Browsing Category

Attualità: come va il mondo

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Confini Immaginari, Lingue e culture diverse: parole e tradizioni oltre le barriere, Popoli: geostorie tra spazio e tempo

JUHANNUS – SOLSTIZIO D’ESTATE TRA KOKKO E FIORI DI CAMPO

Il solstizio d’estate per molti è il momento più bello dell’anno. In tutto il mondo si festeggia il ritorno della luce, dell’estate, delle giornate lunghissime, dei fiori, del sole.

Vedremo come il solstizio è festeggiato in diversi posto del Mondo. Cominciamo con la Finlandia. Juhannus è la tradizionale festa nazionale finlandese per celebrare il giorno più lungo dell’anno. Poiché segna l’inizio della stagione estiva, molti finlandesi vanno in vacanza simbolicamente proprio quel giorno o se non possono partire fanno piccole gite giornaliere. La fine di giugno è un periodo pieno di eventi, soprattutto perché qui il buio ormai scomparirà per tutta la stagione e si vedranno sempre più spesso i meravigliosi fenomeni del sole di mezzanotte.

Nelle regioni settentrionali della Lapponia Finlandese il Sole resta sopra l’orizzonte per più di 70 giorni consecutivi, sotto il Circolo polare, invece, tramonta ma solo per pochissimo tempo durante la notte e cmq non si può dire che diventi buio davvero.

Le tradizioni principali del solstizio d’estate sono legate ad alcuni elementi principali: sauna e bagno nelle acque pure finlandesi, fiori e fuochi accesi.

Fare la sauna e poi il bagno è simbolo di rigenerazioni in tutte le culture nordiche, oltre ad essere una importante pratica di benessere, soprattutto per la circolazione.
Secondo una credenza popolare, poi, se una giovane ragazza ripone sette fiori appena colti sotto il suo guanciale prima di addormentarsi il giorno del solstizio d’estate, riuscirà a sognare il suo futuro fidanzato.
E infine i falò, cioè i kokko. Di solito si accendono il giorno di San Giovanni (Juhannus appunto) per il solstizio d’estate, in zone controllate e sicure per bruciare gli spiriti maligni e purificare l’atmosfera.
Nei tempi passati il solstizio d’estate era considerato un momento magico, di passaggio, con varie tradizioni legate alla fertilità, all’abbondanza e all’amore. Non a caso molti matrimoni sono organizzati proprio in questo periodo, complici le temperature più favorevoli.

“uhannus è un momento di transizione fra due mondi, quello del buio e quello della luce e infatti, per attirare la buona sorte luminosa e gli spiriti amici i finlandesi amano divertirsi facendo rumore e bevendo molto, brindando alla vita che con l’estate torna a esplodere. 

Articolo di redazione della classe 2A

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Frontiere e confini, Lingue e culture diverse: parole e tradizioni oltre le barriere, Popoli: geostorie tra spazio e tempo

L’Amazzonia tra natura e cultura

foresta tropicale
Eliconia

Le foreste tropicali sono dei biomi che si sviluppano nelle zone equatoriali, cioè nelle aree dove le temperature elevate e le forti precipitazioni durante tutto l’anno,
permettono alla vegetazione di restare sempre verdi, rigogliose, potentissime.
Queste foreste si trovano in Africa, Asia e America Latina, in quest’ultima è collocata la più importante di tutte, l’Amazzonia. Anche se occupano “solo” il 7% delle terre emerse, le foreste tropicali racchiudono più della metà di tutte le specie animali e vegetali del mondo intero: una biodiversità incredibile!

L’Amazzonia è la più antica foresta pluviale del mondo: ha 100 milioni di anni, si
sviluppa in un’immensa pianura alluvionale compresa tra il massiccio della
Guayana a nord e l’altopiano del Brasile a sud, l’oceano Atlantico a est e la
Cordigliera delle Ande a ovest. Con una superfice di 6,7 milioni di chilometri
quadrati, è la più vasta e variegata foresta tropicale e pluviale della Terra e il più
grande bacino fluviale del pianeta. La regione corrisponde per gran parte al bacino
del Rio delle Amazzoni, si estende dalle Ande fino all’Oceano Atlantico, e si trova
per circa due terzi in Brasile, mentre la zona rimanente si divide tra Colombia,
Ecuador, Perù, Bolivia, Venezuela, Suriname, Guyana e Guayana Francese.
L’area
è coperta prevalentemente da una fitta foresta pluviale umida tropicale, intervallata
da savane, praterie, paludi, bambù e foreste di palme che costituiscono ecosistemi
unici e una ricchezza ineguagliabile in termini di biodiversità acquatica e terrestre.
Basti pensare che il 10% delle specie conosciute sulla Terra provengono
dall’Amazzonia. Il più grande numero di specie di pesci d’acqua dolce al mondo si
trova in questa regione (circa 3.000) a cui si aggiungono 427 specie di mammiferi,
1.300 di uccelli, 378 di rettili e 427 di anfibi. Inoltre in questo vasto bioma il 75%
delle 40.000 specie di piante presenti sono uniche ed endemiche. Lo stesso livello
di diversità si riscontra per gli invertebrati: ogni 2,5 kmq di foresta si possono
rilevare circa 50.000 specie diverse di insetti.

