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Il cammino di Santiago: tra storia, geografia, religione, simbologia e…sostenibilità

Un giorno, mentre guardavo distrattamente un documentario, sono rimasto colpito da un luogo, se luogo davvero lo si può definire. Poi ne abbiamo parlato a scuola nell’ora di geografia e mi sono incuriosito ancora di più. Sto parlando del Cammino di Santiago, uno dei pellegrinaggi più famosi del mondo. Quale posto migliore per parlarne, se non il nostro blog che approfondisce storie di cammini, di popoli, culture diverse e sostenibilità?

Dunque vi spiego bene: questo cammino è un percorso composto da una serie di itinerari che, partendo da luoghi diversi della Spagna, del Portogallo e della Francia, consentono di arrivare a Compostela, città spagnola, dove i pellegrini ottengono il perdono dei peccati o comunque, se non sono religiosi, terminano il loro cammino in un posto bellissimo e storicamente importante. È una esperienza unica ed emozionante, da fare da soli o in gruppo, a piedi o in bici: camminare vuol dire sempre ritrovare se stessi e sfidare i propri limiti fisici e psicologici, entrando in contatto con la propria spiritualità. Una fortuna, Lo dovremmo fare tutti più spesso. E poi è un’attività sostenibile, non inquina, fa bene alla natura, alle gambe, ai polmoni e al cuore. E poi questo cammino ripercorre luoghi della storia, quindi unisce a tutto ciò anche la bellezza di conoscere qualcosa in più del nostro passato. Mi piace questa idea del turismo sostenibile!

Lo scopo di questo cammino è raggiungere la Cattedrale di Santiago de Compostela per venerare le reliquie dell’apostolo San Giacomo, Santiago appunto. Ogni anno a questo pellegrinaggio partecipano circa 300 mila persone provenienti da tutto il mondo. Mi sono posto tante domande sul perché ogni anno tutta questa gente avesse sentito il bisogno di fare questo viaggio ed ho scoperto che i primi pellegrinaggi risalgono al XI secolo, quando vennero scoperti qui i resti della salma di Santiago. Secondo la leggenda, San Giacomo fu uno dei dodici apostoli di Gesù e, dopo la morte del Messia, si adoperò per un’opera di evangelizzazione nei territori della Spagna ma venne ucciso pochi anni dopo al suo rientro in Palestina, mentre il suo corpo fu sepolto in Galizia. Il cammino di Santiago viene riconosciuto soltanto nel 1492 da Papa Alessandro VI.

Il cammino si divide in tre sezioni principali: il cammino francese, il tratto nel nord della Spagna e quello portoghese. L’importante è percorrere almeno 100 Km del Cammino di Santiago (sugli 800circa totali) per ottenere la Compostela. Il pellegrinaggio è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1993. Non esiste un unico simbolo del Cammino di Santiago, ma veramente tanti, anche se i più comuni sono la croce del cammino, la conchiglia e la freccia gialla.

Uno dei simboli indiscussi è la freccia gialla,flecha amarilla, dipinta con un pennello ovunque, su strade o alberi, insomma dove capita. Nasce nel 1984 grazie a un sacerdote che in questo modo riuscì a indicare l’itinerario ai pellegrini del tratto francese. Poi c’è la conchiglia di San Giacomo o vieira, mollusco di cui sono ricche le coste della Galizia e che i pellegrini portavano via come premio ed era veramente una prova che avessero concluso davvero il cammino, visto che la vendita di queste conchiglie era consentita solo a Santiago de Compostela. Infine, in parallelo all’altra grande meta della cristianità, Gerusalemme, che ha la croce Leonina, anche al Cammino di Santiago è stata associata una croce particolare, la Cruz de Santiago, che rappresenta una spada con un’elsa “a giglio” e che è di solito dipinta in rosso.

Tante bellissime curiosità e una storia lunghissima che si intreccia alla religione. E alla geografia: cammini, confini superati, Paesi attraversati, incontro con gli altri pellegrini. Che bello tutto questo!

Dopo aver fatto questa ricerca credo e sono convinto che questo pellegrinaggio sia una esperienza da provare perché sono sicuro che le emozioni che si provano sia a livello fisico che mentale sono uniche e irripetibili. Quando sarò più grande mi riprometto di farlo e di poter condividere e confermare che ne è valsa la pena.

Articolo di Michele Conti, classe 2 A

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La ricchezza dei margini

In Italia ci sono molti piccoli comuni sperduti e/o abbandonati che invece sono bellissimi, secondo noi, e nascondono tradizioni antichissime, paesaggi meravigliosi e storie emozionanti.

Si concentrano soprattutto nella zona interna dell’Italia, arroccati lungo il nostro splendido Appennino.

Dovremmo valorizzarli e riscoprirli, perché altrimenti si perderà anche un pezzo della storia dell’Italia. Su un articolo di Repubblica leggiamo: <<Sono 5.498 i piccoli Comuni in Italia (con popolazione pari o inferiore a cinquemila abitanti ma anche quei comuni istituiti con la fusione tra centri che hanno, ognuno, popolazione fino a 5.000 abitanti) su un totale di 7.914: rappresentano il 69,5% del complesso dei Comuni italiani e amministrano il 50 per cento del territorio nazionale. Ci vivono quasi 10 milioni di cittadini, il 16,51% della popolazione italiana>>.

Esiste anche una legge, la legge Realacci, che serve a tutelarli. Questa norma prevede:
il recupero dei centri storici,
la diffusione della banda larga,
la tutela dell’ambiente,
la prevenzione del rischio idrogeologico e
la realizzazione di itinerari turistico-culturali ed enogastronomici.

Questo permette di andarli a visitare e di scoprirli attraverso un turismo sostenibile che ci piace e apprezziamo, ne hanno parlato gli studenti degli anni scorsi anche qui. Tra i vicoli di questi borghi si sente l’odore del pane appena sfornato e si è circondati dalla natura. È un’Italia lontana dalle grandi mete turistiche tradizionali, ma assolutamente magica..

In fondo, a pensarci bene, l’Italia è un Paese di paesi, territori che da troppo tempo, però, sono stati lasciati in balìa dello spopolamento e dell’abbandono: i giovani vanno verso le grandi città e nei borghi non resta nessuno. Che possiamo fare? Renderli più interessanti e funzionali secondo noi, anche attraverso attività culturali per esempio.

Il circuito dei Borghi Autentici d’Italia è una rete che riunisce piccoli e medi comuni italiani con l’obiettivo di farli scoprire e conoscere. Ci sono moltissimi paesi abruzzesi che ne fanno parte. Spulciate sul sito per saperne di più e ricordatevi che la ricchezza non necessariamente sta nel centro, ma è spesso nascosta anche sui margini e sui confini.

Articolo di Simona Campellone, classe 2A