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Articoli Recenti, Confini Reali, Contaminazioni, Frontiere e confini, Popoli: geostorie tra spazio e tempo

GeostoriE: riflettiamo un po’

La Geografia è l’albero, il tronco dal quale si diramano le altre materie, perché senza un luogo fisico non ci sarebbero persone che comunicano e agiscono ogni giorno. È come la storia della Matematica che è onnipresente, ma anche la Matematica deriva dalla Geografia, perché senza nessun punto di riferimento nello spazio, cosa posso misurare? Storia e Geografia vanno a braccetto, perché senza un luogo fisico e degli elementi geografici, come fiumi, laghi, foreste, non si sarebbe nemmeno svolta l’evoluzione dell’uomo, a partire dall’età della pietra, non si sarebbe scoperto nulla, non si sarebbero combattute battaglie, guerre, invenzioni, rivolte e rivoluzioni. In un certo senso, le materie e le discipline derivano anche dalla Storia, perché le lingue (e anche i dialetti), le scoperte scientifiche, le religioni si sono sviluppate in un determinato periodo della Storia, in un punto nel corso del tempo.
La metafora dell’albero è la più adatta, credo, per spiegare questo concetto: la Geografia è il tronco dell’albero, e la Storia è rappresentata dai rami più grossi, dai quali si diramano altre materie.

Antonio Orsini

La storia e la geografia sono due materie connesse tra loro. Non esisterebbe la storia
senza la geografia e la geografia senza la storia. Ogni evento storico è sempre
collegato ad un luogo geografico.
La scoperta dell’America è un perfetto esempio di
relazione tra storia e geografia perché è stata una delle scoperte più importanti di sempre, scoperta di un luogo geografico che è entrata nella Storia ed è avvenuta in un preciso momento storico.

Angelica Di Rienzo

Alcuni umanisti affermano che la geografia serve per conoscere e memorizzare la
storia, per capire come si è insediata una civiltà, il modo di vivere dei suoi abitanti, le
tradizioni, il sistema politico adottato, bisogna relazionarsi con il territorio, con
l’ambiente geografico che lo circonda, con il suo paesaggio. Le due discipline per me
sono interconnesse, dipendenti l’una dall’altra.
Per quanto riguarda il caso specifico della campagna di Russia di Napoleone
Bonaparte
, quest’ultimo decise di invadere la città di Mosca con circa
tantissimi soldati di nazionalità diverse ma non conoscendo la conformazione geografica del territorio, partì forse un po’ sprovveduto i i Russi nel frattempo bruciarono tutti i terreni, rendendoli sterili. Così, quando i soldati di Napoleone raggiungono la nazione straniera, non sanno di cosa cibarsi e molti muoiono di stenti. Nel frattempo poi arriva l’inverno russo, durissimo, e i militari non avevano
l’abbigliamento adeguato per sopravvivere alle temperature rigide ed essendo già
indeboliti, molti muoiono per il freddo e per le abbondanti nevicate. Ciò dimostra quanto sia importante la conoscenza della geografia e del territorio.

Greta Mannella

Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diversità e disabilità

Un delicatissimo fiore per dirvi BUON ANNO

Violenza: una parola che non riesco nemmeno ad ascoltare, per quanto fa male. Sento in televisione parlare di violenza subita da donne che vengono spesso uccise dai loro mariti, fidanzati o compagni, cioè da persone che dovrebbero amarle, proteggerle e difenderle, o forse, ancora più giustamente, semplicemente rispettarle, in quanto esseri umani. Ho letto che molte di queste violenze si consumano tra le mura di casa, il luogo in cui ognuno di noi si dovrebbe sentire protetto. Questi atti hanno delle ripercussioni anche a livello mentale, poiché spesso le donne che le subiscono arrivano addirittura a giustificare gli autori, pensando che questi gesti non si verificheranno più e invece no, si ripeteranno eccome. Queste donne diventano tristemente deboli, accettando uno schiaffo al posto di una carezza, un pugno invece di un abbraccio, un calcio anziché un bacio.