L’Amazzonia gioca un ruolo fondamentale nella stabilità del clima regionale e globale, non solo perché la sua vegetazione trattiene il carbonio, ma anche perché grazie al suo immenso bacino idrografico facilita la circolazione dell’aria che dall’Oceano Atlantico si muove verso le Ande orientali.


Cascata do Caracol (Canela, Brasile)

Tutta questa abbondanza di risorse naturali non è sfuggita al gigantesco appetito dello sviluppo economico e delle multinazionali che ne sfruttano il territorio e le materie prime su scala industriale. Infatti il più grande nemico di questi ecosistemi è l’uomo.

La deforestazione è uno dei principali problemi a cui le foreste tropicali vanno incontro: non solo le piante, ma anche gli animali che ci vivono sono in serio pericolo. Più della metà delle foreste tropicali del mondo sono state distrutte in modo irrimediabile. L’Amazzonia è un grande “produttore” di ossigeno, unico “antidoto” per l’effetto serra: l’accumulo nell’atmosfera di anidride carbonica e di altri gas e il conseguente trattenimento del calore solare, ha portato negli ultimi 130 anni a un riscaldamento della superficie terrestre. Se questo fenomeno non si fermasse le conseguenze potrebbero essere catastrofiche: evaporazione dei mari, scioglimento
dei ghiacci polari, scomparsa di molte forme di vita. Un patrimonio dell’umanità; una riserva di ossigeno per il mondo che dobbiamo assolutamente tutelare.

Non solo natura: l’Amazzonia è anche un territorio in cui vivono popoli indigeni. Sono circa 400 i popoli, con circa un milione di persone, che vivono nelle foreste amazzoniche.


Comunità come quelle dei Karipuna, Guarani, Yanomani, Kichwa, Shuar, Wajapi spesso vivono in isolamento volontario o non sono mai stati a contatto con il mondo esterno. Tribù che con la loro storia e con le loro tradizioni rispettose della Natura che li circonda hanno contribuito a plasmare e proteggere la biodiversità di questi
grandi ecosistemi
. L’Amazzonia è abitata da società che hanno in comune
molti tratti culturali, ma le cui lingue sono caratterizzate da una grande diversità. Ci
sono circa 330 lingue esistenti. Nonostante le disparità, il contatto a lungo termine
tra molti dei linguaggi, ha creato somiglianze tra molte lingue confinanti che non
sono geneticamente correlate tra loro. Le piccole tribù parlano anche l’inglese, che
viene utilizzato come una delle loro lingue secondarie. Gli indigeni che vivono in
questi territori devono adattarsi alle condizioni ambientali presenti, ad esempio il
cibo. La principale fonte di proteine per queste tribù ​​è il pesce, seguito dalla caccia
di pecari, tapiri, roditori e scimmie. L’espansione agricola, con la sua versione del
taglia e brucia, è iniziata sulle montagne delle Ande occidentali e si è estesa sulla
maggior parte dei principali fiumi in Amazzonia.
Alcuni gruppi, in particolare quelli
che si basano sull’agricoltura, sono piuttosto aggressivi e inclini ad attaccare i loro
vicini. Tuttavia, esistono relazioni simbiotiche tra le diverse civiltà: ad esempio i
Tucanoans, che si basano sull’agricoltura, commerciano con i Nadahup, che sono
cacciatori-raccoglitori. Questi ultimi forniscono carne animale dalla selva e veleno
ottenuto da pesce, e in cambio ricevono farina di tapioca dalle piantagioni
Tucanoan, così come la ceramica.


Le tribù di indios esistenti in Amazzonia sono numerosissime; vediamone qualcuna.

I Tupi erano una delle più importanti popolazioni indigene del Brasile. Gli studiosi
ritengono che inizialmente si stabilirono nella foresta amazzonica. Erano divisi in
diverse tribù costantemente in guerra tra loro. I Tupi mangiavano i resti dei parenti morti come una forma d’onore e rispetto per i defunti. Il fenomeno dei rituali di cannibalismo in Brasile è diminuito costantemente dopo il contatto europeo e l’intervento religioso.

Gli Ye’kuana, sono una tribù che abita case con struttura circolare con un tetto a forma di cono fatto di foglie di palma. Costruire una atta, nome di queste abitazioni, è considerata una attività spirituale in cui il gruppo riproduce la grande casa cosmica del Creatore.

