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Confini Reali

Articoli Recenti, Confini Reali, Contaminazioni, Frontiere e confini, Popoli: geostorie tra spazio e tempo

GeostoriE: riflettiamo un po’

La Geografia è l’albero, il tronco dal quale si diramano le altre materie, perché senza un luogo fisico non ci sarebbero persone che comunicano e agiscono ogni giorno. È come la storia della Matematica che è onnipresente, ma anche la Matematica deriva dalla Geografia, perché senza nessun punto di riferimento nello spazio, cosa posso misurare? Storia e Geografia vanno a braccetto, perché senza un luogo fisico e degli elementi geografici, come fiumi, laghi, foreste, non si sarebbe nemmeno svolta l’evoluzione dell’uomo, a partire dall’età della pietra, non si sarebbe scoperto nulla, non si sarebbero combattute battaglie, guerre, invenzioni, rivolte e rivoluzioni. In un certo senso, le materie e le discipline derivano anche dalla Storia, perché le lingue (e anche i dialetti), le scoperte scientifiche, le religioni si sono sviluppate in un determinato periodo della Storia, in un punto nel corso del tempo.
La metafora dell’albero è la più adatta, credo, per spiegare questo concetto: la Geografia è il tronco dell’albero, e la Storia è rappresentata dai rami più grossi, dai quali si diramano altre materie.

Antonio Orsini

La storia e la geografia sono due materie connesse tra loro. Non esisterebbe la storia
senza la geografia e la geografia senza la storia. Ogni evento storico è sempre
collegato ad un luogo geografico.
La scoperta dell’America è un perfetto esempio di
relazione tra storia e geografia perché è stata una delle scoperte più importanti di sempre, scoperta di un luogo geografico che è entrata nella Storia ed è avvenuta in un preciso momento storico.

Angelica Di Rienzo

Alcuni umanisti affermano che la geografia serve per conoscere e memorizzare la
storia, per capire come si è insediata una civiltà, il modo di vivere dei suoi abitanti, le
tradizioni, il sistema politico adottato, bisogna relazionarsi con il territorio, con
l’ambiente geografico che lo circonda, con il suo paesaggio. Le due discipline per me
sono interconnesse, dipendenti l’una dall’altra.
Per quanto riguarda il caso specifico della campagna di Russia di Napoleone
Bonaparte
, quest’ultimo decise di invadere la città di Mosca con circa
tantissimi soldati di nazionalità diverse ma non conoscendo la conformazione geografica del territorio, partì forse un po’ sprovveduto i i Russi nel frattempo bruciarono tutti i terreni, rendendoli sterili. Così, quando i soldati di Napoleone raggiungono la nazione straniera, non sanno di cosa cibarsi e molti muoiono di stenti. Nel frattempo poi arriva l’inverno russo, durissimo, e i militari non avevano
l’abbigliamento adeguato per sopravvivere alle temperature rigide ed essendo già
indeboliti, molti muoiono per il freddo e per le abbondanti nevicate. Ciò dimostra quanto sia importante la conoscenza della geografia e del territorio.

Greta Mannella

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Peters VS Mercatore: tutte le carte sono sbagliate?

Le reali dimensioni di alcuni Paesi

Le carte geografiche sono rappresentazioni grafiche di una porzione di territorio. Ma si possono anche chiamare rappresentazioni simboliche perché gli elementi del territorio non sono rappresentati in modo realistico, con le loro forme originali o reali, ma attraverso simboli e colori: ad esempio, nelle carte fisiche si usano i colori per capire l’altitudine del territorio, la profondità del mare etc, o ancora, per esempio in una carta politica, si utilizzano simboli diversi per identificare una capitale rispetto a una città più piccola. Questi elementi sono illustrati dalla leggenda, una specie di guida alle informazioni di quella carta, che ci fa capire cosa vogliono dire quei simboli e colori. Una volta letta la leggenda ci possiamo tuffare nel mondo delle carte geografiche, chè un mondo bellissimo.