Attenzione però, perché anche le carezze, l’abbraccio o il bacio non desiderato sono una forma di violenza. Spesso infatti un amore non corrisposto porta l’uomo a vendicarsi verso una donna. A volte penso più per ignoranza: l’amore non può andare a comando. O, ancora, ho sentito giustificare violenze fatte a ragazze perché l’abbigliamento era provocante e quindi invogliava l’uomo a essere l’artefice di questi atti. Sono ovviamente contraria a questo pensiero! Una minigonna o una camicia scollata non potranno mai essere il pretesto di questi vergognosi atti di violenza.

Esiste poi un’altra forma di violenza, quella psicologica, forse la più subdola, tanto che molti la ritengono erroneamente meno aggressiva, meno grave perché forse non lascia lividi ma, essendo provocata delle parole, va a colpire, in modo nascosto, l’autostima. E fa male quanto un pugno, forse anche di più. Esse vanno aiutate; non possiamo rimanere in silenzio davanti a questi orrori! Spesso si subisce perché non si ha la forza di reagire, quindi ognuno di noi ha il dovere morale di stare accanto a queste persone sofferenti e convincerle a denunciare questi abusi. Ed abbiamo il dovere di educare le persone al rispetto, al cambiamento: maschi o femmine che siano!

Il 25 novembre si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ma questo è un fenomeno da combattere tutti i giorni, a scuola ad esempio, oppure sensibilizzando l’opinione pubblica, o attraverso l’operato di centri antiviolenza che possono collaborare con le istituzioni. L’informazione può passare anche attraverso la televisione o canali social più utilizzati dalle nuove generazioni.

Penso che l’unione faccia la forza anche in questi casi, tutti insieme possiamo aiutare le donne vittime di questi atroci soprusi a uscire dal tunnel in cui si trovano e
regalare loro una nuova vita. Ogni vita umana è un delicatissimo fiore che merita un’altra primavera dopo l’inverno.

Vogliamo cominciare così il nuovo anno, con questo articolo contro la violenza sulle donne, ma contro ogni violenza in generale. La cultura è la base da cui partire per sconfiggere ogni violenza. Educare alla conoscenza e all’empatia, quindi, perché le cose cambino davvero. Con lo studio per conoscere e indagare i fatti, e con l’empatia, perché se non ci mettiamo nei panni dell’altro il nostro valore di essere umani non è molto alto.
Noi ci crediamo, e lo mettiamo in pratica giorno dopo giorno nel nostro piccolo.

Buon anno.

Articolo di Irene Buzzelli

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No. Non è un omicidio passionale

Ancora oggi i femminicidi vengono codificati dalla cronaca come “omicidio passionale”, “d’amore”, “momento di gelosia”, quasi si sentisse il bisogno di dare una giustificazione a qualcosa che è in realtà mostruoso. Assurdo, tutto questo è assurdo, perché la morte e la violenza con l’amore non c’entrano niente.
Ai femminicidi, poi, si aggiungono violenze quotidiane e varie forme di abuso che, per secoli, sono stati giustificati o nascosti. Basta tornare indietro al Medioevo, quando una donna non poteva litigare con il marito che subito veniva maltrattata e condannata all’immersione in acqua con lo sgabello. Non dimentichiamo poi la sottomissione e la violenza subita da migliaia di mogli e figlie, nel tempo, costrette a vivere nel silenzio per mantenere il buon nome della famiglia. Si tratta di un bagaglio e di un argomento pesante, che solo ora viene aperto e reso pubblico risvegliando la sensibilità di molti che che semplicemente non volevano né vedere né sentire.

