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La linea sottile tra presente e futuro

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Le parole sono pietre

Storytelling e intelligenza artificiale, progetto in collaborazione con CinemAbruzzo. Questa è la storia della Classe 1B , ora aspettiamo di vederla realizzata attraverso le immagini riprodotte da AI.

Tagliacozzo 2024 – 2025

I ATTO

Insultare una persona è come gettare una pietra nel mare: non sai mai quanto a fondo arriverà quel sasso, quanto farà male. Sono azzurre, proprio come il mare, le pareti della scuola di Trovaglione. All’interno, come ogni mattina appena dopo il suono della campanella, i ragazzi affollano i corridoi prima di entrare nelle aule. C’è chi corre sulle scale, chi chiacchiera coi collaboratori e i professori e chi ripassa già in classe in vista delle interrogazioni delle prime ore. Lucia sta cercando di scovare Giorgio, il ragazzo che le piace, che arriva sempre tardi mentre Enzo finisce la sua merenda ancora prima di entrare, perché non fa mai colazione a casa. Carlo, Gianni e Federico invece hanno l’aria strana, come se stessero aspettando qualcuno. Dalle scale arriva Alex e Carlo alza la voce per farsi sentire: “Ecco il nanerottolo”. E Federico: “Precedenza ai bassi, fate largoooo”. I tre sghignazzano, Alex entra in classe in silenzio. La sua tristezza è silenziosa, profonda e inconsolabile. Ogni giorno la stessa storia.

II ATTO

Nell’aula nessuno pare accorgersi delle sue lacrime, sono tutti intenti a prepararsi: devono lasciare velocemente gli zaini con i libri in classe, per essere più leggeri, perché andranno al cinema a vedere Il Signore degli Anelli e li attende già un autobus. Mondi incantati sullo schermo della sala: la Terra di Mezzo, gli elfi, le battaglie, i paesaggi mozzafiato. Di fronte ai troll e agli gnomi, però, Gianni, Carlo e Federico fanno risuonare turno: “Ecco Alex, ecco Alex!”.  In sala le risate rompono il silenzio, seguite da un singhiozzo. Alex esce nel buio, inciampando quasi, pur di andare in bagno di corsa e i tre teppistelli subito si alzano per seguirlo, ma qualcosa va storto. La docente di motoria si è accorta delle risate e degli strani movimenti: segue i ragazzi fino al bagno. I tre iniziano a bussare alla porta: “Apri tappetto”, “Nano, te la facciamo aprire con gli schiaffi quella porta”. La professoressa allora, nascosta da una colonna, fa un passo avanti. Carlo, Gianni e Federico diventano bianchi come un lenzuolo appena lavato. Una volta in classe la docente prende in mano la situazione ricordando che le parole possono fare male e che ad ogni parola pietra corrisponde una parola carezza. I ragazzi iniziano a confrontarsi sotto la sua guida: sono i bulli adesso ad essere in lacrime e chiedono scusa, hanno realmente capito di aver sbagliato. Alex strappa un foglio dal suo quaderno di grammatica e lo appallottola tutto: “Ecco, questo mi avete fatto, mi avete accartocciato, spiegazzato, distrutto. E ora, pensate di poter riconquistare la mia fiducia semplicemente chiedendo scusa?”. La classe è muta, Alex continua, riaprendo il foglio, stiracchiandolo come meglio può: “Se anche vi perdonassi, il nostro rapporto resterebbe stropicciato, come una camicia non stirata”.

III ATTO

Mirella a quel punto prende la parola: “Il Kintsugi lo conoscete?”. I compagni di classe restano stupiti, solo Ludovico risponde: “No, ma non mi sembra pertinente”. E invece sì, continua lei: “Vale sia per Alex che per Carlo, Federico e Gianni. Il Kintsugi è una tecnica che usano in Giappone per riparare le ceramiche che si rompono. Le riempiono di colla dorata, e i vasi e le tazze diventano ancora più belli di prima, perché sono preziosi, ancora di più nel punto in cui si sono rotti”. Mirella e la prof si guardano complici e si sorridono. Mirella conclude: “Voi quattro vi siete rotti, ognuno per un motivo differente, ma se capirete la lezione, le vostre saranno ferite preziose e dorate”. Spontaneamente scatta un applauso e tutti si abbracciano stretti e sorridenti.


