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Leoni e Draghi…oltre le Colonne d’Ercole

Le Colonne d’Ercole rappresentano un luogo di miti e leggende.
Secondo gli antichi Greci, le Colonne d’Ercole, che sarebbero i due promontori rocciosi che danno forma allo Stretto di Gibilterra, esistevano per indicare il limite oltre il quale non era più possibile andare, né tantomeno fare ritorno perché oltre quel limite c’era l’ignoto, e quindi il pericolo.

Oltre quel limite, oltre lo stretto, il Mar Mediterraneo si incontra con l’Oceano Atlantico, un mare tranquillo e “chiuso”, va a sfociare nell’impetuoso e “aperto” oceano: si capisce che questo poteva destabilizzare i popoli antichi, che non avevano le conoscenze che noi abbiamo oggi, soprattutto quelle relative alla geografia, al clima, alle scoperte geografiche e cartografiche.

Si credeva che le “colonne” fossero state posizionate da Ercole, per limitare i lati dello Stretto di Gibilterra, proprio per scoraggiare i viaggiatori più curiosi. Il mito racconta che l’eroe avrebbe dovuto superare ben 12 fatiche, non varcando mai, però, lo stretto.
Le fatiche sono:

  1. Uccidere l’invulnerabile leone di Nemea e portare la sua pelle come trofeo;
  2. Uccidere l’immortale idra di Lerna;
  3. Catturare la cerna di Cerinea;
  4. Catturare il cinghiale di Erimanto;
  5. Ripulire le stalle di Augia;
  6. Disperdere gli uccelli del lago Stinfolo;
  7. Catturare il toro di Creta;
  8. Rubare le cavalle di Diomede;
  9. Impossessarsi della cintura di Ippolita;
  10. Rubare i buoi di Geriore;
  11. Rubare i pomi d’oro del giardino delle Esperiodi;
  12. Portare vivo il Cerbero a Creta;

L’eroe doveva espiare le sue colpe con queste prove perché aveva ucciso alcuni membri della sua famiglia. Si racconta che arrivò fino alle pendici dei monti Calpe e Abila, che erano proprio considerati i limiti estremi del mondo, e che decise di scindere il monte in due parti creando i promontori di cui parlavamo prima, simbolicamente le due colonne d’Ercole, e che vi impresse l’incisione con la scritta “non plus ultra”. Nell’immaginario della gente e degli studiosi si generavano tante ipotesi: Platone pensava per esempio che ci fosse la famosa isola di Atlantide, Dante Alighieri immaginava che ci fosse il Purgatorio, raggiungibile solo dopo cinque mesi di navigazione oltre le Colonne. Ma ci sarà Cristoforo Colombo, che proprio oltre le colonne cerca una rotta che lo porti alle Indie. 

C’è sempre qualcuno che non ha paura di superare i limiti, che risponde al richiamo della curiosità, che è molto più forte di quello della paura.

“Hic sunt leones”, qui ci sono i leoni, è un detto usato dai romani, e infatti è scritto in latino, che si riferiva alle zone pericolose e inesplorate dell’Africa. Qualcuno diceva anche “hic sunt dracones” (“qui si trovano i serpenti”) o “hic nascuntur elephantes” (“qui nascono gli elefanti”) . Servivano a fare paura, a cercare di non incoraggiare a oltrepassare determinati limiti. Mi sono chiesto se non servissero per comandare e controllare. Però, per fortuna c’è stato nella Storia qualcuno che non ha avuto paura di combattere i leoni e i dragoni!

Articolo di Federico Tesone, classe 2A

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Tra bussole e reti: Alessandro Vanoli a Castel Di Sangro

Il 9 maggio abbiamo avuto ospite a scuola Alessandro Vanoli, un grande scrittore e studioso, e questo lo sapevamo già, ma abbiamo scoperto che è anche un grande uomo, dal cuore gentile e dalla mente libera. Che onore che è stato!