Tutto ciò secondo me può avvenire per diverse ragioni, ma due sono forse più lampanti. La prima è il fatto che per millenni la donna è sempre stata considerata inferiore all’uomo, basti pensare al diritto di voto che è arrivato dopo, per dirne una. In secondo luogo la donna viene spesso considerata più debole rispetto al compagno, dunque è molto facile incutere timore, sottomettere e alzare le mani. Tornando allora ai giorni nostri, ad emancipazione femminile realizzata quasi in pieno, almeno nella nostra parte di mondo, sembra surreale che ci siano donne sottomesse e maltrattate dai proprio compagni, le quali ogni giorno subiscono violenze non solo fisiche ma anche psicologiche e verbali. Eppure ci sono, e sono loro stesse a non denunciare, a sopportare, a sperare che un giorno la situazione possa cambiare in meglio e che l’uomo di cui sono innamorate cambi e si penta. Difficile che qualcuno cambi, uomo o donna che sia.
Nella maggior parte dei casi questo infatti non accade e l’attesa di un miglioramento si trasforma purtroppo nell’attesa della morte. Nessuna di queste donne forse pensa che il proprio fidanzato o marito possa arrivare a tanto però purtroppo succede. Per questo credo che sia fondamentale avere il coraggio di parlare, di farsi aiutare e denunciare: confidarsi con qualcuno potrebbe davvero essere il primo passo verso la libertà, la riconquista della propria dignità e soprattutto è il primo passo verso la salvezza.


La vita è troppo preziosa per trascorrerla accanto a qualcuno che non apprezza, che calpesta la dignità e schiaccia la personalità sfaccettata e bellissima di una donna.

Articolo di Angelica Ianiro

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Scappare sempre dagli stessi proiettili

Violenza sulle donne: ne sentiamo parlare spesso al telegiornale o lo leggiamo scritto su una rivista. Sappiamo più o meno tutti di cosa si tratta, ma riusciamo veramente a comprenderne la gravità? Anche solo nei singoli termini.
Prendiamo la parola violenza, analizziamola meglio.
Innanzi tutto potrei parlare per ore solo di essa, ma cercherò di essere breve. Per violenza si intende un atto volontario, esercitato da un soggetto su un altro, in modo da farlo agire contro la sua volontà. L’abuso della forza può essere non solo fisico, ma anche verbale e psicologico. Questo però è quello che ci dice internet. E noi siamo in grado di dare una nostra considerazione riguardo la violenza? Di rintracciarla nella vita di tutti i giorni? Io penso proprio di si. Anche andando a parlare di donne. Milioni di donne subiscono violenze domestiche, sessuali, psicologiche, verbali, vengono perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate. E questo perché, perché sono donne?, Solo perché vengono considerate deboli e impotenti agli occhi di alcuni uomini? Beh, questa per me è una spiegazione assurda.
Un uomo non può permettersi di toccare una donna, a meno che non sia lei a volerlo.
Molti dicono di amare la propria donna, poi prendi il telecomando, premi il tasto rosso e accendi la televisione. Ed è proprio in quel momento che senti la deposizione di quello stesso uomo che dice di averla uccisa, non ci interessa esattamente in che modo, ma lui l’ha uccisa. Le ha tolto la vita. E lui, lì seduto su una sedia davanti a dei poliziotti, racconta di come ha approfittato di lei, senza rimpianti, specificando ogni particolare perché ormai era tutto finito, eppure lui è ancora vivo che godeva ancora della gioia che è la vita, sebbene in carcere, ma comunque avrebbe potuto ancora vivere. Quella donna invece no. Per lei era tutto finito. Questo è il femminicidio.
Secondo i dati Istat circa 7 milioni di donne ogni giorno milioni vengono uccise e subiscono violenze. C’è però un’ulteriore problema. La maggior parte di loro non denuncia le violenze che subisce. Questo è assolutamente sbagliato. Non si può rimanere con una persona che ti picchia perché magari torna a casa ubriaco e tu non dici nulla perché lo ami. Questo non è amore, l’amore è qualcosa di completamente diverso da questo. Ma sia per un uomo che per una donna. E il frutto dell’amore non è mai la violenza. Forse è frutto della possessione, dell’ossessione, di qualcosa di molto lontano dall’amore, comunque. Perciò bisogna insegnare agli uomini a comportarsi in un certo modo, ma bisogna anche far capire alle donne che restare intrappolate in situazioni del genere può creare traumi dolorosissimi e che devono parlare e denunciare, pure se fa male. Il silenzio. Grande parola. A volte ci salva, ma in contesti come questi bisogna romperlo senza troppi ripensamenti. Le ragazze non possono, anzi meglio dire “non dovrebbero” avere paura di uscire di casa con una minigonna, oppure essere obbligate a portare con sé uno spray al peperoncino per uscire più tranquille la sera, anche nella loro piccola e tranquilla città. La società di oggi ci dice che siamo noi ragazze a non dover vestirci in un certo modo per non provocare l’uomo, invece di dire che l’uomo deve imparare a controllarsi. Tutto ciò deve cambiare. Non si può andare avanti così. Esiste la giornata dedicata alla violenza sulle donne, esiste la giornata delle donne. Non basta più onorare le donne vittime di violenze solo in questi giorni, deve essere una cosa normale, deve diventare quotidianità.