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Sulle tracce della volpe rossa

Storytelling e intelligenza artificiale, progetto in collaborazione con CinemAbruzzo. Questa è la storia della Classe 1A , ora aspettiamo di vederla realizzata attraverso le immagini riprodotte da AI.

Tagliacozzo 2024 – 2025

I ATTO

Gli alberi rigogliosi svettavano nella foresta, il verde dell’erba era intenso e rifletteva i raggi luminosi del sole. Il cinguettio degli uccellini sembrava cantasse una ninna nanna agli altri animali del bosco e le formiche, intente a lavorare nei loro formicai, grandi e misteriosi come castelli delle favole, sembravano regine nei loro regni. Di notte le lucciole animavano l’atmosfera, di giorno gli scoiattoli smerciavano ghiande e camminavano senza sosta. Le volpi rossicce e curiose popolavano in particolare la zona dei grandi faggi. Quella mattina, davanti agli occhi spauriti di alcuni ragazzi che si rilassavano in quella dolce natura, Davide uscì di corsa dalla Moda, Pelli e Pellicce, la maggiore azienda d’alta moda in Italia, e si nascose tra le fronde di un cespuglio. La sua figura alta e magrolina catturò l’attenzione dei ragazzi: in pochi minuti Davide, con un balzo tecnico e preciso, riuscì a catturare una volpe rossa, bellissima, selvaggia ed elegante che camminava davanti al suo naso.

II ATTO

I ragazzi rimasero esterrefatti: la piccola volpe catturata, l’azienda di pellicce collocata proprio in mezzo al verde, quel ragazzo così strano…Riccardo disse a Filippo: “Ma ti sei accorto che quel Davide piangeva mentre catturava la volpe?”. Luca intervenne: “Hei hei, aspetta un attimo, come fai a sapere il suo nome?”. E Riccardo: “L’ho letto sul cartellino che aveva dietro la schiena, come investigatori lasciate molto a desiderare”. “E chi ti ha detto che vogliamo indagare sulla vicenda?” continua Marta. Era una domanda retorica, tutti loro erano ormai troppo curiosi e per molti giorni tornarono a investigare sul posto facendo finta di rilassarsi o fare pic nic in zone diverse della foresta. Dopo qualche giorno, girovagando qua e là, si accorsero di una colonna di fumo che si alzava da un piccolo bunker e in qualche modo riuscirono ad infiltrarsi all’interno. Quello che videro fu sconcertante: animali in fin di vita e vestiti in fiamme. Una parte di azienda stava andando a fuoco: dovevano immediatamente chiamare qualcuno per salvare gli animali e la foresta, poiché le fiamme correvano veloci alimentate dal vento e dal caldo dell’estate. Non fu facile spegnere l’incendio divampato, ma i Vigili del Fuoco riuscirono nell’impresa. In un angolo, Davide piangeva.


III ATTO

Luca si avvicinò a lui: “Possiamo fare qualcosa per te?”. “Non avete idea di quanto avete già fatto: odio questo posto, questo lavoro, questa azienda. Facciamo del male agli animali, inquiniamo l’ambiente…se non fosse per il mio bisogno di soldi me ne andrei domani. Una cosa però potete farla”, disse lasciando loro un mazzo di chiavi: “con queste potete aprire tutte le stanze in cui sono intrappolati gli animali. E magari potete spargere la voce che in mezzo ad una foresta che dovrebbe essere protetta e tutelata c’è un’industria che non rispetta l’ambiente”. Marta riemerse improvvisamente dai suoi pensieri: “Una mia amica qualche giorno fa mi parlava di moda sostenibile ed etica, è possibile ragazzi, non è utopia. I capi di questa azienda saranno arrestati sicuramente, ma tu, Davide, e i tuoi colleghi, ormai ne conoscete tutti i segreti. Non vorrei sembrarvi folle e avventata ma…vogliamo iniziare questa avventura insieme?”. I ragazzi riconvertirono la Moda, Pelli e Pellicce in una azienda all’avanguardia: sostenibile, attenta all’ambiente e ai diritti dei lavoratori, accurata nella produzione di abiti ecologici e gioielli creati da materiali di riciclo. Il suo nome è: Second Life.

