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Impronta ecologica

Si legge su Wikipedia che “l’impronta ecologica – o ecological footprint-  misura l’area biologicamente produttiva di mare e terra necessaria a rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e ad assorbire i rifiuti prodotti”. Oggi purtroppo sappiamo che l’umanità utilizza l’equivalente di un pianeta e mezzo, ovvero il nostro pianeta ha bisogno di un anno e sei mesi per rigenerare tutto ciò che noi usiamo in un anno. Si pensa quindi che, se non ci saranno cambiamenti di rotta, nel 2030 avremo bisogno di due pianeti per far fronte alla nostra richiesta.

immagine tratta da @figliodellafantasia.wordpress.com

Possiamo allora fare qualcosa per migliorare questa situazione?
E se rispondessimo con un’altra domanda?
Che cos’è una smart city?

Forse la smart city è una parte della soluzione. Smart vuol dire intelligente e una città è intelligente se sa salvaguardare l’ambiente, se è dotata di un piano urbanistico innovativo e se permette ai cittadini di usufruire dei servizi in maniera veloce, grazie anche alla tecnologia. Dunque se diventa sostenibile. Come?
Attraverso, per esempio, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione: le Ict (Information and Communication Technology) infatticercano di garantire energia sempre più verde e pulita. Oppure le telecomunicazioni, che possono facilmente creare dei collegamenti tra persone e strutture attraverso la condivisione, raggiungendo più persone possibile e minimizzando gli sprechi. Anche mio articolo rientra in questo sistema. Sistema è una parola che ci piace, perché una città intelligente è un sistema, è una comunità che ottimizza l’uso delle risorse ma lo fa con l’idea di migliorare la qualità della vita.

Una città, quindi, può essere smart solo se lo sono anche i suoi cittadini. Siete d’accordo? Quindi, essere smart nel 2020 significa adottare comportamenti responsabili, prendersi cura della nostra casa che è il mondo, ma soprattutto, significa conoscere e informarsi: se io sono ignorante, cioè non conosco i problemi, non potrò mai trovare soluzioni.

Facciamo un piccolo ripasso, allora, ricordando che alcune risorse non sono rinnovabili. E questo è un primo problema perché sono risorse disponibili in quantità limitate e con tempi di ricostruzione molto lunghi. E quindi l’uomo dovrebbe usarle in modo consapevole. Eppure l’uomo ormai usa in maniera sbagliata e smisurata ogni risorsa, anche quelle rinnovabili che sono collegate ai cicli della materia e quindi si rigenerano.

È la natura stessa quindi che ci insegna a riciclare: essa stessa riesce a ‘’riciclare’’ i suoi rifiuti. Potremmo imparare da lei a riciclare, a ridurre e a differenziare. Che ne dite? Ne parliamo anche qui, cliccate.

Articolo di Michele Altieri, IIA