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Recensioni libri e film, Rubriche

“MISSISSIPPI ADVENTURE “

Il film narra la storia di Eugene, un ragazzo che vuole a tutti i costi diventare un uomo di blues, un bluesman. Venuto a conoscenza che nell’ospizio locale si trova l’ormai ottantenne Willie Brown, grandissimo mito del blues e bravissimo suonatore di armonica, il ragazzo fa di tutto affinché Willie possa insegnargli la canzone -andata perduta- del grande chitarrista Robert Johnson. Willie e Robert, il famosissimo musicista che pare avesse fatto un patto col Diavolo per riuscire a suonare la chitarra meglio di chiunque altro al mondo, erano grandi amici da giovani. E pare anche che Johnson avesse inciso inciso solo 29 canzoni sulle 30 pattuite. Per questo Eugene spera che Willie possa insegnargli “la canzone perduta”. Tra i due nasce un legame bellissimo e Brown, che dopo una iniziale freddezza si lascia contagiare dall’entusiasmo del “talent boy”, come si fa chiamare Eugene, decide di evadere: per i due ha inizio una bella avventura dalla quale nascerà una profonda amicizia e un viaggio nel Mississippi, la patria del blues, ma anche…dei patti col Diavolo. Perché anche il vecchio Willie a suo tempo fece un patto col Diavolo e il ritorno in queste zone sarà per lui una vera e propria opportunità di fare un bilancio della sua vita e…di riaffrontare il Diavolo.

Durante il cammino vivranno varie avventure, e incontreranno anche Frances, una ragazza che avrà un ruolo molto importante nella vita di Eugene. L’improvviso andar via della ragazza provoca in lui un dispiacere talmente grande che porterà il ragazzo a tirare fuori tutte le sue emozioni attraverso la musica. Ed è infatti proprio la musica ad essere la protagonista reale del film, che si conclude con il duello tra Talent Boy e uno dei migliori chitarristi della zona. Eugene vince la sfida riuscendo ad annullare il patto che Willie aveva fatto con il diavolo tanti anni prima. Un viaggio reale -quindi- ma anche simbolico, viaggio di scoperta della propria indole per Eugene, viaggio catartico per Willie. Un film bellissimo. Ve lo consigliamo assolutamente!


Se volete saperne di più sulla musica Blues e sul suo essere musica di speranza e contaminazione, leggete il nostro approfondimento qui.

Lavoro di Luigi Di Domenico, Giulia Romano, Elia Buzzelli, Diego Antonelli, Matteo Montaquila, Ivana Gargano, Lucrezia Magni, Vittoria Tragni, Alessandro Chiappini.

Parole, Rubriche

PAROLEPAROLEPAROLE

Carlo Levi diceva che le parole sono pietre e noi siamo d’accordo, ci sembra sia giusto sceglierle con cura e attenzione, quando scriviamo è vero, ma anche semplicemente quando ci rivolgiamo a qualcuno. Di seguito abbiamo selezionato alcune parole che ricorrono spesso nel mondo di oggi. Alcune ci piacciono molto, altre per niente. Le definizioni sono nostre, così come le riflessioni, rielaborate dopo la ricerca su dizionari vari, cartacei e online, e dopo dibattiti vari in classe in diverse occasioni.
Invitiamo anche voi a selezionare con cura le parole da scegliere quando interagite con qualcuno, è anche questa una forma di rispetto verso gli altri, non trovate?

Questa è una rubrica in continuo aggiornamento, aggiungeremo nuovi termini se ne troveremo di interessanti. Stay tuned!