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Urbano VS Rurale

Il brano di Marcovaldo che abbiamo letto a scuola mi ha fatto riflettere sulle differenza tra la vita di campagna e quella di città. Credo che ognuno di noi almeno una volta nella vita si sia posto la domanda “dove è meglio vivere”. Al giorno d’oggi le persone che abbandonano la campagna per trasferirsi in città sono molte, è la tendenza degli ultimi decenni se ci pensiamo. Il primo motivo che spinge a spostarsi è il lavoro, perché la città come sappiamo offre più opportunità lavorative. Dipende anche dalla personalità di ognuno, dalle abitudini, dagli stili di vita ecc. La vita di città, ad ogni modo, ha vantaggi e svantaggi ed è molto diversa da quella di campagna che, allo stesso modo, ha pro e contro.

In città la vita non si può certo definire noiosa perché si ha la possibilità di fare tantissime cose, frequentare teatri, musei, bar di ogni genere, ristoranti, cinema, scuole, palestre, negozi, avere ospedali e studi medici vicino casa, mezzi di trasporto che permettono di spostarsi da un luogo ad un altro. Insomma qualsiasi cosa ci viene in mente è a nostra disposizione. Anche la vita sociale è diversa perché possiamo frequentare gli amici, studiare insieme, parlare e confrontarci a vicenda con estrema facilità e soprattutto confrontarsi con molta più gente, rispetto a un paese medio piccolo. Dietro tutto questo però ci sono anche molti svantaggi. Infatti in città non c’è tranquillità, silenzio e relax, come quelli che invece abbiamo in campagna: quella in città è una vita frenetica, ogni giorno dobbiamo tener conto del traffico, dei parcheggi che non si trovano facilmente e, non ultimo, dell’inquinamento. C’è troppo cemento e palazzi che non permettono di vedere i colori delle stagioni. A meno che non si è attentissimi osservatori come il nostro personaggio di Calvino.

In campagna invece le vite scorrono proprio in base alle stagioni, in maniera semplice, naturale, ciclica: la vita rurale ci offre aria pulita, ci si può immergere nella natura con estrema facilità, camminare tra gli altri, riscoprire noi stessi, sentire il rumore di un ruscello, il cinguettio degli uccelli e chi ama gli animali può tenerli senza che nessuno intorno si lamenti. La nostra salute è sicuramente migliore senza stress ed ansie e con un livello di inquinamento sicuramente inferiore. Anche la nostra alimentazione è diversa, troviamo facilmente prodotti bio a km 0 oppure abbiamo la possibilità di coltivare un nostro orticello, allevare il bestiame ecc. Anche la campagna però ha i suoi svantaggi. Purtroppo ci sono meno opportunità di lavoro, mancanza di servizi principali, soprattutto manca la vita sociale. Infatti spesso viviamo isolati e lontani dal mondo tecnologico, a volte ancora senza wifi in alcuni piccoli centri, specialmente dell’Italia interna, appenninica e non solo, e per spostarci è necessario avere una macchina o un qualsiasi mezzo di trasporto, altrimenti tutto è più difficile.
Io che abito in un paese di montagna sarei curioso almeno una volta di vivere un periodo in città, per potermi rendere conto delle differenze e delle difficoltà. Magari quando crescerò andrò a studiare fuori e lo sperimenterò. Ma allo stesso tempo, per ora, preferisco la campagna, perché trovo sia fondamentale vivere in natura. Secondo natura, anche.

