutto per la gestione del figlio, nonché per i post e le foto che pubblicano sui social network.

Proprio per discutere dell’uso consapevole della rete e del crescente problema del cyberbullismo e degli haters è stato istituito il SAFER INTERNET DAY, la giornata mondiale per la sicurezza in rete che ha lo scopo di far riflettere i giovani sull’uso della rete. Il SID è un evento di portata internazionale che si svolge ogni anno a febbraio, qui il sito, qualora voleste saperne di più. Questo fenomeno degli odiatori seriali online ci deve però far riflettere in maniera più ampia: come mai queste persone covano così tato odio? Come mai col favore dell’anonimato che utilizzano sul web, dietro il confine immaginario di uno schermo di un pc o di un telefono, queste persone si sentono più forti e in grado di arrivare a offendere? Dovremmo interrogarci su questo. E capire cosa stiamo sbagliando, perché nel 2019 in un mondo che si dice moderno e civile, come il nostro, questo fenomeno ci lascia perplessi.

Mariarita D’Onofrio e Agnese Lauriente, III C