Con lui abbiamo parlato di questo libro, letto precedentemente, e quindi di Storia e storie, di Mediterraneo e di popoli, di lingue e di viaggi, di migrazioni, di pane e di caffè, di bussole e di strade perse, di internet e di abbracci. Ci siamo cimentati nel lavoro giornalistico, lo abbiamo intervistato e gli abbiamo fatto delle domande nate da alcune curiosità durante la lettura del libro. Insieme a noi c’erano le altre due terze dell’istituto e mentre parlava tutti eravamo affascinati, ci ha lasciato a bocca aperta quando raccontava dei suoi giri intorno al mondo, dei suoi lavori. Ci ha fatto riflettere su tematiche attuali, sull’importanza dell’onestà e della gentilezza, sullo studio che è fondamentale. Da questo incontro usciamo arricchiti.

Classe 3B

Confini Reali, Frontiere e confini, Il mediterraneo, Recensioni libri e film, Rubriche

Storia del Mediterraneo in 20 oggetti

Il Mediterraneo è stato da sempre al centro di scambi, navigazioni e migrazioni, e gli autori del libro, Vanoli e Feniello, hanno cercato di ripercorrere la storia millenaria di questo grande mare attraverso 20 oggetti (che bella idea!), alcuni comuni (come il pane, la moneta, la valigia) altri curiosi e particolari (come ad esempio la coppa, i pupi, la cesoia), comunque capaci di raccontarci in maniera suggestiva cosa è stato il “Mare nostrum” nel corso dei secoli.

Questo libro è molto diverso da tutti quelli da me letti in precedenza. Inizialmente mi sembrava difficile capire le origini dei vari oggetti soprattutto a causa della presenza di numerosi riferimenti storici; poi, pian piano, ho cominciato ad entrare nella mente degli autori e il mio giudizio è cambiato radicalmente, ed è diventato facilissimo e bellissimo leggere. Ho trovato il libro molto originale e per questo particolarmente affascinante. La storia di ogni oggetto raccontato dagli autori mi ha portato a riflettere su quante vite, amori, religioni si siano incontrati su questo mare. Per secoli, anzi per millenni, culture, civiltà diverse sono entrate in contatto per poi intrecciarsi, mescolarsi. La contaminazione è un argomento che spesso torna nelle nostre lezioni e vederlo materializzato in un libro mi è piaciuto e mi ha colpito, allo stesso tempo. Si vede benissimo nel paragrafo dedicato alla chitarra, in cui si raccontano le contaminazioni e le influenze in musica intorno al Mediterraneo. Nel racconto in cui si parla della valigia invece ho riflettuto sull’importanza di non fare sempre gli stessi errori storici, mentre in quello sul corallo mi sono soffermata a pensare al clima e all’inquinamento, a quanto la nostra cattiva condotta possa incidere sul pianeta.

Il libro di Vanoli e Feniello infatti, secondo me, è attualissimo, nonostante faccia riferimento ad eventi accaduti anche molti secoli fa. Leggendo il penultimo capitolo, il cui oggetto è il barcone, ho capito che i barconi, di cui si sente parlare quotidianamente anche nei Tg, hanno sempre solcato le acque del Mediterraneo. Non è una novità. Migliaia di viaggi, di naufragi, di sbarchi. Non tutte le volte, però, si sono mossi nella direzione di oggi, cioè da sud a nord. Al tempo dell’invasione normanna per esempio, a differenza di oggi, i barconi non andavano dall’Africa verso la Sicilia ma viceversa. Come sono cambiate le cose nel corso del tempo! Ieri il Mediterraneo era un mare aperto al sapere, alla conoscenza e la sua ricchezza originava proprio dagli scambi fra genti diverse ma in qualche modo accomunate tra loro; oggi, viviamo in un’epoca in cui i migranti vengono respinti e devono essere tutelati attraverso accordi internazionali. Il Mediterraneo è diventato un mare chiuso,  fonte di divisione e ad esso sono associate spesso e volentieri immagini di disperazione e di morte. E questo dovrebbe far riflettere tutti noi! Consiglio la lettura di questo libro a tutti coloro che si sono stancati della semplice storiella e vogliono sperimentare qualcosa di diverso e più approfondito. Sarà un libro che vi stupirà. Buona lettura!

Di Mediterraneo abbiamo parlato anche qui.