Bisogna capire, però, che le mappe sono tutte quante diverse e, allo stesso tempo, tutte un po’ giuste e un po’ sbagliate.

Innanzitutto bisogna fare i conti con un dato importante: non si possono inserire tutti gli elementi sulla carta, quindi i cartografi fanno una selezione di quello che si deve o non si deve inserire nelle carte. In secondo luogo, bisogna tenere presente che la geografia va di pari passo con altre discipline, come le scienze e la storia e quindi si è perfezionata sempre di più, ma che, nel tempo, ha subito l’influenza di altri “saperi” o credenze. Per esempio molto spesso le carte che noi utilizziamo riproducono l’Europa o l’Italia al centro. Ma in Cina cosa avranno nel centro? La Cina o l’Europa? E ancora, nel passato, avete mai pensato che ogni popolo mettesse al centro della carta il proprio territorio?

Ancora un altro aspetto: nel Medioevo, ad esempio, alcune carte geografiche rappresentano Dio al di sopra della Terra, della mappa, come a far capire chi comanda. Oggi sarebbe impensabile. Eppure, le carte non sono del tutto vere nemmeno oggi. Perché, sebbene tentino di rappresentare nel miglior modo la superficie del globo, in realtà quella superficie è difficilmente riproducibile su una carta piana, visto che la terra è tonda e leggermente schiacciata ai poli. Dunque, ogni mappa attua una distorsione della reale superficie terrestre. La distorsione cambia le proporzioni dei continenti, per esempio.

Vediamo meglio: la proiezione di Mercatore, per esempio, è una proiezione cartografica “conforme e cilindrica”. Questo significa che la proiezione nasce dall’idea che possiamo distendere, srotolare, un cilindro sul quale abbiamo proiettato la terra fino ad ottenere un rettangolo. La proiezione quindi non riesce a coprire pienamente le aree prossime ai Poli e questo vuol dire che tutte le terre più vicine ai poli sono rappresentate in modo più esteso di quanto siano davvero e, siccome la maggior parte di queste zone sta sull’emisfero boreale, Europa, USA, Canada, Scandinavia, Siberia e soprattutto Groenlandia, risultano più grandi di altre terre. In pratica, all’altitudine maggiore di 70° a Nord o a Sud, la proiezione di Mercatore è praticamente inutilizzabile. Questa proprietà, però, la rende facilmente utilizzabile ai navigatori, dato che ci vuole pochissimo per riportare delle direzioni da punto a punto, grazie agli angoli generati da meridiani e paralleli che sono preservati, perché si intersecano ad angolo retto. Questa proiezione, disegnata nel 1569, è diventata la più conosciuta e usata per le mappe nautiche, ma non solo, è tuttora utilizzatissima: sapevate che è la carta che usiamo oggi in Google Maps? Google usa la Mercatore Sferica, un tipo di proiezione di Mercatore, mentre ha usato una proiezione equirettangolare fino al 2005. Infatti, nonostante la sua distorsione, la Mercatore si adatta bene perché può essere spostata e scalata.