Articolo di Paolo Lanno, classe 3C

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Libertà e lockdown: riflessioni da dietro una finestra

Nessuno conosce il senso della libertà fino a quando non gli viene tolta! Questo è ciò
che ci dice Pessoa e credo che abbia perfettamente ragione.

Non avevo mai riflettuto sul significato di questa parola, e nemmeno sulla sua importanza. Oggi, però, posso dire di averne capito tutto il valore e senza che nessuno me l’abbia spiegato. Marzo 2020: dichiarato il lockdown totale in tutta Italia per una pandemia mondiale.

Si diffonde il Covid-19, un virus che colpisce le vie respiratorie e che, se preso in forma grave, può causare la morte. Tutto si ferma: fabbriche, negozi, parrucchieri, uffici, mercati, scuole. Mi sono ritrovato chiuso in casa, come un prigioniero, non potevo uscire nemmeno per una passeggiata. Ogni mio diritto, compreso quello di andare a scuola, è scomparso in un attimo. Ho trascorso quasi tre mesi lontano da tutto e tutti, solo con i miei pensieri e con la paura di questa vita nuova, diversa, strana, piena di solitudine. Mi è mancata l’aria, mi sono sentito svuotato di tutto.

I giorni sono diventati lunghissimi e tutti uguali, potevo guardare il mondo solo da dietro la finestra e, giuro, di aver provato emozioni bruttissime, che non dimenticherò mai.

Le corse all’aria aperta, le partite a calcio, le passeggiate, le risate con i miei amici, erano diventati un sogno. Ho passato ore ed ore sdraiato sul letto, a ricordare questi momenti ed ho pianto tantissimo perché mi accorgevo di non averli più.

Come facevo a non riflettere, a non aver mai riflettuto finora su cosa fosse la libertà e su quanto fosse importante? Mi mancava troppo la mia vita, il virus me l’aveva tolta all’improvviso e non è stato difficile fermarsi a pensare. La libertà è un diritto e sicuramente il più importante. Racchiude l’anima e l’esistenza e l’essenza di ogni essere umano: libertà di pensiero, libertà di azione, libertà di fare scelte, libertà di essere felici. L’ho studiato anche a storia e in letteratura, ma non mi ero mai fermato a leggere e capire con attenzione questa piccola parola.
Popoli interi hanno combattuto per avere l’indipendenza e quindi la libertà. Come dimenticare la Francia, l’Inghilterra, l’Europa e le loro rivoluzioni? L’ Illuminismo è
quel periodo che, secondo me, ha portato davvero grandi cambiamenti nella storia
dell’uomo europeo.
E’ il secolo dei lumi, della ragione, quello che ha svegliato l’essere umano, quello che sosteneva l’uguaglianza, quello che diceva che ognuno deve scegliere la propria felicità, che ognuno deve scegliere la propria religione.
Non è libertà questa? 

Articolo di Nicolas Cordisco

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(al)la ricerca della felicità

“A proposito di felicità…cercatela tutti i giorni continuamente, anzi chiunque mi ascolti ora si metta in cerca della felicità, ora, in questo momento, perché è lì! Ce l’avete, ce l’abbiamo! Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima, buttate tutto all’aria, i cassetti, i comodini che avete dentro, vedrete che esce fuori”. Queste sono le parole di Benigni, che ci ricorda che, anche in un momento difficile come questo, la felicità non è assenza di problemi, non è solo ricchezza e fortuna, non si identifica nei beni materiali ma in quelli interiori e, come diceva Socrate, “la felicità è da cercare dentro di noi”. E dunque, dove si trova la felicità? Perché a volte è difficile da scovare? La felicità si trova in un sorriso, in un abbraccio, in un viaggio, in una giornata passata in compagnia della tua migliore amica, nella famiglia, in un amore, in un cielo stellato, nel ricevere un complimento, nei piccoli gesti quotidiani.