Gli Awá (o Guajá) sono un gruppo in via di estinzione di indios che vivono nella parte
orientale della foresta amazzonica del Brasile. Ci sono circa 350 membri, e 100 di
loro non hanno alcun contatto con il mondo esterno. Originariamente vivevano in
insediamenti, ma hanno adottato uno stile di vita nomade, circa nel 1800, per
sfuggire alle incursioni da parte degli europei. Nel corso del 19° secolo, furono
sempre più sotto attacco da parte dei coloni, che hanno eliminato la maggior parte
delle foreste dalla loro terra. Dalla metà degli anni 1980 in poi, alcuni Awá si sono
trasferiti in insediamenti stabiliti, ma per la maggior parte sono stati in grado di
mantenere il loro stile di vita tradizionale, in cui vivono del tutto nelle loro foreste.

Rio Negro

L’Amazzonia quindi è territorio di molte tribù che rappresentano un patrimonio
genetico, sociale e culturale unico al mondo e la cui distruzione equivale a bruciare
un libro di storia senza averlo letto.

Articolo di Greta Mannella e Lara Pacella, classe 3B

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Confini Reali, Contaminazioni, Frontiere e confini, Geologia, Tra le placche

Rift Evolution


Il Sistema Di Rift Valleys Africane Secondo John Walter Gregory, 1920

Le rift valleys (sì, al plurale) sono delle grandi fratture della crosta terrestre all’interno delle masse continentali che si allargano e si allontanano pian piano, nel tempo, anticipando la formazione di un nuovo oceano tra di esse. In Africa, come mostra la cartina appena sopra, c’è un sistema complesso di rift valleys. Ma veniamo a noi. La Rift Valley, quella che tutti abbiamo sempre sentito nominare, è un’enorme frattura geologica che scorre lungo tutto il bordo orientale africano, dalla depressione della Dancalia fino al Sudafrica e continua fino alla Siria attraverso il Mar Rosso, lungo un asse che va dal mar Morto alla valle del fiume Giordano. Le crepe crostali si trovano in tutto il mondo, ma quella dell’Africa orientale è la più grande.  Questa rottura si è creata dalla separazione delle placche tettoniche africana e araba. La potremmo definire anche una spaccatura (nella crosta terrestre ovviamente) e dobbiamo sapere che si estende per circa 6000 km, che è larga da 30 a 100 km e che in alcuni punti raggiunge la profondità di 1200 metri.

Questo processo geologico è iniziato 35 milioni di anni fa e ha causato un forte cambiamento climatico e ambientale: la fine delle foreste rigogliose che coprivano quasi tutto il continente e la creazione, coi processi di orogenesi e la nascita di nuove catene montuose, di una barriera che si è opposta alla circolazione dell’aria umida proveniente dal mare che ha reso il clima più caldo e secco e l’ambiente più arido.

Il movimento che ha provocato la spaccatura 35 milioni di anni fa prosegue anche oggi, naturalmente, ed è destinato a separare il Corno d’Africa dal resto del continente. Tutta quest’area lungo la quale si snoda la Rift Valley è fortemente sismica e vulcanica. Sono infatti di origine vulcanica i monti Kilimangiaro e il Kenya, ma anche il monte Meru, l’Elgon e il vulcano Ol Doinyo Lengai, che è l’unico vulcano natrocarbonitico del mondo (cioè con presenza di carbonati). Si capisce subito che è un posto incredibile! Nella parte meridionale del Mar Rosso, poi, la Rift Valley si separa in due direzioni diverse, verso est e verso sud. La zona della diramazione è chiamata triangolo di Afar o depressione della Dancalia: siamo in Etiopia e questo è un posto che vi lascerà senza fiato. Vi facciamo vedere una foto che vale più di mille parole e che descrive perfettamente la spettacolarità di questo posto:

Dancalia

La Rift Valley, inoltre, è stata una grande fonte di scoperte paleoantropologiche: i sedimenti della valle, provenienti dall’erosione degli altopiani circostanti, crearono un ambiente favorevole alla preservazione dei resti umani. Sono infatti state trovate numerose ossa di ominidi, antenati degli umani, tra cui anche quelle della famosa “Lucy”, uno scheletro quasi completo di australopiteco.
Tutto il sistema di rift valleys africane rappresenta un ambiente unico per capire bene e studiare l’origine e l’evoluzione dell’uomo: questo posto è infatti considerato la culla dell’umanità, ossia il luogo in cui si è evoluta e diversificata la nostra specie negli ultimi milioni di anni.

Rift Evolution, allora, come dice il titolo, perché ci sono posti sulla terra che più di altri ci insegnano che è tutto è in evoluzione insieme a noi. E che dalle spaccature entra la luce, e l’evoluzione cos’è, se non luce?