Mappa di Mercatore

Dunque, se la carta di Mercatore è stata creata per la navigazione, quella di Peters,
del 1974, è stata creata per rispecchiare le reali misure in scala 1:635.500.000 (ossia che un cm2 equivale a 63.500 km2 di superficie reale) e mantiene sempre ortagonali, su un piano a due dimensioni, i meridiani e i paralleli. Questo va a discapito della precisione nella rappresentazione delle distanze verticali. In particolare, però, la carta di Peters è veritiera in quanto mantiene uguale la distanza di tutti i punti dall’Equatore, perché i meridiani si uniscono ai poli. Inizialmente, poiché la proiezione di Peters mostrò più esattamente le dimensioni dei paesi in via di sviluppo, molte organizzazioni caritatevoli gli diedero sostegno, visto che la carta di Mercatore fu tacciata di eurocentrismo: al tempo di Mercatore, infatti, l’America era stata scoperta da poco e siamo nel periodo delle grandi esplorazioni geografiche, sempre seguite dai commerci selvaggi dell’Europa a danno delle colonie in India e nel Nuovo Mondo. La rappresentazione del mondo di Mercatore, quindi, pone l’idea dell’Europa come centro politico ed economico del mondo, tanto da dare un’immagine del mondo falsata. Per esempio l’Europa più grande dell’America Latina, che invece risulta più del doppio più grande. O ancora, la Germania è esattamente al centro e non a caso Mercatore era tedesco. Ne consegue quindi che rappresentazione della Terra che siamo abituati a vedere fa sembrare più importanti i paesi del Nord del Mondo. Ed era proprio per questo che Peters affermava che la sua rappresentazione per “aree equivalenti” rendeva giustizia a tutti i Paesi del mondo. Ma i sostenitori di Peters non avevano considerato il periodo storico: la proiezione di Mercatore è stata concepita essenzialmente per la navigazione, quindi non per questioni politiche ma perché era quello di cui si sentiva necessità in quel momento storico.

Mappa di Peters
@wikipedia: “in questa carta la riga celeste sta ad indicare l’Equatore mentre le due righe blu scuro stanno ad indicare i due tropici (Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno)”.

Oggi entrambe le proiezioni sono state quasi ovunque sostituite da proiezioni più precise: nelle aule di scuola probabilmente c’è la proiezione di Robinson o quella di Winkel Tripel, ma di questo parleremo in un altro articolo.

Abbiamo capito, insomma, che tutte le carte sono diverse, e al contempo giuste e sbagliate. O meglio, imperfette. Non esiste una carta perfetta, perché le carte possono essere solo vicinissime alla realtà. Esistono però molte carte che esaminano a fondo e per bene un aspetto. Per avere idea di più aspetti devo incrociare informazioni, fonti e…mappe.

Articolo di Antonio Orsini e Alessandro Tocci, IIB

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Confini Immaginari, Confini Reali, Frontiere e confini, Parole

Fake News

Cominciamo in maniera diretta: le fake news sono delle false notizie. O notizie esagerate, distorte. Comunque non attendibili.

Quindi è importante essere consapevoli del fatto che oggi esistono articoli che contengono informazioni del tutto o parzialmente inventate e ingannevoli, nate
proprio con lo scopo di disinformare – paradossalmente – attraverso i mezzi di informazione. La fake news dunque è una notizia volontariamente manipolata. In passato la falsa notizia era qualcosa che restava tra chi l’aveva raccontata e la cerchia di chi l’aveva ascoltata. Oggi invece è fin troppo facile diffondere fake news, soprattutto attraverso i social network. E questo vuol dire che in un attimo la notizia potrebbe fare il giro del mondo.

Ci chiediamo allora:
per quale motivo nascono le notizie false? Soprattutto per questioni di business e pubblicità: i siti che condividono le fake news attirano gli utenti che, visualizzando i contenuti, fanno guadagnare i creatori.

Come attirano gli utenti? Con i titoli clik-baiting, in italiano acchiappaclick, che sono quei titoli ben studiati che impressionano gli utenti, che li incuriosiscono anche se non sono veritieri. Ma soprattutto che, dopo aver catturato l’attenzione del lettore, non svelano il contenuto dell’articolo o del video, quindi l’utente è costretto a cliccare se vuole saperne di più.

Come riconoscere le fake news?
La prima cosa da fare è verificare la fonte. Se, per esempio, la notizia viene da un sito non attendibile, mai sentito prima o anche col nome molto simile a un sito vero ma con qualche lettera diversa (anche una sola a volte), è bene insospettirsi.
Si dovrebbe poi leggere con attenzione il pezzo, interamente, e farsi delle domande sull’argomento, ma soprattutto cercare altre informazioni, comparare e confrontare con altre fonti, con altri siti, altri quotidiani etc.
Non ci si deve fidare dei titoli, come dicevamo, ma nemmeno di foto visibilmente ritoccate o di fotomontaggi. E poi, altro piccolo ,a grande accorgimento è quello di non condividere o diffondere una notizia se non si è certi della sua veridicità.