Ma soprattutto io credo di aver capito una cosa importante: si è felici quando si dona, quando ci si dona. Quando me lo dicevano non ci credevo, ho dovuto sperimentarlo su di me. Ed è tutto vero! Donare è più bello che ricevere, perché dai felicità a qualcuno e quindi, come in uno specchio, quella felicità ti torna indietro di riflesso, ma più grande, più intensa, più profonda. E si è felici quando si ama, si comprendono le ragioni di qualcun altro, quando si impara a tollerare e si agisce coscientemente. Oggi, purtroppo, sembra che molti hanno dimenticato i valori che dovrebbero invece aiutare a vivere. Si agisce spinti dai bisogni materiali. Chissà come si può invertire questa rotta, sarebbe così bello. Gli Illuministi hanno fatto del diritto degli uomini a essere felici uno dei punti chiave del loro movimento. E le loro idee sono servite per Rivoluzioni incredibili, come quella americana e quella francese. Perché non ne siamo più capaci?

La felicità, poi, è anche un qualcosa che è dobbiamo essere capaci di cogliere nel presente, e insieme nel passato e nel futuro: è un concetto che si scopre e riscopre col tempo e che non si limita semplicemente al sorriso o al buon umore, dato che secondo me, anche le esperienze negative fanno parte in qualche modo di questo concetto di felicità: pur essendo cose tristi sul momento, col passare del tempo si trasformeranno in eventi da ricordare e da raccontare. E da cui imparare. E migliorare. E crescere.

Ma la cosa importante è saper godere della felicità ogni giorno, riconoscerla in mezzo alle mille cose delle nostre giornate, perché c’è il rischio che qualcuno la scambi per la mitica pentola d’oro degli gnomi alla fine dell’ arcobaleno: ci sono persone che passano la vita a cercare di trovarla per poi accorgersi, ormai troppo tardi, che la vita è passata.

Arianna Gasbarro, classe IIC

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La robotica, la pandemia e l’intelligenza emotiva

La robotica può essere immaginata soltanto come un settore industriale e lavorativo, cosa vera senza dubbio. Ma la verità è che nasce come una vera e propria passione o anche come un modo per liberare la testa dai propri pensieri. La robotica – in piccolo ovviamente – è studiata e praticata, infatti, anche in alcune scuole, ad esempio nell’ istituto di Manutenzione Assistenza Tecnica (MAT), ex scuola “professionale”; o anche in scuole medie ed elementari per svago, proprio per questo suo aspetto accattivante e appassionante.

Quando si parla di robotica non si parla solo del “robot” simile all’uomo che si vede spesso nei film, ma esistono svariati prototipi molto più semplici o molto più complessi, come ad esempio quelli usati a Wuhan per fronteggiare quest’ultima pandemia: infatti i prototipi usati nella grande città cinese facevano sì che i pazienti in quarantena usufruissero di beni primari senza entrare in contatto con altre persone e correre il rischio di contagiarle. E ancora, oltre a questi ultimi, molti prototipi vengono usati in grandi aziende come Amazon, o nelle grandi catene di montaggio come quelle della Ford, Fiat, etc.

Ma dobbiamo fare una differenziazione:

° Machine Planning: ossia robot a cui viene assegnato un compito da svolgere e che deve portare a termine senza pensare o reagire minimamente a quello che ha intorno; come quelli usati nelle catene di montaggio.

° Machine Learning: ossia robot capaci di ascoltare ed imparare, o imparare man mano che “vivono” ; come ad esempio quelli della Amazon ai quali arriva un ordine, loro lo ricevono, si avvicinano allo scaffale desiderato per l’ordine, prendono il prodotto e lo portano direttamente all’ operatore che ha solo il compito di prendere l’ oggetto e imballarlo per poi spedirlo.