Oltre alle varie manifestazioni che già ci sono in giro per il mondo, ognuno di noi potrebbe organizzare qualcosa di bello contro la violenza sulle donne. Per sensibilizzare chi è accanto a noi. A me piacerebbe manifestare nel mio paese, con tutte le donne, le ragazze e le bambine vestite di rosso, portando dei cartelloni con frasi pensate da noi e poi alla fine del percorso segnato ci saranno ad aspettare uomini, ragazzi e bambini con regali per ognuna di noi. Sembrerà la solita protesta contro la violenza sulle donne, ma questa volta ci sarebbe la partecipazione anche degli uomini in segno di cambiamento. Spero vivamente che succeda, spero che le ragazze possano uscire tranquille, spero che le donne non siano mai più violentate, nel corpo e nell’anima. Spero che riusciamo davvero ad imparare qualcosa dai nostri errori sennò ci ritroveremo sempre a dover scappare dagli stessi proiettili. Spero.

Articolo di Arianna Gasbarro, 3C

Articoli Recenti, Confini Immaginari, Contaminazioni, Frontiere e confini

Laghi salati: la bellezza dei confini instabili

Studiando alcuni Paesi Europei mi sono lasciata affascinare da posti come il Mar Caspio. Lago o mare? Questo essere un elemento a metà mi ha intrigato sin dalla prima volta che ne ho sentito parlare. Mi ha fatto pensare ai confini che non esistono, non esistono suddivisioni nette nel mondo. La prof. poi ci ha detto che non era l’unico caso al mondo, e ci ha raccontato di laghi incredibili dalle acque rosse o di depressioni con una salinità altissima in cui affondare è impossibile, si può solo galleggiare. Non vi svelo di più. Vi dico solo che, incuriosita, ho fatto una ricerca e ho scoperto che mi innamoro ogni giorno di più del pianeta in cui vivo. Questo è il mio lavoro. Buona lettura.

Angelica Di Rienzo, II B

Articoli Recenti, Confini Immaginari

Gli Stadi di Euro 2020

Stadio Olimpico, Roma

Abbiamo studiato l’Europa quest’anno in Geografia e l’abbiamo analizzata sotto diversi punti di vista, dalla morfologia del territorio all’economia, passando per le tradizioni e il cibo. Io ho voluto seguire la mia passione per il calcio e quindi vi porto in giro per l’Europa attraverso gli Stadi di Euro 2020.

Buona lettura e buon viaggio.

Andrea Silvestro, II C

Articoli Recenti, Parole

La poesia è ovunque

La poesia è ovunque, in quello che vediamo palesemente, ma il sentore è che la poesia sia davvero in ogni piega delle nostre giornate, oltre che in quelle dei nostri libri. La poesia è in un fiore che sboccia, nel sole e nella luna che si alternano e non si stancano di farlo, in due bocche che si avvicinano o in due mani che si stringono. Sì, passerà il coronavirus e ci daremo la mano di nuovo tranquilli e ci abbracceremo forte. E poi, in fondo, anche in questo periodo c’è stata poesia: nella natura che si è rinvigorita, nelle riflessioni che ognuno di noi ha avuto modo di compiere nelle proprie case e nella riscoperta di valori speciali. Ma non ci aspettavamo che la poesia potesse stare pure dentro la prosa.