Qui, su questo sito interessantissimo, Fact Checkers, troverete una guida molto accattivante e semplice allo stesso tempo, realizzata in collaborazione con Sky, che insegna come distinguere una fake news e anche un quiz per verificare se hai imparato a farlo. Vi invitiamo a consultarla.

E poi, qui sotto, un utile strumento del MIUR in collaborazione con altri enti che serve per capire la situazione e affrontarla al meglio, ma anche e soprattutto fronteggiarla, visto che ormai è un fenomeno diffuso. Anche se c’è scritto decalogo quando i punti sono solo 8 ci sembra ben fatto. Eccolo qui:

Il 2 aprile, inoltre, è l’International Fact-checking Day, giornata dedicata alla sensibilizzazione contro le notizie false e manipolate.
Concludiamo con una nostra riflessione.
Pensiamo che al giorno d’oggi il business e il denaro influiscano troppo su vari argomenti e vari settori del lavoro e della vita quotidiana; ma soprattutto che la gente deve studiare e informarsi, altrimenti cadranno sempre nella rete delle fake news.

Articolo di Arianna Brescia, Marta Canale e Lucia Lauriente

Articoli Recenti, Confini Reali, Frontiere e confini, Geologia, Tra le placche

Placche e confini: un’introduzione

Islanda

Confini reali, realissimi. E instabili. La terra si suddivide in una ventina di placche tettoniche e gli scienziati concordano su questo: ci dicono che in origine il mantello terrestre era costituito da magma fluido che, con il progressivo raffreddamento, si è trasformato in roccia solida, quella che chiamiamo litosfera. Inizialmente due unici grandi continenti si spostarono e si espansero entrambi in direzione dell’equatore, scontrandosi tra di loro e formando così un super continente. A provocare lo spostamento delle placche è il calore che viene dall’interno della terra che, una volta raggiunta la litosfera, genera energia per spingere e spostare le placche. Questo supercontinente a sua volta si fratturò dando origine ad una decina di placche o zolle tettoniche principali ed altre micro placche.

Le placche, o zolle, “galleggiano” sullo strato sottostante al mantello superiore, l’astenosfera, e muovendosi (grazie alla spinta di cui parlavamo prima) possono collidere, scorrere l’una accanto all’altra o allontanarsi fra loro. Per questo, nel corso della storia della terra, i continenti  hanno subito numerosi mutamenti di forma e dimensioni, proprio perché queste placche interagiscono tra di loro attraverso queste linee di confine, lungo le quali avvengono i fenomeni endogeni che tutti conosciamo, quali ad esempio orogenesi, terremoti, eruzioni vulcaniche.

Analizziamo da vicino, però, a proposito di confini, i margini di zolla in base ai tre movimenti appena accennati. Troviamo tre tipi di margini, tutti instabili e tutti in continuo movimento:

  • Margini a scorrimento laterale o conservativi: lungo questi margini le zolle scorrono lateralmente l’una rispetto all’altra. Le faglie trascorrenti e quelle trasformi fanno parte di questa categoria e l’esempio più famoso di questo tipo di faglia è rappresentato dal complesso della famosa Faglia di Sant’Andrea, in California, tra la placca Nordamericana e quella Pacifica.
Faglia di Sant’Andrea
  • Margini divergenti o costruttivi: lungo questi margini le zolle, invece, si allontanano l’una dall’altra e creano delle faglie. Lo spazio così creatosi viene occupato da nuova litosfera oceanica, che si genera dalla risalita di rocce più leggere che, a sua volta, va ad insinuarsi tra quelle più pesanti. Un importante esempio è la Rift Valley, in Africa orientale, che si è creata proprio dalla separazione delle placche tettoniche Africana e Araba, o anche dalla placca che taglia in due l’Islanda, che per il suo intero territorio si colloca proprio sulla dorsale medio-atlantica, che separa la placca Nordamericana da quella Euroasiatica.
Rift Valley
  • Margini convergenti o di subduzione, distruttivi o di sovrascorrimento: come dicono i nomi stessi, lungo questo tipo di margine una zolla, avvicinandosi all’altra, si sovrappone ad essa. Un esempio di questo tipo è il margine orientale della placca di Nazca, che slitta sotto quello occidentale della zolla Sudamericana, dando origine alla lunghissima catena montuosa delle Ande.
Placca di Nazca