La robotica può dunque essere un grande aiuto, come si può intuire, al progresso e alla tecnologia, ma i robot possono essere anche pericolosi: durante uno studio fatto su un prototipo di macchina futura, per esempio, si è venuta a creare una situazione scomoda, ma plausibile nelle molteplici sfaccettature della realtà, per il robot al quale avevano ordinato di portare a termine il suo compito, ossia trasportare 6 persone a casa. Improvvisamente, 10 persone circa hanno attraversato la strada che lui stava percorrendo. Senza fare calcoli o pensare, il robot avrebbe investito le persone che attraversavano e pur di riportare le 6 persone a casa e terminare il compito assegnato. O ancora, durante un altro episodio è successo questo: c’è stato un incontro di scacchi tra il campione mondiale Garry Kasparov e la più grande macchina mai progettata per giocare a scacchi. Nell incontro Kasparov perse perché la macchina formulava centinaia di possibilità al secondo, cosa che all’uomo non potrà mai riuscire. Kasparov, però, volle la rivincita battendo questa volta la macchina che anche se formulava centinaia di possibilità al secondo, perché l’uomo ha, e avrà sempre, per fortuna, quel lampo di genio improvviso, quel guizzo di intelligenza che può portarlo alla vittoria.

Vi ho raccontato questi due episodi per farvi riflettere sul fatto che l’uomo ha un cuore ed un intelligenza di tipo emotivo, quella che conta poi veramente, che un robot non potrà mai avere. Del resto i robot, anche essendo geniali, sono pur sempre opera umana.

Esempio di Machine Learningb
https://youtu.be/JXkMevbjga4

Esempio di Machine Planning
https://youtu.be/VreG1iC65Lc

Articolo di Mattia Di Stadio

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Il 25 aprile è primavera

Il 25 aprile è una festa, il 25 aprile è una primavera: ci ricorda quello che è successo 75 anni fa e che mai dovremmo (e dovremo) dimenticare, ci ricorda i valori fondanti della Repubblica Italiana, che è democratica e antifascista. Ci ricorda che i Partigiani e gli Alleati hanno liberato la nostra penisola dalle stragi e dai soprusi fascisti, dalla guerra e dalla dittatura, dalle macerie fisiche e morali che queste portano.

L’Italia nasce dalla Resistenza, è quello che è oggi grazie a quel momento storico. Come si può non aprire un libro di storia e andare a vedere che cosa è successo, per capire? E come si può, una volta studiato, non festeggiare questa giornata? La Resistenza è patrimonio del popolo italiano, di chi ama la libertà e di chi ama la verità. Non è destra e sinistra, è la differenza tra giusto e sbagliato.

La liberazione del Paese ebbe un costo elevato di vittime militari e civili, quantificabili in oltre 200.000 morti italiani. Morti per la libertà. Su questo dovremmo veramente riflettere, sulla libertà, sui valori che oggi diamo per scontati e che invece sono stati guadagnati con la lotta e con il sacrificio.

E per riflettere possiamo usare una testimonianza che mi ha molto colpito, dice così:


“siamo i vostri fratelli,
figli di queste colline.
Ci fu chiesta la vita,
avevamo poco di più ma la demmo lo stesso
perché voi poteste continuare a sperare
in un mondo più umano.
Non offriteci solo preghiere, ma la rabbia.
Una rabbia feroce
contro chiunque voglia mettere
di nuovo
l’uomo contro l’uomo!”

L’uomo contro l’uomo non ha mai portato a nulla di buono, la Storia lo dimostra. E allora buona festa, buona primavera di rinascita, oggi più che mai, con questo virus che non ci lascia in pace. Io vorrei davvero imparare dal passato, per un futuro più bello.

Articolo di Michele Altieri, IIA

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LA FORZA DELLA MEMORIA

In occasione della morte di Pietro Terracina, sopravvissuto ad Auswitzch

Credo che la memoria abbia un grande potere, vale a dire quello di far rivivere nel tempo gli avvenimenti passati e da essi trarre insegnamenti. Invece l’uomo, pur essendo consapevole dei propri errori, non impara, non assimila nessun insegnamento dalla Storia e cade sempre vittima del proprio egoismo, ignorando così la grande forza della memoria che ci consentirebbe di costruire un futuro migliore proprio partendo dalle rovine del passato.

Pietro Terracina

Per questo è importante rendere omaggio a coloro che hanno vissuto da protagonisti avvenimenti di rilievo che non vanno dimenticati e che la memoria, appunto, rende ogni volta attuali. Così come non dovremmo dimenticare mai che tanto grande è l’intelletto dell’uomo e può portarlo a grandi imprese, tanto può essere causa della sua debolezza, se non viene usato per scopi volti al comune interesse.