There is a crack in everything, that’s how the light gets in. (L. Cohen)
Articolo di Michele Altieri, 3A

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, La linea sottile tra presente e futuro, Sostenibilità

Urbano VS Rurale

Il brano di Marcovaldo che abbiamo letto a scuola mi ha fatto riflettere sulle differenza tra la vita di campagna e quella di città. Credo che ognuno di noi almeno una volta nella vita si sia posto la domanda “dove è meglio vivere”. Al giorno d’oggi le persone che abbandonano la campagna per trasferirsi in città sono molte, è la tendenza degli ultimi decenni se ci pensiamo. Il primo motivo che spinge a spostarsi è il lavoro, perché la città come sappiamo offre più opportunità lavorative. Dipende anche dalla personalità di ognuno, dalle abitudini, dagli stili di vita ecc. La vita di città, ad ogni modo, ha vantaggi e svantaggi ed è molto diversa da quella di campagna che, allo stesso modo, ha pro e contro.

In città la vita non si può certo definire noiosa perché si ha la possibilità di fare tantissime cose, frequentare teatri, musei, bar di ogni genere, ristoranti, cinema, scuole, palestre, negozi, avere ospedali e studi medici vicino casa, mezzi di trasporto che permettono di spostarsi da un luogo ad un altro. Insomma qualsiasi cosa ci viene in mente è a nostra disposizione. Anche la vita sociale è diversa perché possiamo frequentare gli amici, studiare insieme, parlare e confrontarci a vicenda con estrema facilità e soprattutto confrontarsi con molta più gente, rispetto a un paese medio piccolo. Dietro tutto questo però ci sono anche molti svantaggi. Infatti in città non c’è tranquillità, silenzio e relax, come quelli che invece abbiamo in campagna: quella in città è una vita frenetica, ogni giorno dobbiamo tener conto del traffico, dei parcheggi che non si trovano facilmente e, non ultimo, dell’inquinamento. C’è troppo cemento e palazzi che non permettono di vedere i colori delle stagioni. A meno che non si è attentissimi osservatori come il nostro personaggio di Calvino.

In campagna invece le vite scorrono proprio in base alle stagioni, in maniera semplice, naturale, ciclica: la vita rurale ci offre aria pulita, ci si può immergere nella natura con estrema facilità, camminare tra gli altri, riscoprire noi stessi, sentire il rumore di un ruscello, il cinguettio degli uccelli e chi ama gli animali può tenerli senza che nessuno intorno si lamenti. La nostra salute è sicuramente migliore senza stress ed ansie e con un livello di inquinamento sicuramente inferiore. Anche la nostra alimentazione è diversa, troviamo facilmente prodotti bio a km 0 oppure abbiamo la possibilità di coltivare un nostro orticello, allevare il bestiame ecc. Anche la campagna però ha i suoi svantaggi. Purtroppo ci sono meno opportunità di lavoro, mancanza di servizi principali, soprattutto manca la vita sociale. Infatti spesso viviamo isolati e lontani dal mondo tecnologico, a volte ancora senza wifi in alcuni piccoli centri, specialmente dell’Italia interna, appenninica e non solo, e per spostarci è necessario avere una macchina o un qualsiasi mezzo di trasporto, altrimenti tutto è più difficile.
Io che abito in un paese di montagna sarei curioso almeno una volta di vivere un periodo in città, per potermi rendere conto delle differenze e delle difficoltà. Magari quando crescerò andrò a studiare fuori e lo sperimenterò. Ma allo stesso tempo, per ora, preferisco la campagna, perché trovo sia fondamentale vivere in natura. Secondo natura, anche.

Articolo di Paolo Lanno, classe 3C

Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diritto e Costituzione: tra libertà e senso civico

Ad occhi chiusi

E se essere liberi fosse semplicemente essere felici?

Per parlare di quel che chiamiamo libertà e delle costrizioni che ci sono state nella storia e che ci sono tutt’ora ci metterò un po’, mettetevi comodi.

Nel corso della Storia ci sono state parecchie situazioni riguardanti costrizioni dittatoriali, religiose e sociali. Abbiamo potuto osservare come in alcuni Paesi esisteva la schiavitù, lo sfruttamento minorile, un re o un capo assoluto, e questo ha fatto sì che fin dall’inizio ci siano state evidenti differenze che hanno portato squilibri sociali permanenti tutt’ora.

Prima, ad esempio, anche in Europa, abbiamo avuto casi di monarchia assoluta, ciò significa che c’era una sola persona che regnava su un intero territorio. O delle dominazioni straniere che hanno stremato alcuni territori. Per fortuna ora invece è diverso: in gran parte del mondo le cose vanno molto meglio, anche se -purtroppo- non ovunque. In Italia oggi abbiamo una repubblica parlamentare dove abbiamo sì, un gruppo di persone a rappresentarci, però esso fondamentalmente è scelto dal popolo e poi chi viene eletto prende decisioni per conto dell’intera popolazione. Esistono anche i referendum, per prendere in considerazione il parere della popolazione. In Inghilterra c’è una monarchia costituzionale, invece, in cui c’è una famiglia reale che interagisce con altri organi governativi e si dividono i compiti. In Francia c’è una repubblica semipresidenziale e così via. Con questi dati possiamo renderci conto del fatto che, sebbene le forme di governo siano diverse l’una dell’altra. non abbiamo più sfruttamenti e schiavitù. Facendo ancora un salto nel passato, ma nemmeno troppo lontano, e parlando di duro lavoro degli operai nelle fabbriche, che lavoravano in condizioni assurde e non venivano pagati abbastanza, possiamo tranquillamente osservare che quella non è vita ne tantomeno libertà.