Le placche maggiori sono: Placca Antartica, Placca Sudamericana, Placca Africana, Placca Indo-australiana, Placca Pacifica, Placca Nordamericana e Placca Euroasiatica.

Le placche minori principali sono: Placca di Nazca, Placca di Cocos, Placca Caraibica, Placca Scotia, Placca Araba o Arabica, Placca Scotia, Placca delle Filippine, Placca Anatoliana e Placca Juan de Fuca.

La placca è un dunque un elemento rigido che comprende sia crosta terrestre che crosta oceanica. La tettonica delle placche studia proprio il movimento delle zolle, analizzandone la struttura e i movimenti.

La nostra rubrica approfondirà ognuna di queste placche, dopo questo primo articolo introduttivo ma doveroso, per capire come funzionano alcuni meccanismi. Il mese prossimo faremo tappa in Islanda e poi lungo la Rift Valley. Venite con noi?

Articolo di Guido Frate

Articoli Recenti, Confini Reali, Frontiere e confini

L’era delle scoperte geografiche: voglia di scoprire e di superare i propri limiti

L’uomo ha sempre voluto esplorare nuove frontiere e luoghi sconosciuti. Sicuramente una tappa fondamentale di questo processo è stata la Scoperta dell’America. Molte scoperte ci sono state prima e molte ce ne saranno dopo, ma questa ha un fascino particolare perché avviene per un grosso errore di calcolo e, al contempo, in un momento d’oro per le esplorazioni: l’era delle grandi scoperte geografiche, che inizia nella seconda metà del Quattrocento poiché si volevano ricercare nuovi modi di scambi e si voleva dare impulso allo sviluppo della navigazione.

I Portoghesi, per esempio, che non avevano accesso – soprattutto per via della loro posizione geografica, ma anche a causa del dominio turco – alla Via della Seta e al Mar Mediterraneo, decisero che l’Oceano Atlantico, il loro mare, non gli avrebbe più fatto troppa paura.

Decisero quindi di superare un limite.

Iniziarono così prima a studiare (Coimbra è ancora oggi un’università importante e Sagres era una scuola nautica prestigiosa), poi a esplorare. Grazie a strumenti perfezionati come la bussola, l’astrolabio, i portolani e le caravelle raggiunsero risultati sempre maggiori, anche grazie a Enrico il Navigatore, il sovrano portoghese, che diede una spinta alle esplorazioni. Vasco da Gama per esempio riuscì a circumnavigare l’Africa.

Poi, un genovese, Cristoforo Colombo, pensò di aver scoperto una nuova rotta per arrivare alle favolose Indie, descritte come terre ricchissime e piene di meraviglie da Marco Polo ne “Il Milione”, coi suoi “tetti d’oro” e le tradizioni uniche. Colombo inizialmente chiese di farsi finanziare il viaggio prima ai portoghesi, poi agli inglesi. In entrambi i casi ci si rese conto di un errore di calcolo, e quindi Colombo si vide i soldi negati per ben due volte. Finalmente la sua proposta venne accettata dai sovrani spagnoli che sapevano lo stesso dell’errore, ma che capirono i vantaggi che avrebbero avuto qualora davvero Colombo fosse arrivato alle Indie. Colombo partì con le sue tre caravelle e arrivò, il 12 ottobre 1492, arrivò sull’Isola di San Salvador, nel Mar dei Caraibi, pensando che quelle fossero le Indie. Egli tornò in Spagna senza nessuna ricchezza ma affermò di aver trovato il Paradiso Terrestre, per la bellezza di questi territori. I re spagnoli non furono contenti di questo e lo rimandarono varie volte in America finché, in una piccola cittadina, egli morì senza nessun riconoscimento.