Anna De Sanctis, III C

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Les barrières linguistiques

L’expression barrière linguistique décrit l’incapacité de plusieurs personnes de langue maternelle différente à communiquer entre elles.

Dans le passé, les barrières linguistiques étaient très fortes. À l’époque, en particulier dans les pays les moins avancés, les gens du même pays ne pouvaient pas communiquer parce qu’ils parlaient de différentes langues. Aujourd’hui, ce problème peut être surmonté, depuis l’enfance.
Aujourd’hui, à l’école, nous apprenons plusieres langues ètrangères: l’Anglais mais aussi le Français, l’Ḗspagnol, l’Allemand, le Grec, le Latin et beaucoup d’autres langues.
De nos jours, on parle beaucoup de «compétences», comme d’aptitudes que nous avons personnellement et que nous sommes censés maitriser pour mieux évoluer dans notre vie personnelle et professionnelle.

Le domaine des langues n’échappe pas à cette tendance. À l’heure de la mondialisation et de l’ouverture des frontières, il ne faut plus avoir peur des barrières linguistiques et, au contraire, se donner les chances de les outrepasser.
Le cadre Européen Commun de Référence pour les Langues existe depuis 2002 et a pour objectif de mesurer les compétences en langues étrangères dans chaque État membre, mais aussi sur d’autres continents et est disponible en 40 langues.

Les compétences linguistiques sont évaluées sur 6 niveaux : débutant (A1, A2), intermédiaire (B1, B2), avancé (C1 et C2) et fournissent aussi une base pour la reconnaissance mutuelle de certifications en langues.
Nous élèves de la dernière année de l’école Alda Merini, nous avons suivi un cours de préparation pour soûtenir l’examen pour la Cèrtification en Langue Française DELF (Diplôme d’études en langue française). Il y avait deux cours pour deux niveaux: DELF A1 et DELF A2, tenus par nos professeurs de Français. L’éxamen pour le DELF A1 a eu lieu le 13 mai, et le 15 mai pour le niveau A2. Après cet examen, nous obtiendrons (on l’éspère) le cértificat de langue Français du niveau réspectif.
Le Diplôme d’Études en Langue Française (DELF) est un diplôme décerné par le ministère de l’éducation nationale français. Il valide le niveau de maîtrise du français langue étrangère du candidat dans toutes les compétences linguistiques: expression écrite et orale, compréhension écrite et orale. C’est un diplôme reconnu dans le monde entier et valide à vie. Nous avons soûtenu même des épreuves en langue anglaise pour cértifier nos compétences à la fin de ce premier cycle scolaire (INVALSI).

Ḗtudier une langue étrangère c’est une façon de rapprocher les peuples et les gens et de rencontrer de nouveaux amis, dans un monde global et interculturel.

Article de Davide Fantone

Confini Immaginari, Fantascienza, Frontiere e confini, Interviste, La linea sottile tra presente e futuro, Rubriche

Intervista a Fabrizio Farina

Intervista a Fabrizio Farina, curatore dei due volumi “Viaggi nello spazio” e “Viaggi nel tempo”, Einaudi.

Buongiorno Fabrizio e grazie per averci concesso un po’ del suo tempo e del suo “sapere”. Abbiamo letto “Viaggi nello spazio” e “Viaggi nel tempo” e li abbiamo amati da subito, entrambi. Li abbiamo scelti e poi letti perché, sul nostro sito, stiamo approfondendo la tematica del confine, di quanto sia giusto superarlo, di quanto i limiti spesso ci condizionino e di quel che c’è oltre questi limiti, reali o immaginari che siano. Superare, in qualche modo, tempo e spazio ci sembra la nuova frontiera da raggiungere. Lei ci ha fatto sognare con i brani dei grandi scrittori selezionati che hanno raccontato nelle loro opere viaggi nel tempo e nello spazio appunto. In base a cosa li ha selezionati?