Ecco questa parola così tanto incomprensibile per alcuni, quanto speciale ed importante per altri. Discutiamo quindi di quest’altro lato della medaglia, il più bello, il più emotivo e il più speciale ma a volte anche il più pericoloso.

Detto sinceramente non so dare una vera definizione tecnica alla libertà, può essere interpretata in migliaia di modi diversi e ognuno sicuramente diverso dal primo, infatti, per ognuno di noi essa può essere descritta in modi differenti e personali.

Per me la libertà è essere felici, quindi averla per esserlo.
Secondo me servirebbe solo questo per essere davvero liberi.

In amore, ad esempio, ognuno dovrebbe essere libero di amare la persona con cui è felice, chiunque essa sia. La libertà di essere felici amando qualcuno per me si troverà sempre al primo posto.
Ma non parliamo solo di questo.
Per esempio possiamo dire che nel 1946 la donna ha guadagnato la libertà e il diritto di voto in Italia per la prima volta dopo lunghissime lotte per la parità fra i sessi, che tutt’ora non è ancora completamente uguale.
Poi ci sono la libertà d’espressione, d’istruzione, di salute. Questi sono anche diritti. Forse libertà e diritti sono concetti veramente vicini, affini, quasi gemelli.
Parliamo poi di tutte le libertà portate via a chi viene considerato diverso dalla normalità, per il modo di vestire, per l’orientamento sessuale, per il colore dei capelli, della pelle, per il fisico. Ma  secondo voi esiste davvero una vita in cui le persone vengono considerate “normali”? Oggi, con la situazione che stiamo vivendo, possiamo vedere con i nostri occhi e vivere sulla nostra pelle un esempio di costrizione e di limitazione di libertà, che sfortunatamente dureranno ancora per un po’. Siamo fortunati però se pensiamo che anni fa gli uomini erano costretti a combattere in guerra mentre a noi ci chiedono soltanto di stare in casa per cercare di evitare una malattia e proteggere i più fragili. 

E se essere liberi fosse semplicemente essere felici? Chiudiamo gli occhi, prendiamo un respiro e sorridiamo.

Articolo di Arianna Gasbarro

Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diritto e Costituzione: tra libertà e senso civico, Frontiere e confini, La linea sottile tra presente e futuro

Libertà e lockdown: riflessioni da dietro una finestra

Nessuno conosce il senso della libertà fino a quando non gli viene tolta! Questo è ciò
che ci dice Pessoa e credo che abbia perfettamente ragione.

Non avevo mai riflettuto sul significato di questa parola, e nemmeno sulla sua importanza. Oggi, però, posso dire di averne capito tutto il valore e senza che nessuno me l’abbia spiegato. Marzo 2020: dichiarato il lockdown totale in tutta Italia per una pandemia mondiale.

Si diffonde il Covid-19, un virus che colpisce le vie respiratorie e che, se preso in forma grave, può causare la morte. Tutto si ferma: fabbriche, negozi, parrucchieri, uffici, mercati, scuole. Mi sono ritrovato chiuso in casa, come un prigioniero, non potevo uscire nemmeno per una passeggiata. Ogni mio diritto, compreso quello di andare a scuola, è scomparso in un attimo. Ho trascorso quasi tre mesi lontano da tutto e tutti, solo con i miei pensieri e con la paura di questa vita nuova, diversa, strana, piena di solitudine. Mi è mancata l’aria, mi sono sentito svuotato di tutto.

I giorni sono diventati lunghissimi e tutti uguali, potevo guardare il mondo solo da dietro la finestra e, giuro, di aver provato emozioni bruttissime, che non dimenticherò mai.

Le corse all’aria aperta, le partite a calcio, le passeggiate, le risate con i miei amici, erano diventati un sogno. Ho passato ore ed ore sdraiato sul letto, a ricordare questi momenti ed ho pianto tantissimo perché mi accorgevo di non averli più.

Come facevo a non riflettere, a non aver mai riflettuto finora su cosa fosse la libertà e su quanto fosse importante? Mi mancava troppo la mia vita, il virus me l’aveva tolta all’improvviso e non è stato difficile fermarsi a pensare. La libertà è un diritto e sicuramente il più importante. Racchiude l’anima e l’esistenza e l’essenza di ogni essere umano: libertà di pensiero, libertà di azione, libertà di fare scelte, libertà di essere felici. L’ho studiato anche a storia e in letteratura, ma non mi ero mai fermato a leggere e capire con attenzione questa piccola parola.
Popoli interi hanno combattuto per avere l’indipendenza e quindi la libertà. Come dimenticare la Francia, l’Inghilterra, l’Europa e le loro rivoluzioni? L’ Illuminismo è
quel periodo che, secondo me, ha portato davvero grandi cambiamenti nella storia
dell’uomo europeo.
E’ il secolo dei lumi, della ragione, quello che ha svegliato l’essere umano, quello che sosteneva l’uguaglianza, quello che diceva che ognuno deve scegliere la propria felicità, che ognuno deve scegliere la propria religione.
Non è libertà questa? 