Come lo abbiamo scoperto? Col metodo Caviardage. E l’abbiamo creata noi. Ci siamo divertiti tantissimo a scovare le parole giuste e a mescolarle, a creare poesia sulla carta e colorarci un senso intorno. Nel video, alcuni dei nostri lavori. Se siete alunni come noi vi potrete cimentare in questo momento storico così particolare a creare le vostre piccole opere d’arte, da appendere o da regalare anche come se fossero dei quadri.
Insomma, un modo creativo di passare il tempo in casa utilizzando colori e poesia. Buona visione.

Classe IIC

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, La linea sottile tra presente e futuro, Parole

(al)la ricerca della felicità

“A proposito di felicità…cercatela tutti i giorni continuamente, anzi chiunque mi ascolti ora si metta in cerca della felicità, ora, in questo momento, perché è lì! Ce l’avete, ce l’abbiamo! Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima, buttate tutto all’aria, i cassetti, i comodini che avete dentro, vedrete che esce fuori”. Queste sono le parole di Benigni, che ci ricorda che, anche in un momento difficile come questo, la felicità non è assenza di problemi, non è solo ricchezza e fortuna, non si identifica nei beni materiali ma in quelli interiori e, come diceva Socrate, “la felicità è da cercare dentro di noi”. E dunque, dove si trova la felicità? Perché a volte è difficile da scovare? La felicità si trova in un sorriso, in un abbraccio, in un viaggio, in una giornata passata in compagnia della tua migliore amica, nella famiglia, in un amore, in un cielo stellato, nel ricevere un complimento, nei piccoli gesti quotidiani.

Ma soprattutto io credo di aver capito una cosa importante: si è felici quando si dona, quando ci si dona. Quando me lo dicevano non ci credevo, ho dovuto sperimentarlo su di me. Ed è tutto vero! Donare è più bello che ricevere, perché dai felicità a qualcuno e quindi, come in uno specchio, quella felicità ti torna indietro di riflesso, ma più grande, più intensa, più profonda. E si è felici quando si ama, si comprendono le ragioni di qualcun altro, quando si impara a tollerare e si agisce coscientemente. Oggi, purtroppo, sembra che molti hanno dimenticato i valori che dovrebbero invece aiutare a vivere. Si agisce spinti dai bisogni materiali. Chissà come si può invertire questa rotta, sarebbe così bello. Gli Illuministi hanno fatto del diritto degli uomini a essere felici uno dei punti chiave del loro movimento. E le loro idee sono servite per Rivoluzioni incredibili, come quella americana e quella francese. Perché non ne siamo più capaci?

La felicità, poi, è anche un qualcosa che è dobbiamo essere capaci di cogliere nel presente, e insieme nel passato e nel futuro: è un concetto che si scopre e riscopre col tempo e che non si limita semplicemente al sorriso o al buon umore, dato che secondo me, anche le esperienze negative fanno parte in qualche modo di questo concetto di felicità: pur essendo cose tristi sul momento, col passare del tempo si trasformeranno in eventi da ricordare e da raccontare. E da cui imparare. E migliorare. E crescere.

Ma la cosa importante è saper godere della felicità ogni giorno, riconoscerla in mezzo alle mille cose delle nostre giornate, perché c’è il rischio che qualcuno la scambi per la mitica pentola d’oro degli gnomi alla fine dell’ arcobaleno: ci sono persone che passano la vita a cercare di trovarla per poi accorgersi, ormai troppo tardi, che la vita è passata.

Arianna Gasbarro, classe IIC

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La geografia è ovunque

Un pomeriggio, uno dei lunghi pomeriggi delle giornate di quarantena, abbiamo deciso che la geografia sarebbe stato il nostro antidoto alla noia e alla tristezza.
Ci siamo divertiti a diventare esploratori in casa nostra, non potendo uscire, e abbiamo viaggiato stando fermi, spulciando con più attenzione i posti della quotidianità e scoprendo che la geografia è ovunque. Come? Semplice, abbiamo lavorato con la fantasia, soprattutto, mescolata però a qualcosa di molto reale.
E quindi abbiamo messo il naso nelle nostre dispense, per scoprire la provenienza degli alimenti che ogni giorno mettiamo sulle nostre tavole, o quella dei vestiti nei nostri armadi. Ma ancora, abbiamo viaggiato attraverso gli oggetti, che magari sono ricordi di viaggi o vacanze, oppure mappato i movimenti del nostro gatto dentro casa.