Nel caso dei volumi sul tempo, spazio e ora la Luna, il criterio è quello di selezionare dei racconti che trattino il tema in modo originale, che siano ben scritti, che raccontino l’argomento in maniera accattivante (cosa che fortunatamente nella letteratura di fantascienza non manca) e se si ha la fortuna di trovarli, anche dei racconti inediti che rendono l’antologia ancora più interessante e unica.

Lei è il curatore di questi due volumi. Cosa fa tecnicamente il curatore?

Il compito del curatore è scegliere i racconti in base al proprio gusto e sensibilità. Per farlo bisogna leggere molto, non solo con occhio critico ma immergendosi nelle atmosfere delle diverse storie in cui ci si imbatte. Farsi trasportare insomma dalla fantasia degli scrittori.

Secondo lei viaggeremo presto davvero nel tempo e nello spazio? Se fosse possibile, lei partirebbe?

Nello spazio, come già sapete e seppur in modo limitato, ci siamo stati, il cosmonauta Jurij Gagarin il 12 aprile del 1961 fu il primo uomo nello spazio e 8 anni dopo la missione Apollo 11 porto Neil Armstrong e Buzz Aldrin a mettere piede sul suolo lunare. Il prossimo passo sarà portare l’uomo su Marte ed è questione di tempo, potrebbe già essere tra di voi chi porterà a termine questa impresa.  Sul viaggio nel tempo nutro molti dubbi, a livello teorico alcuni scienziati sostengono sia possibile, ma in pratica è ancora impossibile. Anche se tutti noi si viaggia nel futuro, solo che lo si fa di secondo in secondo.

Si è divertito di più a viaggiare nel tempo o nello spazio, scrivendo? Ma soprattutto, tempo e spazio possono davvero essere distinti? Noi abbiamo chiamato il nostro sito Geostorie, proprio perché le storie esistono nella geografia e viceversa. Può valere un po’ lo stesso discorso per una sorta di spaziotempo?

È come chiedere se vuoi più bene a papà o mamma: diciamo entrambi, anche se forse i viaggi nel tempo per la loro natura tutta “inverosimile” mi hanno affascinato di più. Lo spazio e il tempo sono inscindibili, la loro correlazione oltre che teorica è anche pratica. Infatti si parla sempre di spazio tempo, le distanze spaziali si calcolano in “anni luce” che è una quantità di tempo.

Nei due volumi ci sono brani tratti da Bradbury, Dick, Poe, Salgari, Voltaire: immaginiamo lei ami tutti questi scrittori, ma ce n’è uno che preferisce? Perché?

Amo Dick, per la sua capacità di prevedere il futuro, le invenzioni e le conseguenze che queste hanno sulla società. Di Bradbury mi piace la capacità di farti sentire dentro le avventure dei personaggi dei suoi racconti. Poe è un caso a parte, la sua scrittura la si ama a prescindere dalla storia che ti sta raccontando.

Le sue copertine sono sempre bellissime, specie quella di “Viaggi nel tempo” con l’illustrazione di Alejandro Burdisio. Quanto conta secondo lei la copertina in un libro? Lo chiediamo alla persona giusta vista la sua esperienza come cover designer…

La copertina è la faccia del libro, quella con cui si presenta in pubblico, deve attirare, farsi vedere senza esagerare, deve incuriosirti al punto di prendere in mano il libro e farti entrare in contatto con l’oggetto.

Cosa bolle adesso in pentola? C’è qualche nuovo lavoro in cantiere? Noi speriamo di sì, per poter viaggiare ancora insieme.

A giorni uscirà la terza antologia “Viaggi sulla Luna”, che raccoglie i racconti di autori di fantascienza come Ballard, Clarke e Heinlein e scrittori non propriamente del genere come Malerba, Landolfi e Buzzati, ma che ci portano, ognuno a suo modo, sulla Luna, a cinquant’anni dallo storico allunaggio avvenuto il 21 luglio del 1969.

Grazie.

Grazie a voi, ragazzi. Alla prossima.