Articolo di Nicolas Cordisco

Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diritto e Costituzione: tra libertà e senso civico, Frontiere e confini

Tra farfalle e costrizioni: l’importanza di essere liberi

Libertà: una parola di sette lettere che racchiude in sé un mondo, guerre e sacrifici umani di persone che hanno perso la loro vita per conquistarla. Mio padre afferma spesso che la libertà di ognuno finisce quando inizia quella di un altro; ciò significa che non vuol dire “poter fare tutto quello che vogliamo” ma agire nel rispetto delle altre persone.

La libertà è un diritto che è regolato anche nella Costituzione. Abbiamo studiato, tra le molte cose, che l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) è un garante di questo diritto: nessuno potrà essere tenuto in schiavitù né in servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi sono proibiti in tutte le loro forme. O ancora, passando alla letteratura, Ferdinando Pessoa afferma che chi non apprezza la libertà non ha mai conosciuto la costrizione. Condivido pienamente questo pensiero perché solamente quando si subisce o si vive una mancata libertà -che sia di pensiero, di parola, di espressione, di movimento- quindi quando ci viene tolto o soppresso questo diritto, possiamo apprezzarne davvero il valore.
Sempre mio padre, ricordando le parole di Don Luigi Sturzo, mi fa notare che la libertà è come l’aria, se è viziata, si soffre, se è insufficiente, si soffoca e se manca, si muore.
Altro esempio che sento spesso citare è dato dal paragonare la libertà che un genitore può dare ai propri figli a una farfalla: se si mantiene la farfalla chiusa senza farla volare, anche se guidati da uno spirito di protezione, non imparerà mai nulla; se la si libera completamente, la si espone a dei pericoli. Ma non si può non farlo e forse la via di mezzo, dell’equilibrio, è sempre la più giusta.

La storia ci insegna come questo diritto sia stato conquistato con le guerre, con il sangue, ma ci racconta anche di come, in un attimo, a molti uomini è stato negato, totalmente o parzialmente. Possiamo anche dire che sicuramente questi uomini avranno desiderato la
libertà più di ogni altra cosa, invece la generazione di oggi si sofferma poco a riflettere
sull’importanza di questa conquista e sulla sua grandezza. Un tema attuale della limitazione della libertà è rappresentato dalla pandemia: essa ci vede costretti a ridurre i nostri movimenti, le passeggiate, gli abbracci, gli affetti e il nostro stare insieme, anche se per fortuna tutto ciò è solo transitorio e per un fine comune di salvaguardia di un diritto altrettanto importante e fondamentale, il diritto alla salute.

Questa pandemia inoltre ci ha consentito di valutare ancora meglio la differenza tra i sistemi democratici e quelli dittatoriali; quindi anche la libertà che questi sistemi
concedono al popolo. Molti ritengono che il coronavirus abbia limitato la libertà delle persone; per questo ci sono state anche manifestazioni contro il governo che -se pur comprensibili da un lato, perché dettate dall’esasperazione- non credo siano condivisibili, o almeno non per me, perché senza queste misure restrittive ci sarebbero stati molti più contagi e più vittime. Quindi la limitazione della libertà che ognuno di noi ha subito e più o meno ha rispettato, ha contribuito a salvare molte vite umane.
Questi eventi attuali, così come quelli che studiamo sui libri di storia, ci devono far riflettere sull’importanza della libertà: essa va conquistata, poi mantenuta nel tempo e meritata, sempre nel rispetto di quella altrui.

Articolo di Irene Buzzelli


Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diversità e disabilità

Un delicatissimo fiore per dirvi BUON ANNO

Violenza: una parola che non riesco nemmeno ad ascoltare, per quanto fa male. Sento in televisione parlare di violenza subita da donne che vengono spesso uccise dai loro mariti, fidanzati o compagni, cioè da persone che dovrebbero amarle, proteggerle e difenderle, o forse, ancora più giustamente, semplicemente rispettarle, in quanto esseri umani. Ho letto che molte di queste violenze si consumano tra le mura di casa, il luogo in cui ognuno di noi si dovrebbe sentire protetto. Questi atti hanno delle ripercussioni anche a livello mentale, poiché spesso le donne che le subiscono arrivano addirittura a giustificare gli autori, pensando che questi gesti non si verificheranno più e invece no, si ripeteranno eccome. Queste donne diventano tristemente deboli, accettando uno schiaffo al posto di una carezza, un pugno invece di un abbraccio, un calcio anziché un bacio.