Però il successo di Colombo fu la spinta affinché nel 1497, Caboto raggiunse il Nordamerica; nel 1500 Cabral arrivò in Brasile e poi Amerigo Vespucci giunse in Sudamerica, chiarendo che non si trattava dell’Asia ma di un continente nuovo, l’America, che da lui prese il nome. Infine, Ferdinando Magellano circumnavigò il Mondo intero, insieme ad Antonio Pigafetta.

Il mondo, alla fine, divenne in un attimo molto più grande di quello che si pensava, grazie a un limite oltrepassato.

di Giuseppe D’Amico e Gabriele Quaranta, II B

Confini Reali, Frontiere e confini

EuropaMondo

Siamo giovani e siamo europei. Alcuni diranno: “Che sfortuna, volevo essere americano”, oppure “Uffa, avrei voluto nascere in un paradiso tropicale”. Potranno dirci che il Giappone è più innovativo o che in Nuova Zelanda la natura è meravigliosa. Tutto vero.

Ma io dico che nei Paesi europei si sta bene, per esempio si può girare dall’Italia alla Svezia al Portogallo con la sola carta d’identità ed entrare così in contatto con culture diverse in modo molto semplice e farsi amici nuovi con facilità. Per non parlare della grande varietà paesaggista e naturalistica dell’Europa: dai freddi Paesi Scandinavi passiamo ai “calienti” Paesi Mediterranei e cambia la vegetazione, il clima e, di conseguenza, le tradizioni. E cambia l’architettura, il modo di vestire.

Ma abbiamo delle grandissime conquiste comuni, noi europei, che ci avvicinano e ci rendono affini. Innanzitutto il grande rispetto della vita umana, cosa che viene da un lungo percorso di lotte e di condivisione di idee, ma che oggi distingue alcune parti di mondo da altre, in cui manca questo rispetto e la vita è decisamente più dura. Poi, la nostra forma di governo è la democrazia, che abbiamo ereditato dalla Grecia antica e che nel suo complesso è positiva, soprattutto se pensiamo che in altre zone del mondo esistono ancora dittature, esiste la pena di morte e molti cittadini non hanno nemmeno il diritto al voto.

Infine, abbiamo uno spirito simile, fatto di libertà, di rispetto e tolleranza. O almeno la maggior parte degli europei. Abbiamo avuto la Rivoluzione Francese, che ci ha dato i valori cardine che ancora oggi perseguiamo. Abbiamo avuto la Rivoluzione Industriale, o meglio le rivoluzioni industriali, che oggi hanno portato a un terziario sviluppato e competitivo e a innovazioni tecnologiche di grande importanza. Certo ci sono pro e contro, come in ogni cosa. Ci sono stati periodi brutti nella nostra Storia, periodi di cui ci dovremmo anche vergognare e situazioni in cui non abbiamo fatto del nostro meglio. Ma io penso sia giusto prendere il bello che oggi abbiamo e valorizzarlo e apprezzarlo. E partire da qui, per migliorare. Per non ripetere gli errori del passato, per esempio, o per cercare di essere cittadini consapevoli, cittadini migliori. Tenendo conto che c’è un mondo complesso che ci circonda. Che ci accoglie.

Dunque, vivere l’Europa guardando al Mondo, abitare il Mondo amando l’Europa.

di Alessandro Tocci, classe IIB, as 2019-2020

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Tra bussole e reti: Alessandro Vanoli a Castel Di Sangro

Il 9 maggio abbiamo avuto ospite a scuola Alessandro Vanoli, un grande scrittore e studioso, e questo lo sapevamo già, ma abbiamo scoperto che è anche un grande uomo, dal cuore gentile e dalla mente libera. Che onore che è stato!

