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Confini Immaginari, Contaminazioni, Fantascienza, Frontiere e confini

Le nuove frontiere della scienza e della biotecnologia

La fantascienza, da “semplice” genere di evasione che era, si sta occupando negli ultimi anni di temi legati alla scienza, alla tecnologia, all’ecologia. Quindi la lettura in classe di alcuni racconti appartenenti a questa tipologia testuale e i dibattiti conseguenti, ci hanno offerto spunti di riflessione su problemi attuali, in particolare quelli relativi al grande sviluppo scientifico e tecnologico. La medicina, un tempo dominio quasi assoluto della chimica, è ora dominata dalla biologia, che ha saputo scavare nei segreti stessi della vita, arrivando a padroneggiare tecniche che ormai permettono di manipolare addirittura il corredo genetico di qualunque creatura vivente esista sulla Terra. L’anno 2000 , probabilmente, sarà ricordato come un anno importante che ha segnato la storia dell’umanità, infatti è stato proprio allora che si è riusciti a completare l’inventario completo del DNA della specie umana. Di che cosa si tratta? Perché questa scoperta ha così tanta importanza? Prima di tutto c’è in ballo la possibilità di curare malattie gravissime, fino ad allora invincibili, quali ad esempio il cancro, la degenerazione delle cellule cerebrali -che porta alla demenza negli anziani-, persino le malformazioni del feto e bambini con handicap.

Un’ altra conseguenza molto delicata riguarda la clonazione. Nel 1997, poi, un gruppo di scienziati scozzesi riuscì a far nascere una pecora perfettamente identica ad un’altra. Si era prodotta la prima clonazione di un mammifero. Una notizia pazzesca che, come si può immaginare, sollevò da una parte grandi entusiasmi, dall’altra accese forti polemiche. Le persone che la consideravano un avvenimento eccezionale sognavano di poter creare migliaia e migliaia di animali uguali tra loro, rendendo più facile usarne il latte, il pellame, ecc., o moltiplicare le specie in via di estinzione così da allontanare questo fenomeno; mentre gli oppositori erano abbastanza scettici e spaventati dalla possibilità che questa tecnica potesse essere utilizzata sugli esseri umani per ricrearne esatte copie. D’ altro canto è difficile arrestare la corsa verso la conoscenza e non a caso si parla sempre più spesso di bioetica, cioè della necessità di formulare una serie di regole che stabiliscano ciò che è moralmente giusto e ciò che non lo è nel campo della biologia e della medicina.

Ecco di nuovo il tema del confine: fin dove è lecito spingersi? E, soprattutto, chi decide cosa è lecito e cosa no?

Ma torniamo ancora per un attimo alla clonazione che non venne abbandonata e nel 2005 uscì la notizia che era stato clonato anche l’essere umano. L’intento era quello di ottenere cellule staminali. Gli embrioni ottenuti non superarono i cinque giorni di vita ma, nonostante questo, gli oppositori temettero e temono ancora che quell’esperimento fosse solamente una scusa per avanzare negli studi e arrivare un giorno a riprodurre un essere completo. Il tema è effettivamente molto delicato: quali effetti potrebbero derivare da tutto ciò? Si potrebbero creare individui uguali a un modello ritenuto fisicamente perfetto, rievocando follie naziste sulla razza superiore; oppure esseri senz’anima? O esseri perfetti? Chissà! Ma soprattutto ci chiediamo, è davvero lecito creare la vita al di là dei processi naturali? Queste, forse, sono domande senza risposta, o almeno noi non sappiamo entrare in quello che è il campo d’azione della bioetica. Però queste domande ce le siamo poste. Un’altra conseguenza derivante dalla possibilità dell’uomo di intervenire sul DNA sono gli organismi geneticamente modificati (OGM), caratterizzati da un patrimonio genetico in cui sono stati inseriti geni di un organismo del tutto diverso, ottenendo organismi con caratteristiche nuove, ad es. piante capaci di resistere maggiormente alla siccità o all’umidità o ai parassiti. Anche in questo ambito, come di fronte ad ogni novità rivoluzionaria, si sono formati subito due partiti opposti: coloro che ne saltano i vantaggi e coloro che mettono in guardia contro i pericoli. Gli uni vorrebbero diffonderli in tutto il mondo e anche per questo hanno creato un lungo elenco di benefici e il più vistoso è quello con più disponibilità di cibo, per una popolazione mondiale che è assolutamente in crescita; gli altri, invece, avanzano moltissime riserve e sostengono che gli ogm potrebbero far aumentare il rischio di tumori e favorire la diffusione di nuovi virus.