Attenzione però, perché anche le carezze, l’abbraccio o il bacio non desiderato sono una forma di violenza. Spesso infatti un amore non corrisposto porta l’uomo a vendicarsi verso una donna. A volte penso più per ignoranza: l’amore non può andare a comando. O, ancora, ho sentito giustificare violenze fatte a ragazze perché l’abbigliamento era provocante e quindi invogliava l’uomo a essere l’artefice di questi atti. Sono ovviamente contraria a questo pensiero! Una minigonna o una camicia scollata non potranno mai essere il pretesto di questi vergognosi atti di violenza.

Esiste poi un’altra forma di violenza, quella psicologica, forse la più subdola, tanto che molti la ritengono erroneamente meno aggressiva, meno grave perché forse non lascia lividi ma, essendo provocata delle parole, va a colpire, in modo nascosto, l’autostima. E fa male quanto un pugno, forse anche di più. Esse vanno aiutate; non possiamo rimanere in silenzio davanti a questi orrori! Spesso si subisce perché non si ha la forza di reagire, quindi ognuno di noi ha il dovere morale di stare accanto a queste persone sofferenti e convincerle a denunciare questi abusi. Ed abbiamo il dovere di educare le persone al rispetto, al cambiamento: maschi o femmine che siano!

Il 25 novembre si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ma questo è un fenomeno da combattere tutti i giorni, a scuola ad esempio, oppure sensibilizzando l’opinione pubblica, o attraverso l’operato di centri antiviolenza che possono collaborare con le istituzioni. L’informazione può passare anche attraverso la televisione o canali social più utilizzati dalle nuove generazioni.

Penso che l’unione faccia la forza anche in questi casi, tutti insieme possiamo aiutare le donne vittime di questi atroci soprusi a uscire dal tunnel in cui si trovano e
regalare loro una nuova vita. Ogni vita umana è un delicatissimo fiore che merita un’altra primavera dopo l’inverno.

Vogliamo cominciare così il nuovo anno, con questo articolo contro la violenza sulle donne, ma contro ogni violenza in generale. La cultura è la base da cui partire per sconfiggere ogni violenza. Educare alla conoscenza e all’empatia, quindi, perché le cose cambino davvero. Con lo studio per conoscere e indagare i fatti, e con l’empatia, perché se non ci mettiamo nei panni dell’altro il nostro valore di essere umani non è molto alto.
Noi ci crediamo, e lo mettiamo in pratica giorno dopo giorno nel nostro piccolo.

Buon anno.

Articolo di Irene Buzzelli

Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diversità e disabilità

No. Non è un omicidio passionale

Ancora oggi i femminicidi vengono codificati dalla cronaca come “omicidio passionale”, “d’amore”, “momento di gelosia”, quasi si sentisse il bisogno di dare una giustificazione a qualcosa che è in realtà mostruoso. Assurdo, tutto questo è assurdo, perché la morte e la violenza con l’amore non c’entrano niente.
Ai femminicidi, poi, si aggiungono violenze quotidiane e varie forme di abuso che, per secoli, sono stati giustificati o nascosti. Basta tornare indietro al Medioevo, quando una donna non poteva litigare con il marito che subito veniva maltrattata e condannata all’immersione in acqua con lo sgabello. Non dimentichiamo poi la sottomissione e la violenza subita da migliaia di mogli e figlie, nel tempo, costrette a vivere nel silenzio per mantenere il buon nome della famiglia. Si tratta di un bagaglio e di un argomento pesante, che solo ora viene aperto e reso pubblico risvegliando la sensibilità di molti che che semplicemente non volevano né vedere né sentire.

Tutto ciò secondo me può avvenire per diverse ragioni, ma due sono forse più lampanti. La prima è il fatto che per millenni la donna è sempre stata considerata inferiore all’uomo, basti pensare al diritto di voto che è arrivato dopo, per dirne una. In secondo luogo la donna viene spesso considerata più debole rispetto al compagno, dunque è molto facile incutere timore, sottomettere e alzare le mani. Tornando allora ai giorni nostri, ad emancipazione femminile realizzata quasi in pieno, almeno nella nostra parte di mondo, sembra surreale che ci siano donne sottomesse e maltrattate dai proprio compagni, le quali ogni giorno subiscono violenze non solo fisiche ma anche psicologiche e verbali. Eppure ci sono, e sono loro stesse a non denunciare, a sopportare, a sperare che un giorno la situazione possa cambiare in meglio e che l’uomo di cui sono innamorate cambi e si penta. Difficile che qualcuno cambi, uomo o donna che sia.
Nella maggior parte dei casi questo infatti non accade e l’attesa di un miglioramento si trasforma purtroppo nell’attesa della morte. Nessuna di queste donne forse pensa che il proprio fidanzato o marito possa arrivare a tanto però purtroppo succede. Per questo credo che sia fondamentale avere il coraggio di parlare, di farsi aiutare e denunciare: confidarsi con qualcuno potrebbe davvero essere il primo passo verso la libertà, la riconquista della propria dignità e soprattutto è il primo passo verso la salvezza.