Con lui abbiamo parlato di questo libro, letto precedentemente, e quindi di Storia e storie, di Mediterraneo e di popoli, di lingue e di viaggi, di migrazioni, di pane e di caffè, di bussole e di strade perse, di internet e di abbracci. Ci siamo cimentati nel lavoro giornalistico, lo abbiamo intervistato e gli abbiamo fatto delle domande nate da alcune curiosità durante la lettura del libro. Insieme a noi c’erano le altre due terze dell’istituto e mentre parlava tutti eravamo affascinati, ci ha lasciato a bocca aperta quando raccontava dei suoi giri intorno al mondo, dei suoi lavori. Ci ha fatto riflettere su tematiche attuali, sull’importanza dell’onestà e della gentilezza, sullo studio che è fondamentale. Da questo incontro usciamo arricchiti.

Classe 3B

Confini Reali, Frontiere e confini, Il mediterraneo, Recensioni libri e film, Rubriche

Storia del Mediterraneo in 20 oggetti

Il Mediterraneo è stato da sempre al centro di scambi, navigazioni e migrazioni, e gli autori del libro, Vanoli e Feniello, hanno cercato di ripercorrere la storia millenaria di questo grande mare attraverso 20 oggetti (che bella idea!), alcuni comuni (come il pane, la moneta, la valigia) altri curiosi e particolari (come ad esempio la coppa, i pupi, la cesoia), comunque capaci di raccontarci in maniera suggestiva cosa è stato il “Mare nostrum” nel corso dei secoli.

Questo libro è molto diverso da tutti quelli da me letti in precedenza. Inizialmente mi sembrava difficile capire le origini dei vari oggetti soprattutto a causa della presenza di numerosi riferimenti storici; poi, pian piano, ho cominciato ad entrare nella mente degli autori e il mio giudizio è cambiato radicalmente, ed è diventato facilissimo e bellissimo leggere. Ho trovato il libro molto originale e per questo particolarmente affascinante. La storia di ogni oggetto raccontato dagli autori mi ha portato a riflettere su quante vite, amori, religioni si siano incontrati su questo mare. Per secoli, anzi per millenni, culture, civiltà diverse sono entrate in contatto per poi intrecciarsi, mescolarsi. La contaminazione è un argomento che spesso torna nelle nostre lezioni e vederlo materializzato in un libro mi è piaciuto e mi ha colpito, allo stesso tempo. Si vede benissimo nel paragrafo dedicato alla chitarra, in cui si raccontano le contaminazioni e le influenze in musica intorno al Mediterraneo. Nel racconto in cui si parla della valigia invece ho riflettuto sull’importanza di non fare sempre gli stessi errori storici, mentre in quello sul corallo mi sono soffermata a pensare al clima e all’inquinamento, a quanto la nostra cattiva condotta possa incidere sul pianeta.

Il libro di Vanoli e Feniello infatti, secondo me, è attualissimo, nonostante faccia riferimento ad eventi accaduti anche molti secoli fa. Leggendo il penultimo capitolo, il cui oggetto è il barcone, ho capito che i barconi, di cui si sente parlare quotidianamente anche nei Tg, hanno sempre solcato le acque del Mediterraneo. Non è una novità. Migliaia di viaggi, di naufragi, di sbarchi. Non tutte le volte, però, si sono mossi nella direzione di oggi, cioè da sud a nord. Al tempo dell’invasione normanna per esempio, a differenza di oggi, i barconi non andavano dall’Africa verso la Sicilia ma viceversa. Come sono cambiate le cose nel corso del tempo! Ieri il Mediterraneo era un mare aperto al sapere, alla conoscenza e la sua ricchezza originava proprio dagli scambi fra genti diverse ma in qualche modo accomunate tra loro; oggi, viviamo in un’epoca in cui i migranti vengono respinti e devono essere tutelati attraverso accordi internazionali. Il Mediterraneo è diventato un mare chiuso,  fonte di divisione e ad esso sono associate spesso e volentieri immagini di disperazione e di morte. E questo dovrebbe far riflettere tutti noi! Consiglio la lettura di questo libro a tutti coloro che si sono stancati della semplice storiella e vogliono sperimentare qualcosa di diverso e più approfondito. Sarà un libro che vi stupirà. Buona lettura!