Chiaramente si tratta di problematiche molto complesse e noi non siamo in grado di esprimere delle opinioni; quello che abbiamo capito però è che le nuove frontiere aperte alla biologia devono essere esplorate con la dovuta cautela e con un sistema di regole, il più possibile condivise, non soltanto dagli scienziati, ma da tutti gli abitanti della terra. Per questo riflettere sui confini e sui limiti ci sembra già un buon inizio.

Articolo di Ludovica Bruno, Flavia Giancola, Ivana Gargano

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Il Blues tra speranze e contaminazioni

La musica Blues è stata molto importante per la vita dei neri nella seconda meta del 1900. La popolazione di colore con la musica si sfogava, si esprimeva, si divertiva, comunicava insomma. La musica è una forma altissima di comunicazione per tutti e da sempre, ma per loro il blues era davvero fondamentale: riusciva a farli stare bene, a distrarli, anche se solo momentaneamente, dalla tristezza del lavoro nelle piantagioni degli stati del sud degli USA. Le radici del Blues sono da ricercare proprio qui infatti, in queste comunità di schiavi afroamericani che sapevano trasformare la tristezza e la fatica in note preziose. Nel momento in cui cominciavano a suonare il loro strumento, come per magia, ogni brutto pensiero spariva, la fatica spariva.

L’origine del Blues non è facile da definire con esattezza, ma sappiamo che fu importantissimo l’anno 1865, anno dell’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti d’America. Infatti, una volta ottenuta la libertà, tantissimi ex schiavi, che erano anche musicisti, iniziarono a portare la loro musica fuori dalle piantagioni e questa si diffuse a macchia d’olio, perché sapeva emozionare. Il nome Blues deriva da un modo di dire: “to have the blue devils“, che si può tradurre con “avere i diavoli blu“. Vi spieghiamo meglio: originariamente nella lingua americana espressioni come “to be blue” o “to have the blues” volevano indicare uno stato di ubriachezza. Però, dopo la guerra di secessione in America, questi modi di dire iniziarono ad essere associati ad uno stato di sofferenza, di malinconia. Da origini umili e quasi segrete, quindi, il blues diventò la forma di musica popolare più registrata al mondo. E da qui iniziò a contaminare e influenzare (in alcuni casi contribuì alla vera e propria nascita) molti generi e stili della musica popolare moderna. Tra i (tanti) generi che furono più direttamente influenzati dal blues, non possiamo non menzionare il rhythm and blues, il rock and roll e poi l’hip pop.

Insomma, noi siamo rimasti molto colpiti dal discorso che riguarda, ancora una volta, i confini varcati, le frontiere sfondate, la contaminazione. Soprattutto perché vediamo come sia un tema ricorrente in tutte le materie studiate. La contaminazione infatti, come per la geografia, è anche per la musica un processo spontaneo in tutte le culture che fanno uso di forme musicali. 

Un processo che porta alla nascita di qualcosa di nuovo, qualcosa di più ricco, poi, alla fine. Ed è questo il bello.

Abbiamo visto in classe un film, Mississippi Adventure, che ci mostra come il Blues, una volta radicato nell’animo di un suonatore o di un ascoltatore, non va più via. Cattura l’anima. Nel film si racconta l’amicizia nata tra due persone molto diverse, iniziata e cementata grazie alla musica blues: da una parte il giovane Talent Boy, e dall’altra Willie Brown, un vecchio mito del Blues che deve fare i conti con la sua vita e con quelle decisioni che un giorno, in piedi fermo ad un crocicchio, stabilirono il suo destino. Un film in cui la vera protagonista è sicuramente la musica della chitarra e dell’armonica, che accompagna le vicende dei protagonisti per tutta la durata della pellicola. 

Per leggere la nostra recensione del film, cliccate qui.

Lavoro di: Luigi Di Domenico, Giulia Romano, Elia Buzzelli, Diego Antonelli, Matteo Montaquila, Ivana Gargano, Lucrezia Magni, Vittoria Tragni, Alessandro Chiappini.