Giulia Romano

Confini Reali, Il mediterraneo

Il Mediterraneo

Il Mar Mediterraneo è un mare per noi importantissimo e ricco di suggestioni, che bagna Asia, Africa ed Europa, ed è stato da sempre un importantissimo crocevia di scambi (commerciali certamente, ma anche culturali) essendo via di comunicazione fondamentale, ma anche culla di grandissime civiltà, come quella romana, greca ed egizia.  Ma che cos’è il Mediterraneo? Tante, tantissime cose insieme.  Non un mare solo, ma tanti mari che si susseguono. Non un unico paesaggio, ma mille paesaggi diversi e vari a seconda dei versanti. Insomma, un’entità multiforme.

Mediterraneo significa “in mezzo alle terre”, infatti solo in alcuni punti comunica con altri mari e cioè: lo stretto di Gibilterra lo collega con l’Oceano Atlantico, lo stretto del Bosforo e quello dei Dardanelli lo collegano con il mar Nero e per finire abbiamo il canale artificiale di Suez che lo collega con il Mar Rosso, e quindi direttamente con l’Oceano Indiano. Il Mediterraneo fu denominato dai romani Mare Nostrum (fu addirittura Giulio Cesare a parlare di Mare Nostrum nel suo De Bello Gallico), quasi ad indicare una sorta di diritto di proprietà del mare stesso, una prerogativa che ancora oggi noi italiani sentiamo nostra, infatti quando si parla della nostra cultura o della cucina si usa definirle mediterranee, proprio perché è nato in noi un senso di appartenenza e di riconoscenza, una sorta di identità mediterranea. Sarebbe bellissimo se in questo mare potessimo fare solo nuotate rilassanti, viaggi in barca e crociere esplorative. Ci piacerebbe un mare pulito poi, libero dall’inquinamento, dove potersi bagnare in estate e fermarci ad ammirarlo in inverno, un mare per meditare e rilassarsi, per avvicinarsi alle culture che lo contornano, ai popoli che lo abitano e lo vivono ogni giorno. Oggi purtroppo questo meravigliosa distesa di acqua azzurra, questo sterminato patrimonio di Storia e di storie (anzi, di geostorie, come suggerisce il nome del nostro sito, cioè di storie che si legano fortemente al territori da cui provengono), ha iniziato a rappresentare discriminazione, razzismo e morte. Oggi siamo abituati ad associare il Mediterraeo ai barconi, alle migrazioni. A casusa dei flussi migratori che avvengono a causa di guerre, conflitti e dittature, purtroppo, nell’immaginario di oggi questo mare non sembra essere più un luogo di apertura ma un luogo chiuso, un luogo di morte.

C’è chi lo ha chiamato cimitero e anche se il termine è molto forte in effetti rende bene l’idea, visti i tantissimi uomini che in queste acque trovano la morte, invece che la nuova vita che si aspettano. Il mare dovrebbe collegare, mettere in comunicazione e non dividere; essere un luogo di vita e di vitalità e non di morte e tragedie tristi. E ancora: è un confine, questo mare, o è una frontiera? È uno spazio di tutti, e quindi un confine naturale e neutro, oppure è una frontiera intesa come limite? Perché se questo mare di incontri è diventato una barriera forse non è una bella cosa, perché una frontiera presuppone qualcuno che si fronteggia, da una parte e dall’altra. E se qualcuno si fronteggia c’è uno scontro. Ci piacerebbe che il Mediterraneo tornasse a essere sfondo di storie positive.

Abbiamo letto Storia del Mediterraneo in 20 oggetti, di Alessandro Vanoli e Amedeo Feniello, che ci ha fatto molto riflettere su come sia cambiato questo mare e sull’importanza delle storie positive, anzi delle geostorie positive, legate agli oggetti e alle persone. Qui la recensione al libro, qui aggiungeremo l’intervista ad Alessandro Vanoli, che avremo l’onore di avere ospite nella nostra scuola.

Abbiamo letto anche Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda, sempre legato al Mediterraneo. Qui trovate l’intervista all’autore, mentre Qui trovate la nostra recensione.