Di Mediterraneo abbiamo parlato anche qui.

Giulia Romano

Confini Reali, Frontiere e confini, Linea Gustav

La Linea Gustav

La Linea Gustav divideva in due la penisola italiana e fu voluta da Hitler durante la campagna d’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. La sua funzione era quella di ritardare l’avanzata degli Alleati. Andiamo a vedere i luoghi toccati dalla linea: quanto Abruzzo nella Seconda Guerra Mondiale. Ci avevate mai pensato?

Potete trovare di seguito il nostro lavoro sulla Linea Gustav.

Mappa della Linea Gustav

Confini Reali, Frontiere e confini, Trincee

LE TRINCEE

A proposito di confini, e stavolta confini reali, tristi e sanguinosi della storia mondiale, parliamo di trincee.

La trincea è un tipo di fortificazione militare difensiva: un fosso veniva scavato nel terreno per ospitare e proteggere le truppe, che in questo modo si trovano in qualche modo al sicuro (anche se in guerra mai si è al sicuro) dal tiro delle armi nemiche.
Erano dei veri e propri solchi scavati nel terreno a una profondità di due metri circa, che contenevano munizioni e rifornimenti per i soldati, oltre a essere un nascondiglio. Spesso venivano circondate dal filo spinato che rendeva più complicato l’assalto delle truppe nemiche. Le trincee assunsero un ruolo determinante nella Prima Guerra Mondiale, sia tecnicamente, sia “letterariamente”..se pensiamo a quante lettere dal fronte possiamo leggere, alle speranze dei soldati, alla gioia di chi le riceveva…

I campi di battaglia della Grande Guerra, il primo conflitto mondiale quindi, erano pieni di trinceramenti, fortificazioni e bunker: una guerra stabile, di posizione, che doveva in qualche modo trovare un modo per diventare più mobile. Gli anni della PGM si sono contraddistinti per un grande avanzamento tecnologico in svariati settori, molto più che durante la SecondaGM.

l grande uso delle trincee portò all’invenzione di nuove armi da guerra sempre più forti e avanzate, sia per stare dentro la trincea (come la baionetta, arma con una lama posta sotto la canna del fucile utilizzata negli scontri corpo a corpo, che fu costantemente perfezionata), sia per uscirne, come dicevamo appena sopra: migliorò notevolmente la mitragliatrice (che rese ancora più difficile l’attacco alle trincee perché poteva uccidere decine di nemici in pochi minuti), entrano in scena armi leggere moderne, granate fumogene, lanciafiamme, carri armati. E ancora, aviazione, sommergibili, artiglieria sempre più moderna, persino gas e armi chimiche. Alla fine della PGM i soldati indossavano elmetti d’acciaio, maschere antigas, erano dotati di una vasta gamma di armi e potevano contare sul supporto di forze aeree e carri armati: insomma evoluzioni del tutto impensabili allo scoppio della guerra.

Le trincee venivano costruite a scopo difensivo, dicevamo. Erano un confine, una separazione. Una netta divisione tra due schieramenti. Esse dividevano i due eserciti, ma in alcuni momenti l’uomo è riuscito a superare i limiti imposti e, anche in una situazione così tragica e drammatica, è riuscito a far prevalere l’umanità e l’unità. Nel 1914, sul fronte occidentale, al confine tra Francia e Belgio si verificò un episodio ricordato come Tregua di Natale: tedeschi e britannici cessarono il fuoco e insieme si divertirono giocando a calcio. Una tregua di un giorno, è vero, ma un bagliore di speranza.

Articolo di: Guido Frate, Manuel La Selva, Endrit Bibaj

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