Dunque, ci siamo divertiti e insieme abbiamo capito che la geografia è la base della nostra realtà e che è fatta di spazi piccolissimi eppure sconfinati, e che si può essere buoni esploratori anche stando in casa, se sappiamo affinare la nostra capacità di osservazione.

Qui di seguito, alcuni dei nostri lavori.

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Diari dalla Quarantena

Caro diario,

Oggi ti scrivo dal silenzio della mia camera, un silenzio ancora più inquietante perché è lo stesso che risuona anche nelle strade del mio paesello, dove ora a farmi compagnia ci sono solo il chicchirichì stridente del gallo e il mio cane che abbaia annoiato quanto me. Cosa sta succedendo? Questa è la domanda che mi faccio più di frequente durante le giornate che trascorrono lente e sempre uguali ormai. Non si va a scuola, non si esce con gli amici, non si va più tutti assieme al supermercato, come facevo di solito con la mia famiglia; i miei genitori non stanno andando più al lavoro, non si va dalla nonna, non si prende la bici e i pochi che vanno in giro usano mascherine. Cosa sta succedendo? Tutto o quasi si è fermato, abbiamo dovuto cambiare, anzi stravolgere le nostre abitudini ed uniformarci a comportamenti che non ci appartengono. Un nemico invisibile quanto forte ci sta attaccando. Questo nemico ha un nome, che sembra quello di un essere alieno venuto direttamente da Marte, lo chiamano Covid 19.

E, se è vero che i genitori sono in grado di riconoscere le paure dei figli, anche noi figli sappiamo leggere negli occhi dei nostri genitori. Mamma e papà continuano a rassicurare me e mia sorella dicendo che bisogna avere pazienza e che tutto andrà bene ma, caro diario, leggo nei loro occhi molta preoccupazione. All’inizio mi sembrava tutto così distante; ora, invece tutto è troppo vicino. Le mie emozioni sono un misto tra paura, noia, preoccupazione, ansia e la domanda principale è: quando tornerà la normalità dei giorni passati? A volte poi mi ritrovo a pensare che forse tutto questo lo abbiamo generato noi. L’umanità con la sua sete insaziabile di potere, di progresso, ha creato questo mostro, forse è un messaggio che la terra ci sta mandando; questo pianeta che abbiamo sfruttato senza pensare alle conseguenze forse ci sta parlando! Da questo “brutto” periodo di quarantena però voglio cogliere anche qualche aspetto positivo….finalmente abbiamo più tempo per parlare tra di noi in famiglia, abbiamo quel tempo che, nella frenesia della quotidianità “normale”, quella prima del virus, insomma, non riuscivamo a trovare: abbiamo tempo per una partita a carte tutti assieme attorno al tavolo della sala, per rispolverare quei vecchi giochi di società che da anni erano chiusi in soffitta, abbiamo tempo per sfogliare gli album delle foto e commentarli. Insomma, abbiamo tempo per riscoprire le cose semplici, ma che trasmettono il calore della famiglia.    

Però la verità è che vorrei solo addormentarmi ed aprire gli occhi domani mattina, sentendo la voce di mamma che mi urla che devo fare in fretta, altrimenti perderò il pullman, uscire di casa con il mio zaino in spalla per entrare nella mia classe e rivedere i miei compagni e i miei professori. Vorrei tanto tornare a quella normalità che mi manca molto! Davvero moltissimo. Spero che tutto questo finisca presto e che possa tramutarsi solo in un brutto ricordo da poter raccontare magari, un giorno, ai miei figli o ai miei nipoti, proprio come il mio bisnonno ha fatto con me con i suoi ricordi di guerra.

Buonanotte, caro diario,

Jacopo

Articolo di Di Franco Jacopo, classe 3A