La vita è troppo preziosa per trascorrerla accanto a qualcuno che non apprezza, che calpesta la dignità e schiaccia la personalità sfaccettata e bellissima di una donna.

Articolo di Angelica Ianiro

Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diversità e disabilità, Razzismo

Scappare sempre dagli stessi proiettili

Violenza sulle donne: ne sentiamo parlare spesso al telegiornale o lo leggiamo scritto su una rivista. Sappiamo più o meno tutti di cosa si tratta, ma riusciamo veramente a comprenderne la gravità? Anche solo nei singoli termini.
Prendiamo la parola violenza, analizziamola meglio.
Innanzi tutto potrei parlare per ore solo di essa, ma cercherò di essere breve. Per violenza si intende un atto volontario, esercitato da un soggetto su un altro, in modo da farlo agire contro la sua volontà. L’abuso della forza può essere non solo fisico, ma anche verbale e psicologico. Questo però è quello che ci dice internet. E noi siamo in grado di dare una nostra considerazione riguardo la violenza? Di rintracciarla nella vita di tutti i giorni? Io penso proprio di si. Anche andando a parlare di donne. Milioni di donne subiscono violenze domestiche, sessuali, psicologiche, verbali, vengono perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate. E questo perché, perché sono donne?, Solo perché vengono considerate deboli e impotenti agli occhi di alcuni uomini? Beh, questa per me è una spiegazione assurda.
Un uomo non può permettersi di toccare una donna, a meno che non sia lei a volerlo.
Molti dicono di amare la propria donna, poi prendi il telecomando, premi il tasto rosso e accendi la televisione. Ed è proprio in quel momento che senti la deposizione di quello stesso uomo che dice di averla uccisa, non ci interessa esattamente in che modo, ma lui l’ha uccisa. Le ha tolto la vita. E lui, lì seduto su una sedia davanti a dei poliziotti, racconta di come ha approfittato di lei, senza rimpianti, specificando ogni particolare perché ormai era tutto finito, eppure lui è ancora vivo che godeva ancora della gioia che è la vita, sebbene in carcere, ma comunque avrebbe potuto ancora vivere. Quella donna invece no. Per lei era tutto finito. Questo è il femminicidio.
Secondo i dati Istat circa 7 milioni di donne ogni giorno milioni vengono uccise e subiscono violenze. C’è però un’ulteriore problema. La maggior parte di loro non denuncia le violenze che subisce. Questo è assolutamente sbagliato. Non si può rimanere con una persona che ti picchia perché magari torna a casa ubriaco e tu non dici nulla perché lo ami. Questo non è amore, l’amore è qualcosa di completamente diverso da questo. Ma sia per un uomo che per una donna. E il frutto dell’amore non è mai la violenza. Forse è frutto della possessione, dell’ossessione, di qualcosa di molto lontano dall’amore, comunque. Perciò bisogna insegnare agli uomini a comportarsi in un certo modo, ma bisogna anche far capire alle donne che restare intrappolate in situazioni del genere può creare traumi dolorosissimi e che devono parlare e denunciare, pure se fa male. Il silenzio. Grande parola. A volte ci salva, ma in contesti come questi bisogna romperlo senza troppi ripensamenti. Le ragazze non possono, anzi meglio dire “non dovrebbero” avere paura di uscire di casa con una minigonna, oppure essere obbligate a portare con sé uno spray al peperoncino per uscire più tranquille la sera, anche nella loro piccola e tranquilla città. La società di oggi ci dice che siamo noi ragazze a non dover vestirci in un certo modo per non provocare l’uomo, invece di dire che l’uomo deve imparare a controllarsi. Tutto ciò deve cambiare. Non si può andare avanti così. Esiste la giornata dedicata alla violenza sulle donne, esiste la giornata delle donne. Non basta più onorare le donne vittime di violenze solo in questi giorni, deve essere una cosa normale, deve diventare quotidianità.

Oltre alle varie manifestazioni che già ci sono in giro per il mondo, ognuno di noi potrebbe organizzare qualcosa di bello contro la violenza sulle donne. Per sensibilizzare chi è accanto a noi. A me piacerebbe manifestare nel mio paese, con tutte le donne, le ragazze e le bambine vestite di rosso, portando dei cartelloni con frasi pensate da noi e poi alla fine del percorso segnato ci saranno ad aspettare uomini, ragazzi e bambini con regali per ognuna di noi. Sembrerà la solita protesta contro la violenza sulle donne, ma questa volta ci sarebbe la partecipazione anche degli uomini in segno di cambiamento. Spero vivamente che succeda, spero che le ragazze possano uscire tranquille, spero che le donne non siano mai più violentate, nel corpo e nell’anima. Spero che riusciamo davvero ad imparare qualcosa dai nostri errori sennò ci ritroveremo sempre a dover scappare dagli stessi proiettili. Spero.

Articolo di Arianna Gasbarro, 3C