LE PAROLE DELL’INCLUSIONE

Inclusione: l’inclusione, in matematica, è la relazione fra due insiemi che si verifica quando ogni elemento di uno fa parte dell’altro. Se dalla matematica trasportiamo questo concetto nella società, ci rendiamo conto che includere è un’azione che facciamo (o non facciamo) più o meno consapevolmente ogni giorno, a scuola o fuori. L’inclusione dovrebbe garantire l’inserimento reale di qualcuno all’interno di un gruppo, dal semplice gruppo classe all’intera società. Qualcosa di molto simile all’integrazione, ma non di perfettamente uguale: analizziamo la sfumatura di significato tra le due parole. Ci siamo fatti aiutare dal Devoto-Oli. Includere vuol dire “inserire, mettere dentro”, mentre integrare vuol dire “rendere completo dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo”. Allora il termine integrazione indica l’insieme di processi che rendono un’individuo membro di una società. Ci piacciono entrambe queste due parole.

Empatia: che bella l’empatia! Significa sapersi mettere nei panni e nell’anima di un altro. Significa saper sentire la gioia e il dolore di un nostro amico o di un altro essere umano come se fossimo noi a provare quella gioia o quel dolore. Sul podio delle nostre parole preferite!

Condivisione: to share, condividere. Se fosse vero sarebbe bellissimo: è il verbo del momento. Eppure, il problema è che oggi sembra che si condivida solo per mettersi in mostra, per far vedere quel che si fa, dove si va. Noi amiamo i social, il nostro blog ne è un esempio, ma ci piace anche la moderazione. E ci piace condividere realmente le emozioni con i nostri amici, la nostra famiglia, le persone della nostra vita. La nostra prof ci dice sempre che la felicità è reale solo se è condivisa, e noi pure lo pensiamo. Però condivisa veramente, attraverso le ore trascorse insieme, attraverso le risate, le riflessioni, lo studio. Ricominciamo a condividere davvero.

Gentilezza: che fa rima con bellezza. E allora, se diciamo che la gentilezza salverà il mondo e che riporterà la bellezza dove manca, stiamo esagerando secondo voi? Noi non crediamo affatto di esagerare. Facciamo una prova: sorridiamo di più, rispondiamo in maniera delicata e senza arrabbiarci, facciamo più spesso una carezza. Sarà la nostra piccola rivoluzione. Vediamo gli effetti: noi ci scommettiamo, sarà un delirio di bellezza.

Imparare: anche questa parola la amiamo molto. Si lega alla nostra curiosità, alla nostra voglia di scoprire il mondo in maniera diretta, facendo esperienze. Se non impariamo nulla non c’è evoluzione. E noi vogliamo essere uomini e donne evoluti, uomini e donne che sanno stare nel mondo e lo conoscono. Per questo abbiamo capito che studiare è importante, anche se faticoso tante volte. Una fatica oggi però, vale un uomo o una donna libera di domani. E allora….apriamo il libro, dai!

LE PAROLE DELLA DIVERSITA’

Discriminazione: parola che fa un po’ male. Discriminare vuol dire differenziare, classificare in senso negativo, spesso dispregiativo. Diciamo che è una parola troppo usata e pure troppo messa in pratica, ma va contro la nostra voglia di inclusione. Secondo noi discriminando ci perdiamo tante opportunità di crescita, di conoscenza e di arricchimento.

Violenza: che sia violenza su una donna o che sia violenza di un bullo su uno studente, per noi non fa differenza. La violenza va condannata in ogni sua forma, qui siamo categorici e tutti d’accordo. Wikipedia dice così: “con il termine violenza si intende un atto volontario, esercitato da un soggetto su un altro, in modo da determinarlo ad agire contro la sua volontà. Etimologicamente: che vìola, ciò che oltrepassa il limite della volontà altrui”. Ci sembra importantissimo il concetto di limite (trattato da diversi punti di vista qui sul sito), di violazione della volontà e del rispetto di un altro essere umano. La persona violenta è infatti una persona insicura, debole, che ha bisogno di avere costantemente attenzioni solo per lui e che non vede l’altro, non si cura degli altri esseri umani. In altri dizionari abbiamo trovato la definizione di violenza legata a una “forza impetuosa e incontrollata”: benissimo, vero, ma tutto quel che è fuori controllo dovrebbe farci riflettere. E a proposito di forza impetuosa, sicuramente la più forte è l’amore. Ed è l’unica, fidatevi, che può combattere la violenza.